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Hyundai chiarisca il ruolo di Solberg, per il bene di Oliver

Analisi a freddo di un progetto meno protetto di quel che potrebbe sembrare

È facile dopo l’ennesimo errore alzare la voce e chiedere di “far scendere” Oliver Solberg dalla Hyundai i20 Rally1. D’altronde è il pilota a godere più di tutti quando le cose vanno bene, così come è sempre lui a finire per primo sul banco degli imputati quando le cose vanno male.

Ma andiamo con ordine.

L’errore di Oliver Solberg al Rally Finlandia è sotto gli occhi di tutti. Su dieci apparizioni tra Plus e Rally1 per la quinta volta non è andata come si poteva sperare ed anche al recente Rally di Estonia l’equipaggio numero 2 era parso molto in difficoltà, con diverse sbavature che parlavano molto di più del tredicesimo posto assoluto finale.

Nei minuti successivi all’incidente del venerdì del Rally Finland hanno fatto il giro del mondo le immagini della vettura molto danneggiata (non è stato possibile ripartire col Super Rally), Solberg visibilmente arrabbiato ed affranto che, incalzato dalle domande degli uomini di Dirtfish, scoppia in un pianto inconsolabile. 

Per alcuni un atteggiamento infantile per un pilota ufficiale, per altri una reazione normale e comprensibile per un ragazzo di 20 anni alla 24 presenza complessiva nel mondiale.

Personalmente, credo che questo nuovo episodio mostri in modo chiaro tutte le debolezze di un progetto costruito attorno ad un ragazzo che ha dimostrato a più riprese di avere delle capacità ma che, in questo salto enorme verso il “WRC dei grandi” viene lasciato solo più di quello che si può pensare.

È vero. Con sé ha sempre il padre, la madre e compagnia bella. Si potrebbe aprire un discorso a parte su quanto faccia bene tutta quell’ombra famigliare ma non è questo il momento). A latitare alle spalle di Oliver è Hyundai Motorsport, che gli riserva lo stesso trattamento di Tanak e Neuville agli occhi della gente e questo crea un mostruoso boomerang fatto di aspettative.

Vi ricordate quando Kalle Rovanpera è salito per la prima volta sulla Yaris? Parlava solo se interpellato e davanti a lui Tommi Makinen sgonfiava l’ambiente da ogni tipo di pressione, ripetendo come un mantra che “Kalle deve solo apprendere ed imparare”. Lo stesso ha continuato a fare Latvala anche dopo i primi risultati e qualche errore, certamente mitigato dai successi a raffica del team Toyota.

Adamo lo scorso anno aveva cercato di avviare un percorso di questo tipo per Solberg, finendo per fare nuovamente la parte del cattivo per un po’ di “bastone” al posto della carota in qualche frangente e beccandosi qualche dichiarazione post dimissioni non del tutto gradevole.

Ecco, dal momento che il progetto è oramai partito da tempo ed è necessario dargli modo di svilupparsi, credo che oggi più che insistere sul fatto che Solberg non sia un pilota da Rally1, penso valga la pena cercare di dargli modo di apprendere. Lasciando che gli errori servano per crescere (ed in Kenya un segnale in questo senso lo si è intravisto) e che il cognome serva solo a mantenere intatte le possibilità di valorizzarne le doti.

Specificando in modo chiaro che da Solberg oggi non si può volere una vittoria e probabilmente neanche un podio ma, segnali sempre più chiari e costanti che c’è una curva crescente di apprendimento per cui vale la pena continuare ad investire. E se arrivano punti importanti, tanto meglio.

A quel punto, e solo a quel punto, potremo ragionare davvero se Oliver Solberg ha sufficiente personalità per stare seduto su una Hyundai i20. E che a rispondere sia lui con i risultati, piuttosto che il padre a qualche microfono.

Foto di copertina: Dirtfish.com
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