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Rally Catalunya 1995: la gara della discordia

Tra imbrogli tecnici ed acerrimi duelli interni, andiamo a rivivere una gara che è passata alla storia

Catalunya

Nel mondo dei rally le sfide al limite tra piloti e costruttori, macchine e team sono da sempre l’essenza di questo sport. Un mix di ingredienti che ci delizia incessantemente, che spesso riserva anche delle sorprese e degli imprevisti di ogni tipo. E, come vi andremo a raccontare, restano ben impressi nella mente degli appassionati anche a distanza di anni. Sfruttando l’astinenza di gare di questo periodo, andiamo a rivivere una gara che riassume tutto quello detto nelle righe sopra, il Rally Catalunya 1995.

Quella corsa sulle strade della Costa Brava, giunta alla trentunesima edizione della sua storia e valida come penultimo appuntamento della stagione 1995, fu – infatti – come se uscita da un film, con il regista incurante dei colpi di scena e degli episodi più disparati.

Tutta quella stagione visse sul serrato confronto tra il 555 Subaru World Rally Team ed il Toyota Castrol Team. Da una parte Carlos Sainz, giunto in Spagna con due vittorie all’attivo e Colin McRae, arrivato in terra catalana secondo in campionato in seguito a qualche consueto ritiro di troppo. Dall’altra tutta l’esperienza e la solidità dei cinque titoli mondiali di Juha Kankkunen e del campione in carica Didier Auriol, entrambi in forza al team giapponese. Pur non avendo vinto neanche un rally iridato fino a quel momento, KKK si presentò in Spagna da leader del mondiale, con il duo Subaru ed il suo compagno di squadra, autore dell’unica vittoria stagionale Toyota in Francia, alle calcagna. E proprio come al Tour de Corse, le Celica GT-Four ST205 si trovarono subito a loro agio sull’asfalto catalano; Kankkunen e Schwarz partirono subito a molla, dividendosi ben dodici delle prime quindici prove speciali con il solo Sainz in grado di reggere il ritmo indiavolato delle due Toyota griffate Castrol.

La prima tra le vetture non giapponesi fu la Ford Escort Cosworth di Francois Delecour. Il francese, grazie ad un ottimo ritmo messo in mostra fin dai primi chilometri cronometrati, riuscì ad issarsi nelle posizioni di vertice, arrivando fino alla quarta posizione finale. Risultato che, almeno a metà gara, sembrava tuttavia più che improbabile.

Dalla sedicesima speciale del Rally Catalunya però, iniziarono i guai Toyota. Prima il leader Kankkunen che finisce ruote all’aria in seguito ad una nota sbagliata, poi Schwarz anch’egli autore di un’uscita di strada ed infine Auriol, tradito da problemi alla trasmissione della sua Celica. Mentre il quattro volte campione del mondo ed il pilota tedesco sono costretti al ritiro, il francese riesce però a continuare stabilizzandosi in terza posizione e lasciando campo libero alle due Subaru. Ma di lì a poco le cose sarebbero state di nuovo stravolte.

Questa volta non furono incidenti od episodi accaduti sulle prove speciali a prendersi la scena, bensì una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato, soprattutto per l’accuratezza ed i dettagli con cui è stata messa in atto. Stiamo parlando di un trucchetto meccanico nascosto nei meandri delle ST205, che condannò pesantemente tutto lo squadrone Toyota.

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La Toyota Celica di KKK impegnata in una speciale del Rally Catalunya

In fase di verifiche infatti, gli addetti della Fia si trovarono ad avere a che fare con il turbo della Celica di Kankkunen, rimosso per un controllo di routine. Dal quale emerse l’utilizzo di un bypass in grado di aggirare le limitazioni sulla flangia, permettendo un maggiore ingresso di quantità d’aria. Un concetto molto semplice, basato su due fori che compaiono in seguito allo scorrimento ed al prolungamento della flangia nella sua sede. Con il vantaggio di un sensibile aumento di potenza, stimato in una quarantina di cavalli.

D’altronde qualche sospetto era già venuto a galla nel precedente Rally di Australia, quando la Celica di KKK si dimostrò particolarmente “pimpante” soprattutto in fase di accelerazione. Aspetto che risaltò ancor di più nelle prove spettacolo, dove risultava netto il confronto tra le Toyota e le altre vetture.

Anche sugli asfalti della Costa Brava tuttavia, non sembrava cosa tanto normale il fatto che Kankkunen, certamente non un asfaltista per eccellenza, riuscisse non solo a stare davanti, ma anche a infliggere distacchi non proprio esigui agli specialisti del fondo catramato.

Il “furto” fu scoperto grazie al grande lavoro dell’ingegner Berger il quale, in cerca di conferme ormai certe in seguito ad accurate ed estenuanti ricerche, eseguì un controllo a sorpresa a metà dell’ultima tappa anche sull’unica Celica superstite di Auriol. Il tutto venne supervisionato dal collegio dei commissari sportivi, l’unico con il potere di prendere una decisione e presieduto dall’italiano Erasmo Saliti.

Quest’ultimo, constatato lo stesso risultato anche sulla vettura del francese e con ormai con tutte le prove necessarie, firma la condanna. La Toyota venne squalificata per tutta la stagione successiva ed ai suoi equipaggi furono tolti tutti i punti conquistati in quel 1995. Una sentenza durissima, che ebbe degli strascichi molto pesanti sul futuro ritiro dei giapponesi dal mondiale rally a fine 1999.

Il Rally Catalunya, intanto, continuò nel suo sviluppo con le Subaru saldamente in testa. Gara finita e posizioni congelate? Neanche per sogno. Mentre i vari commissari ed ingegneri continuarono il loro lavoro sulla querelle Toyota, là sulle strade della Costa Brava, la gara ebbe ancora molto da dire. In cima alla classifica a comandare erano i due alfieri del team 555, Carlos Sainz e Colin Mcrae. Con lo scozzese davanti e lo spagnolo subito dietro.

Colin, non certo un calcolatore, andò immediatamente al maximum attack negli ultimi tratti cronometrati, incurante del fatto che davanti a lui c’era il suo compagno di squadra. Non era dello stesso avviso David Richards, boss di Subaru che, con i suoi due piloti in lizza non solo per quella gara ma anche per il titolo mondiale, molti pensieri aveva nella testa tranne che vedere Sainz e McRae “scannarsi” con il pericolo di buttare via una potenziale doppietta.

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La Subaru Impreza di Colin Mcrae, seconda al traguardo

Ma Colin, saputo della squalifica delle Toyota, se ne infischiò altamente e, nel corso della ventesima speciale, prese il comando delle operazioni quando al traguardo mancavano tre stages. Inevitabili ed ignorati senza troppi fronzoli gli ordini di scuderia per cedere la posizione, lo scozzese continuò imperterrito, convinto di poter conquistare una meritata vittoria. Ma i vertici Subaru non la pensavano allo stesso modo e, vedendo il loro pilota intento a non cedere nessuna posizione, agirono mandando addirittura un paio di uomini del team direttamente in prova speciale per segnalare a McRae di rallentare. Una scena che è entrata di diritto nella storia dei rally, esattamente come l’epilogo seguente. Costretto da Richards a rinunciare alla vittoria McRae, in un clima a dir poco elettrico e pieno di tensione tale da poterla tagliare con un grissino, timbrò in ritardo pagando un minuto di penalità e permettendo a Sainz di conquistare il successo nel rally Catalunya. Nel paradossale tripudio Subaru, la tripletta venne completata dal nostro Piero Liatti, spettatore di lusso del duello tra i suoi arrembanti compagni di squadra.

Grazie a questo trionfo lo spagnolo balzò in testa alla classifica del mondiale esattamente a pari punti con il suo compagno di squadra ma, nonostante questo contestato episodio, la lotta per il titolo si risolse in favore di McRae nell’ultimo e decisivo Rally del Galles. La attesa consacrazione, con la conquista del suo primo ed unico alloro, consegnò definitivamente lo scozzese all’olimpo dei rally, che vinse il titolo proprio nel suo rally di casa.

L’immagine simbolo di quella stagione fu però quell’incredibile Rally Catalunya. Una gara che, oltre ad essere decisiva per le sorti di un campionato del mondo, segnò pressoché irrimediabilmente il futuro della Toyota. Dopo l’intera stagione di squalifica, il colosso giapponese rientrò nel 1997 senza però ottenere i risultati sperati e, con i programmi nelle competizioni ormai orientati verso Le Mans e la Formula 1, lasciò la compagnia a fine 1999. Capostipite di tutto questo trambusto, nel quale passa anche un mondiale perso a 500 metri dal traguardo dell’ultima prova speciale proprio con Sainz, fu però quello scandalo dei turbo. E se l’addio ufficiale avvenne a quattro anni di distanza, non ne sono ancora bastati ventidue per fare completa chiarezza sulle dinamiche e sulle origini di quella scaltra faccenda.

 

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