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Tony Ambrose e l’invenzione che rivoluzionò i rally: le note

All'inglese si deve forse l'intuizione che contribuì maggiormente a modellare la disciplina verso come la conosciamo oggi

Regolamenti, appendici, norme. Nei rally, e più in generale nell’automobilismo al giorno d’oggi, non c’è ormai nulla che possa sfuggire all’occhio severo e implacabile della FIA. Tutto è controllato, regolamentato, e, per gli occhi degli appassionati nostalgici, “tarpato”.

Già, proprio così. Al giorno d’oggi c’è ben poco che gli ingegneri possano inventarsi per trovare decimi preziosi senza contravvenire al regolamento, e ugualmente, parlando di rally soprattutto, anche i team principal e chi si occupa di strategia non possono che muoversi dentro mura ben strette che non lasciano spazio all’inventiva. Cosa si inventerebbe il buon Cesare Fiorio nei rally di oggi? Probabilmente ben poco.

C’è stato un tempo in cui invece i regolamenti non erano che semplici tracce per tenere in piedi l’organizzazione di una gara. Tempi in cui improvvisare era la regola e non l’eccezione. Tempi in cui la genialità del singolo poteva cambiare le carte in tavola e stravolgere la situazione anche contro un avversario con quattro assi in mano e i soldi per scoprire le carte, ma non solo. Erano tempi in cui una intuizione poteva cambiare radicalmente la specialità e spingerla verso ciò che sarebbe diventata in futuro.

Tony Ambrose: i primi passi negli albori della specialità

Tra la fine degli anni ’50 e primi anni ’60 i rally si stanno lentamente evolvendo. Nati come disciplina di regolarità, sempre più eventi finiscono per includere tratti cronometrati da disputare contro le lancette del cronometro e non “a braccetto” con esse. Le classifiche poi, sono ancora parecchio ingarbugliate, con punteggi assegnati a seconda della classe in cui sono suddivise le vetture. Siamo ancora distanti dalle corse folli in cui si impegneranno Munari e compagni qualche anno più tardi, ma la disciplina inizia ad assomigliare almeno vagamente a quanto siamo abituati.

Qualche anno prima in Inghilterra invece, nel 1951 precisamente, un ragazzo originario di Chipping Norton ha appena vinto una borsa di studio all’università di Oxford. Come premio per il risultato raggiunto John Anthony Ambrose ha ricevuto in regalo dal padre la sua prima auto, una MG TC rossa. A Tony, al primo anno di ingegneria, non è permesso tenere l’auto all’interno dei confini universitari, ma questo non impedirà al ragazzo di partecipare a gare motoristiche e rally insieme ad altri ragazzi fanatici di motori. Ecco, Tony ancora non lo sa, ma questa sua passione lo porterà un giorno a rivoluzionare completamente il mondo dei rally come forse nessun’altro riuscì a fare.

Lasciata Oxford Tony entra nella Royal Air Force, ma continua a gareggiare nei rally. Nel 1956 vince il RAC su una Aston Martin DB2, ma è nel 1959 che le cose prendono definitivamente la giusta piega. Tony entra nella squadra BMC, e dopo alcune esperienza al fianco di Alec Pitts, Peter Riley e David Seigle-Morris, il manager Stuart Turner decide di dare l’ultima spinta al destino, e lo sposta al fianco di Rauno Aaltonen.

Il segreto di Tony e Rauno

La stagione 1962 è quella del salto di qualità per Rauno Aaltonen. Il finlandese, campione nazionale 1961, ha infatti messo finalmente la testa fuori dai confini nazionali, e a fine stagione incontra la persona che contribuirà maggiormente al suo successo negli anni a venire. Il ragazzo di Turku esordisce infatti al fianco di Tony Ambrose alla SPA-Sofia-Liegi, una delle ultime corse rimaste dall’era d’oro della Mille Miglia. I due faranno da lì poi coppia fissa, sviluppando nelle due stagioni successive “il metodo” che li renderà imbattibili nella stagione ’65.

Nel 1965, Monte-Carlo a parte, i due sono inarrestabili. Il bottino finale sarà di 5 vittorie e un secondo posto nell’europeo, più altre due vittorie nel campionato finlandese. Il titolo continentale è assicurato. Aaltonen va forte, fortissimo. Troppo forte secondo i suoi avversari. E mentre tutti si domandano cosa ci possa essere sotto, Aaltonen spera che il segreto venga scoperto il più tardi possibile.

Quello che tutti cercano è nascosto nel magico linguaggio di cui sono pieni i quaderni di Tony Ambrose. Ideato al fianco di Peter Riley qualche anno prima e messo a punto insieme ad Aaltonen, con questo metodo Tony annota sui suoi quaderni il percorso delle prove da svolgere. Non semplici indicazioni stradali su bivi e incroci, ma una vera e propria descrizione puntuale di ogni curva delle prove speciali. Sono le prima vere e proprie note. Tony, rileggendo i quaderni, è quindi in grado di anticipare a Rauno cosa si troverà sul percorso qualche centinaio di metri più avanti, consentendo quindi al finlandese di tenere una andatura impossibile per gli avversari.

Molti attribuiscono in realtà l’invenzione delle note al giornalista inglese Denis Jenkinson, compagno di Stirling Moss alla trionfale Mille Miglia del 1955. Jenkinson aveva infatti annotato tutti i bivi del percorso e le strade da seguire, oltre alla velocità con cui percorrere ogni tratto. Questo aveva sicuramente facilitato il compito a Moss, che vinse infatti segnando il record mai più battuto nelle successive due edizioni, ma quanto messo a punto da Jenkinson era però più simile ad un radar, visto che evidenziava “solo” bivi e punti di riferimento di massima.

L’evoluzione di questo sistema verso il vero e proprio sistema di note fu opera appunto di John Anthony Ambrose. Indispensabili per essere veloci in prova speciale, frutto di lavoro maniacale per alcuni equipaggi e cruccio invece per altri, le note sono un tratto distintivo e irrinunciabile dei rally. Una intuizione di un ragazzo inglese che cambiò, senza dubbio, la storia della specialità.

 

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