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Tecnica – Westgate “Umluft”: il sistema anti-lag dell’Audi Quattro S1 E2

Quanto studiato a Ingolstadt per la Quattro a metà anni '80 estremizzava il concetto degli attuali sistemi ALS

“Il difficile non è tanto raggiungere la vetta. La cosa veramente difficile, è rimanerci.”

Funziona così, più o meno in ogni ambiente o aspetto della vita. Nello sport, dove la competizione è l’essenza dello sport stesso, questo concetto viene ulteriormente estremizzato. Arrivare a vincere, ad essere il migliore, a primeggiare, può essere ovviamente difficile, ma quando si tratta di confermare il proprio status di vincente, le cose si fanno ancora più difficili.

Gli avversari incalzano, si migliorano, attaccano. La sfida, per i migliori, è quella di riuscire a stare sempre un passo avanti per rintuzzare gli attacchi portati dagli sfidanti, e nel motorsport, questo restare davanti è principalmente associato al mantenere sugli avversari una certa superiorità tecnica.

Ingolstadt: in vetta e ritorno, due volte

Dopo aver rivoluzionato il pianeta rally con la Quattro ad inizio anni ’80 e aver spazzato via la concorrenza, in Audi non riuscirono appunto a rimanere in vetta. Non per molto almeno.

A Torino andarono infatti a segno al primo colpo, con la 037 capace di battere la Quattro e conquistare il costruttori nel 1983, detronizzando così subito la berlinona tedesca. Perso lo status di primi della classe, pur con il titolo piloti in tasca, a Ingolstadt ci misero comunque poco per riprendersi il maltolto. L’evoluzione A2 della Quattro, che aggiungeva potenza ma soprattutto affidabilità alla precedente versione, non ebbe difficoltà a spazzare via nuovamente la concorrenza, e ad Ingolstadt si assicurarono entrambi i titoli della stagione 1984.

Non c’è forse cosa più brutta di vincere rendendosi però conto che qualcuno sta già andando più forte di te, e questo è quanto probabilmente successe in Audi proprio sul finire di quella stagione. Al Tour De Corse ’84 Peugeot Sport portò infatti al debutto la 205 T16, e per i tedeschi, da lì in poi, fu notte fonda, di nuovo. A Ingolstadt infatti si stavano rendendo conto di tutti i limiti intrinsechi della Quattro, e la versione Sport Quattro a passo corto, pur con significativi sviluppi sul propulsore, si rivelò un disastro in termini di guidabilità e di risultati.

Arriva il mostro

“Non fermate lo sviluppo solo perchè stiamo vincendo”.

Sembra recitasse più o meno così il messaggio che in Audi si videro recapitare dai rivali con sede a Parigi. Ora che questa storia del messaggio sia vero oppure no, cambia poco. Se c’è una cosa che i tedeschi non fecero infatti, suggerimenti o no, fu fermarsi.

Il grosso punto debole della Sport Quattro, come detto, era la maneggevolezza. L’architettura a motore anteriore contribuiva in maniera pesante alla distribuzione dei pesi complessiva, che si attestava infatti sul 60-40 verso l’avanti vettura, risultando deleteria per la guidabilità della macchina. Per l’ultima grande evoluzione della Quattro in Audi ripartirono quindi dal foglio bianco, o quasi. Assoldato che il motore non poteva che rimanere nella sua solita posizione gli ingegneri lavorarono per spostare quanto più peso possibile al posteriore, ricollocando ad esempio gli scambiatori per il raffreddamento nel vano posteriore e arrivando all’incredibile risultato di 52-48. Oltre a questo e ad altri interventi fu sviluppato anche un vistoso pacchetto aerodinamico, che aiutasse a generare carico per stabilizzare la vettura, e che divenne il tratto identificativo della E2.

A Ingolstadt sapevano però che l’unica opzione per poter competere con la 205 T16, la futura Lancia Delta S4, e le altre auto nate espressamente per le corse con una architettura a motore centrale, era provare a batterle sulla potenza. E così fecero.

Un turbo ancora più grande

Per andare oltre i 500 cavalli della Sport Quattro il cinque cilindri venne prima di tutto portato a 2121 centimetri cubi di cilindrata. Oltre a questo, in Audi, decisero di adottare anche un turbo nuovo, più grande. Una delle opzioni per aumentare la potenza è infatti quella di iniettare più carburante nelle camere di combustione, ma per fare in modo che questo venga poi effettivamente bruciato, è necessario alimentare la combustione con la giusta quantità di aria. Avere tanto carburante, ma senza la giusta quantità di aria per far avvenire la reazione chimica di combustione, non serve a nulla.

Per fare questo a Ingolstadt scelsero quindi di abbandonare la turbina KKK K27 e passare, come si trova scritto su alcuni testi, alla KKK K28. La turbina in questione potrebbe essere stata una turbina ibrida (niente di elettrico, non vi preoccupate), ossia ottenuta cambiando la parte fredda, quella del compressore, rispetto alla K27, e mantenendo la parte calda da questa turbina, modificando probabilmente le palette.

Sulla pagina della Bufkin Engineering si trova infatti traccia di una turbina denominata K27/K29, recuperata da un ex meccanico Audi dell’epoca. La turbina in questione potrebbe essere la suddetta K28, e come si vede dalla figura sotto (a destra), è decisamente più grande della K27 (a sinistra). In mezzo, per fare un confronto, trovate la turbina dell’Audi RS2.

Nell’immagine sotto troviamo invece in primo piano il compressore delle tre turbine: da sinistra questa volta la turbina dell’Audi RS2, la K27 al centro, adottata anche sulla Delta S4, e a destra la K27/29.

Con un compressore più grande si può portare appunto più aria al motore, e sfruttare la maggior quantità di benzina immessa in camera per avere più potenza. Fin qui tutto facile, ma ecco che sul più bello spunta l’incubo di ogni pilota, e sicuramente avete già capito di cosa si tratta. Il turbo-lag.

Come abbiamo già ripetuto altre volte, un turbo più grande è più problematico da riportare ad alti giri dopo un tratto, ad esempio una curva lenta o una cambiata, in cui arriva una portata bassa di gas di scarico ad alimentare la turbina. Il tutto si traduce con una risposta lenta in uscita di curva, e una successiva spinta improvvisa quando finalmente il turbo ritorna ad alimentare il motore.

Il principio del “Bang”

Negli anni, per risolvere questo inconveniente, è stato sviluppato, in diverse forme, il cosiddetto “bang”. Uno dei metodi per realizzarlo prevede che durante l’ultima fase del ciclo termodinamico, ossia la fase di scarico, cioè quando il pistone sta tornando verso l’alto e spinge fuori i gas combusti, si inietti una piccola quantità di benzina, che viene successivamente accesa dalla candela.

L’obiettivo non è quello di generare moto spingendo il pistone come avviene nella fase di combustione, ma si tenta invece di accendere il carburante un istante prima che questo venga espulso insieme agli ultimi gas combusti. In questo modo la reazione di combustione, avviata dall’azione della candela, terminerà nel collettore di scarico prima del turbo, grazie anche alle alte temperature del collettore stesso. Così facendo non si contrasta l’azione di risalita del pistone, che si tradurrebbe invece in un maggior lavoro di pompaggio, come viene definito, se la reazione venisse avviata troppo in anticipo, ma si invia invece al turbo un quantitativo di gas con “molta energia” (detto in maniera semplice) che il turbo provvederà a convertire in energia meccanica.

A cosa serve tutto questo? Con questo trucco si continua ad alimentare la turbina con un gas combusto, quindi ad alte temperature e con molta energia, anche quando il pilota non sta schiacciando sull’acceleratore, come ad esempio in fase di rilascio.

In questo modo anche il compressore continuerà a girare velocemente trascinato dalla turbina, e quando il pilota tornerà a chiedere potenza in accelerazione non ci sarà nessun ritardo di risposta.

Westgate “Umluft”: cos’è e come funziona

All’epoca del gruppo B In Lancia, sulla S4, eliminarono il problema del turbo-lag abbinando il Volumex al turbo compressore, mentre i francesi optarono per il DPV, una soluzione, come abbiamo visto, concettualmente più semplice, ma altrettanto difficile da tarare.

I tedeschi, invece, optarono come al solito per la forza bruta, e svilupparono già sulla precedente Sport Quattro quello che potremmo definire forse come l’antenato del sistema moderno.

Prima di vedere come funzionava il sistema ricordiamoci ancora un volta che la funzione della turbina è quella di trasformare l’energia del gas utilizzato in energia meccanica, che viene trasferita poi al compressore. Semplificando il concetto possiamo poi dire che più energia ha il gas che entra in turbina e più sarà l’energia meccanica ricavata, se la turbina lavora correttamente.

Il sistema visto prima per il “bang” segue questo concetto, e mandando nel collettore di scarico un gas appena combusto, punta proprio a massimizzare l’energia a disposizione della turbina, come se si fosse sempre in accelerazione. Come detto però, non serve a nulla immettere benzina “allo scarico” se questa poi non trova la giusta quantità di aria a cui combinarsi per accendersi. E nei gas di scarico che il pistone sta spingendo fuori nella fase appunto di scarico, di ossigeno disponibile per una nuova combustione, anche se parziale, se ne trova poco.

Per mantenere in rotazione la KKK K28 ad Ingolstadt avevano probabilmente bisogno di avere più energia da estrarre dai gas in turbina. Serviva quindi immettere più benzina anche in fase di rilascio, ma occorreva trovare anche “dell’aria fresca” indispensabile alla combustione. In Audi collegarono quindi l’uscita del compressore con il collettore di scarico in ingresso alla turbina e, in mezzo, ci piazzarono una grossa valvola westgate di derivazione Porsche: la “Umluft”, come venne chiamata. In tedesco “Umluft” significa appunto “aria in circolazione”, e abbiamo già forse capito il perché.

Proviamo ora a riassumere il funzionamento del sistema aiutandoci con il disegno, molto schematico, qui sotto: in rilascio la farfalla (1) viene chiusa e, normalmente, l’aria in uscita dal compressore viene evacuata in atmosfera tramite la valvola blow-off o pop-off, per non creare danni a monte del pistone. In questo caso invece l’aria, che ha sempre la possibilità di raggiungere il condotto evidenziato con (2), viene fatta confluire nel collettore di scarico (4) grazie all’apertura della Umluft (3). Contemporaneamente arriva allo scarico, e quindi alla turbina (5), anche il gas combusto dal pistone, combinato con il carburante iniettato volutamente durante la fase di scarico. L’obiettivo e di far miscelare il più possibile l’aria proveniente dalla Umluft con il carburante, e accendere la miscela sfruttando il calore del collettore, magari aiutando il tutto con un ultima scintilla della candela, a monte, per innescare la reazione.

Una delle difficoltà di messa a punto del sistema è la taratura della Umluft, visto che la valvola deve garantire il passaggio dell’aria verso lo scarico, ma non deve permettere ai gas combusti di compiere il percorso inverso, ed entrare nei condotti di mandata verso il motore.

Nella foto sotto un bel primo piano della Umluft (1) con subito dietro la westgate del turbo (2).

Nelle due immagini sotto si apprezza invece il layout motore della Quattro con la configurazione Umluft (sempre evidenziata col numero 1). La prima è probabilmente della Quattro di Rohrl in versione Pikes Peak, mentre la seconda è riconducibile al 1000 laghi 1985 grazie agli adesivi della vettura sullo sfondo.

Da precisare come un sistema simile fosse in realtà presente anche sulla Delta S4, come avevamo visto, anche se non si trovano tracce nei testi di tentativi di post combustione allo scarico. In Lancia, infatti, non ebbero bisogno di estremizzare le cose, visto che il grosso del lavoro ai bassi regimi era a carico del Volumex. L’aria in uscita del compressore veniva comunque in parte riciclata e mandata alla turbina durante le fasi di chiusura della farfalla, e questo aiutava sicuramente a mantenere in rotazione il turbo.

Bosch Motronic: “partner in crime”

Gli incredibili progressi tecnologici compiuti sulle auto da corsa a cavallo degli anni ’80 si devono soprattutto ai grandi passi avanti fatti in uno specifico settore: l’elettronica. In quegli anni gli ingegneri furono in grado di dare ai motori un vero e proprio cervello, sotto forma di centraline di controllo chiamate più semplicemente ECU (engine control unit).

La centralina, grazie a svariati sensori, era in grado di conoscere istante per istante i giri motore, le temperature di acqua e olio, le pressioni in gioco, etc, e agire di conseguenza su altri parametri, come ad esempio i tempi di iniezione e l’anticipo di accensione. Anche le valvole, come la westgate o la stessa Umluft, erano soggette a questo controllo, il tutto con l’obiettivo di sprigionare sempre più potenza dai propulsori.

Uno dei dipartimenti leader in questo campo era quello della Bosch, con BMW che fu la prima a dotare i propri motori di F1 e IMSA della “Bosch Motronic Management”. Queste prime unità ECU controllavano in realtà solo l’iniezione meccanica, ma con l’avvento del sistema MP1.2 fu possibile adattare la pressione di alimentazione del turbo ai giri motore, dosare l’iniezione e controllare l’accensione in maniera del tutto autonoma. La MP1.2 fu sviluppata inizialmente con la Ford per equipaggiare la Escort RS1700GT Gruppo B. 

Inizialmente era possibile controllare un solo iniettore per cilindro, ma quando Bosch fu in grado di aggiornare il sistema in modo da pilotare due iniettori per cilindro, Audi e Porsche si assicurarono la collaborazione della casa tedesca. Come abbiamo visto il sistema Umluft, per funzionare correttamente, aveva bisogno di una gestione dell’iniezione e dell’accensione del tutto slegata dal normale funzionamento del motore. Il tutto fu possibile proprio grazie allo sviluppo e all’applicazione dell’elettronica Bosch sul motore della Quattro.

Sulla Quattro Pikes Pike di Rohrl sembra ci fosse un computer, dalle dimensioni di un moderno 17”, posizionato dietro al sedile del navigatore, deputato al controllo di tutta la sensoristica e degli attuatori, giusto per darvi una idea.

Affidabilità: il tallone d’Achille

L’efficacia del sistema non è in discussione, e sembra riuscisse infatti ad eliminare il ritardo di risposta ad ogni regime di rotazione, sviluppando istantaneamente fino a 1.5 bar di sovrapressione. Walter Rohrl dichiarò che al Sanremo 1985 sembrava di avere, addirittura, un interruttore On/Off al posto del pedale dell’acceleratore, tanto pronta e brutale fosse la risposta dell’auto in ogni condizione.

Se state pensando di raccattare da qualche parte un collettore di scarico con la Umluft incorporata da installare sulla vostra auto c’è però una cosa da sottolineare. Il sistema aveva una marcata tendenza a bruciare le valvole e il condotto di scarico, proprio per le condizioni e modalità di utilizzo. Per questo motivo sulle attuali S1 E2 in circolazione difficilmente vi capiterà di vedere nel vano motore una seconda westgate (nella foto sotto vedete essere presente solo la westgatete della turbina), o se presente, sarà molto probabilmente scollegata e non funzionante.

Affidabilità a parte il sistema ha dell’incredibile, e aiuta a delineare chiaramente il livello di innovazione e di ricerca raggiunto dalle squadre all’epoca del Gruppo B.

Credit foto: Bufkinengineering.com
Credit: Bufkinengineering.com, Audi Quattro Rally Car – Haymes

 

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