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Tempo

5 MIN

Quattro chiacchiere con Riccardo Canzian: “Passione e voglia di imparare. Estero? Anche subito!”

Intervista inedita ad uno dei giovani più promettenti del panorama rallystico italiano

Noi non abbiamo sbagliato nulla, senza risparmiarci dal primo all’ultimo metro.. ma Ivan Ferrarotti con un tempo impensabile ci sopravanza di 5 secondi..veramente complimenti…”

Partiamo da questa dichiarazione lasciata a caldo dopo l’ultima prova speciale di un massacrante e selettivo Rally Elba, valido per il massimo campionato tricolore. Una frase che riconosce al diretto avversario il merito di aver vinto sul campo di un soffio e ad armi pari. Basterebbe soltanto questo per capire chi abbiamo di fronte: un giovane driver partito con un budget limitato e con una passione tramandata dal padre, ex pilota a livello amatoriale, e che oggi con educazione ed umiltà è lì nel Cir a giocarsi il Trofeo Renault e la classifica riservata alle due ruote motrici.

Tenetevi forte e allacciatevi bene le cinture quindi, perchè ora parleremo con Riccardo Canzian!

Riccardo, come ti sei avvicinato al mondo dei rally?

Mi sono affacciato al mondo dei rally pricipalmente grazie al mio papà, ex pilota che correva per divertirsi con una vettura di proprietà. Nel 2013 partecipai al rally di casa con una Peugeot 106 e tutto sommato il risultato fu positivo, così come nel secondo. Nel 2015 partecipai poi al Legend e al 4 Regioni con la Kadett Gt/E e successivamente decisi di iscrivermi al campionato italiano storico. Ma in quell’anno ci furono due episodi che mi spinsero a virare sul moderno. Al Targa si ruppe il motore, invece al Campagnolo mentre stavo cambiando in prova speciale una gomma forata si ruppe il crick, concludendo di fatto ultimo assoluto. Da lì eccomi nelle moderne, senza però abbandonare del tutte le “vecchiette”.

Nonostante i tuoi ventiquattro anni, vanti comunque una notevole esperienza in gare che contano.

Si, è vero e posso ritenermi fortunato. Con le storiche ho messo sulle spalle molto kilometraggio in gare blasonate e difficili, così come nell’ambito del trofeo Twingo che, seppur fosse una piccola R1, mi ha permesso di gareggiare a tempo pieno nel campionato italiano contro piloti di un certo spessore. Dico fortunato perchè tutto questo mi è stato possibile farlo con un budget limitato e quindi mi sento riconoscente verso Renault. Impossibile non rammentare poi la proficua esperienza al Barum con la Toyota R3c, dove ho respirato aria di grandi palcoscenici.

Parliamo del passato più recente, l’Elba. Una vittoria sfuggita all’ultimo è certamente difficile da digerire.

Per tutto il weekend sono andato forte e ho ingaggiato una lotta bellissima con Ferrarotti. Per me Ivan è indubbiamente un punto di riferimento per la sua esperienza nei rally e ad essere sincero non pensavo di poterlo impensierire così tanto e giocarmela fino in fondo ad ogni evento. Sto raggiungendo un livello alto e le vittorie o sconfitte che siano sono diventate questione di dettagli. Dunque ad oggi il bilancio è certamente positivo. Da questo Elba mi terrò a mente il tempone staccato proprio da Ivan, perchè mi ha permesso di capire che l’asticella può essere alzata ulteriormente, e di questo lo ringrazio facendogli tanti complimenti.

Quando ti potremo vedere su terra?

Parliamoci chiaro. La terrà costa cara perchè i costi di affitto sono elevati per via dell’usura maggiorata delle vetture. Ad oggi non ho corso ancora su terra esclusivamente per questioni di budget limitati, ma qualora ne avessi l’occasione andrei di corsa. Arrivando dal posteriore credo di potermi trovare bene fin da subito e quindi sono parecchio curioso di provare. Speriamo arrivi presto questo momento.

La guida sul Kadett ti serve tutt’oggi per affinare la tua tecnica oppure è un semplice allenamento?

Mi è servito molto guidare questa macchina per vari motivi. Innazitutto essendo una storica mi ha insegnato lo spirito di sopravvivenza e il rispettare il mezzo, ma anche nella tecnica di guida mi ha dato molto essendo un posteriore e avendo meno inserimento in curva ad esempio. Dunque, oltre ad essere stata una buona scuola, si dimostra sempre un valido allenamento.

Il Riccardo pilota cosa vorrebbe fare da grande?

Sono molto realista. Non mi vergogno a dire che preferirei correre con una R1 cinque gare di un europeo o di un mondiale piuttosto che sperperare un budget intero per una ronde a bordo di una Wrc. Non mi immagino al momento sul macchinone di turno, per cui mi accontenterei di una piccolina per correre all’estero tra i grandi piloti.

Cosa significa per te la parola rally nel suo significato più puro?

Credo possa avere infiniti significati. Dal mio punto di vista la percepisco come passione e competizione. Passione nello storico perchè spesso la macchina è “artigianale” e dunque si crea con le proprie mani nella propria officina secondo il proprio credo, con profumi e odori che ora non ci sono più. Competizione, nel vero senso della parola, nel moderno perchè molte volte sembra che vincere sia l’unica cosa che conta. Non è importante il modo ma il primeggiare, anche se talvolta si è “sporchi”. Questo è il mio pensiero sulla parola rally.

Sogno nel cassetto?

Invidio ai piloti professionisti la possibilità di girare il mondo intero facendo un qualcosa di dannatamente bello. Australia, Galles, Finlandia.. posti magnifici visti con l’occhio del pilota.

Cosa consigli ai giovani che vorrebbero provare il brivido dei rally?

Sicuramente fare la classica gavetta e iniziare dalle classi basse. Oggi invece si tende a salire immediatamente sul top di gamma. I monomarca insegnano molto e permettono di confrontarsi con avversari forti con la tua stessa identica macchina per esempio. Viaggiare puliti e in regola dovrebbe stare alla base, senza dimenticare l’umiltà.

 

Riccardo tiene a ringraziare pubblicamente Renault e Gima Autosport per credere in lui, il navigatore Andrea Prizzon con cui ha instaurato un bel rapporto dentro e fuori dall’abitacolo, la sua famiglia, il compagno Ferrarotti per i consigli e tutti gli addetti ai lavori che lo seguono da casa o a bordo strada.

 

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