Amilcare Ballestrieri, il pilota che trasformava i rally in arte
La storia dell’uomo che ha saputo portare stile e cuore sulle strade più dure del mondo
C’era un tempo in cui i rally erano polvere, pietre, incognite. In cui l’improvvisazione era parte del mestiere e la sensibilità del pilota contava più di ogni telemetria. In quel tempo, Amilcare Ballestrieri era un riferimento. Non solo per la velocità o per le vittorie, ma per il modo in cui stava in macchina. Guidava come si suona uno strumento: con tecnica, certo, ma anche con istinto, grazia e una sorta di musicalità interiore. Non a caso, per molti, è rimasto l’“artista dei rally”.
Una giovinezza a tutto gas… ma su due ruote
Nato a Camporosso il 17 settembre 1935, Ballestrieri si avvicina al mondo delle competizioni da ragazzo, quando a soli quindici anni partecipa a una gara di regolarità in moto. Poi arrivano le cronoscalate, dove fa subito la differenza. Negli anni Sessanta è tra i migliori specialisti italiani: con la MotoBi, poi fusa nella Benelli, vince tre titoli nazionali consecutivi nella specialità della montagna (1962-1963-1964), e conquista anche il campionato italiano juniores classe 175 nel 1964.
È il periodo in cui incrocia leggende come Roberto Gallina e un giovane Giacomo Agostini, battendo spesso e volentieri piloti già affermati. Ma nel 1957, un incidente sull’Aurelia lo costringe a uno stop. Due giorni di coma, tanta paura, e la decisione di rallentare. Si sposa, mette su famiglia, ma la passione non muore. Nel 1961 torna in pista, e ricomincia a vincere.
La delusione con Benelli e l’approdo ai rally
Nel 1967 sembra giunto il momento della consacrazione: è pronto a correre con la Benelli quattro cilindri. Ma a sorpresa viene preferito Renzo Pasolini, in arrivo da Aermacchi. Ballestrieri si sente tradito. Decide di lasciare il motociclismo e di voltare pagina. L’occasione per farlo arriva dalle quattro ruote, e da un incontro fortuito con Cesare Fiorio, allora responsabile sportivo Lancia.
Dalla Gordini alla Lancia: l’inizio di una nuova era
Fiorio gli mette a disposizione una Fulvia HF per provare. Ballestrieri la guida con entusiasmo, ma la trazione anteriore non lo convince. Così compra una Renault 8 Gordini, di cui si innamora subito: quattro freni a disco, fari potenti, cambio a cinque marce, grande equilibrio di guida. Insieme a Daniele Audetto, amico e futuro direttore sportivo Ferrari, partecipa nel 1967 al Rally dell’Elba. Con una vettura privata chiudono secondi assoluti dietro solo alla Lancia ufficiale di Arnaldo Cavallari. È il segnale che qualcosa di importante sta nascendo.
La tragedia di Leo Cella e la chiamata decisiva
Dopo il rally, Ballestrieri riceve la notizia della morte del caro amico Leo Cella, pilota e padrino di suo figlio. Al funerale, Fiorio gli fa una proposta: entrare ufficialmente nel team Lancia. Amilcare accetta. Inizia così la stagione dei suoi celebri “traversi”, quelli che lo renderanno noto in tutta Europa.
Gli anni Lancia e il trionfo al Sanremo
Tra il 1969 e il 1972, Ballestrieri colleziona risultati straordinari con la Fulvia HF. Vince il Rally Alpe della Luna, trionfa alle Alpi Orientali, si piazza sul podio a San Martino di Castrozza e all’Elba. Nel 1970 è primo al 999 Minuti e al 333 Minuti, e chiude sesto a Monte-Carlo. Nel 1971 vince il Giro delle Valli Imperiesi, impresa che replicherà nel 1972.
Ma il suo capolavoro arriva proprio nel 1972: vince il Rally di Sanremo, davanti a Sandro Munari. Quella vittoria la dedica a Leo Cella. Nonostante Fiorio avesse proposto di rallentarlo per favorire Munari, fu proprio quest’ultimo a rifiutare: “Questo è il suo rally, deve vincere lui”. E Amilcare lo fa, tra le lacrime.

Il titolo tricolore e l’esperienza nel Mondiale
Nel 1973, navigato da Silvio Maiga, Ballestrieri conquista il Campionato Italiano Rally a bordo della Fulvia. È il punto più alto della sua carriera. In quegli anni partecipa anche a dieci gare del neonato Campionato del Mondo Rally, ottenendo come miglior piazzamento un quinto posto.
Nella Mitropa Rally Cup vince il Rally Elan in Austria e si piazza terzo al Semperit. Partecipa a rally prestigiosi come San Martino, il 4 Regioni, l’Adriatico, con ottimi piazzamenti. L’esperienza e lo stile restano i suoi punti di forza: è un pilota che “sente” la macchina e sa ascoltarla.
Dalla Stratos all’Alfa Romeo: l’ultima parte di carriera
Con l’arrivo della Lancia Stratos, Ballestrieri si divide tra Lancia e Alfa Romeo. Con Gerard Larrousse partecipa alla Targa Florio. Nel 1975 viene contattato da Carlo Chiti per entrare in Autodelta: l’Alfa Romeo vuole entrare nei rally con l’Alfetta GTV. L’ingaggio è alto e Amilcare accetta.
Debutta vincendo all’Elba, ma l’Alfetta è ancora acerba. Solo verso fine stagione arriva un V8 potentissimo, ma inadatto al cambio. Il progetto si arena. Nel 1976 e 1977 corre per la Opel Italia con la Kadett GT/E preparata da Virgilio Conrero. Ottima vettura, ma contro la 131 Abarth e la Stratos non può competere.
L’addio alle corse
Nel 1977 Ballestrieri dice basta. Si ritira a testa alta dopo una carriera lunga e piena di soddisfazioni. È stato pilota ufficiale di Lancia, Alfa Romeo e Opel, e ha rappresentato una generazione di corridori capaci di dominare sia con le due che con le quattro ruote.
L’ultima curva: “ho tolto i guanti da guida e vi saluto”
Nel luglio del 2023, Amilcare se n’è andato. Lo ha fatto con stile, lasciando un messaggio scritto che ha commosso tutto il mondo del motorsport italiano. Una lettera breve, sobria, ma carica di significato:
Nella mia vita ho sempre cercato l’umiltà ,ma in questo momento di commiato da tutti, ho voluto definirmi guerriero, perché la grinta ha sempre contraddistinto la mia carriera.
Non è stato facile, perché iniziai presto a 17 anni con il mio Guzzi 50 a fare il rappresentante di salsicce per potermi permettere prima la Ducati e poi la Laverda. Le prime grandi soddisfazioni arrivarono nella salita di San Romolo, ma soprattutto sul circuito di Ospedaletti, dove arrivai secondo dietro a Brambilla dopo una gara tutta in rimonta con la Parilla e dove mi sfidai anche con Agostini.
Poi arrivarono i successi sulle quattro ruote, grazie al coinvolgimento di Daniele Audetto, al quale sarò grato per sempre, con quella mitica gara all’isola d’Elba che fu per tutti e due un trampolino di lancio.
L’ingresso nel Reparto Corse Lancia mi permise di entrare nell’Olimpo e Cesare Fiorio fu sempre molto disponibile nei miei confronti. Di quegli anni voglio ricordare in particolare due eventi: la vittoria al Sanremo del 1972, in coppia con il bravissimo Arnaldo Bernacchini , con la Fulvia HF, quella vittoria mi permise di celebrare al meglio i miei idoli: Leo Cella e Franco Patria e poi il trionfo alla Targa Florio con la Stratos, in coppia con Gerard Larrousse.
Dopo la breve parentesi Alfa Romeo, la bellissima avventura con Opel, prima come pilota poi come direttore sportivo. La vittoria del campionato italiano,prima marca straniera a conquistarlo e poi anche l’Europeo, furono enormi soddisfazioni, come tutte le vittorie condivise con Lucki,Tony, Dario, Miky e Rudy , che erano oltre che grandi piloti anche grandi amici.Con tutti i miei compagni di squadra, con tutti i navigatori, ma anche con i miei avversari, ho avuto sempre un bel rapporto, perché li ho sempre rispettati e loro hanno dimostrato di apprezzare la mia generosità.
Alla fine della mia carriera ho avuto l’occasione di fare l’istruttore per la scuola federale Csai a Vallelunga e per il Driving Camp,delle esperienze che mi hanno dato molto dal punto di vista umano e permesso di entrare in contatto con tante persone alle quali sono ancora affezionato. Un altro momento importante è stato la collaborazione con Renato Della Valle, il quale mi ha coinvolto in avventure incredibili ed è sempre stato un grande amico.
Nella mia vita ho conosciuto tanti personaggi importanti dello sport e dell’industria e credo di essere riuscito a conquistare sempre la loro fiducia e simpatia, non certo per la mia cultura ma per la mia umiltà, per esempio Luca Cordero di Montezemolo mi ha sempre dimostrato molto affetto.Un ultimo pensiero a tutti i miei tifosi e amici, che non devono disturbarsi per venire al mio funerale, vi ringrazio per l’amicizia,la stima, l’incitamento, il supporto che mi avete dato.
Io adesso ho tolto il disturbo.
Un saluto che racchiude tutta la sua essenza: gentilezza, lucidità, classe. Non ha chiesto applausi, ma li ha ricevuti comunque. Perché certe vite si fanno ricordare anche senza proclami.
Una frase da ricordare di Amilcare Ballestrieri
Pilotare la moto mi ha fatto andare più forte in auto – da un’intervista ad automoto.it

I risultati che raccontano una carriera
Il palmarès di Ballestrieri non è fatto solo di trofei, ma anche di partecipazioni memorabili. Alcuni dei suoi risultati più significativi:
- Campione Italiano Rally 1972 su Lancia Fulvia HF
- 3° assoluto al Rallye Monte-Carlo 1972 (con Maiga)
- Vincitore del Rally di Sanremo (edizioni valide per l’italiano)
- Numerose presenze internazionali: RAC Rally, Acropolis, Costa Brava
- Ultima gara disputata: Rally Sanremo 1981
Nella sua carriera, ha guidato per team come Lancia e Fiat, correndo al fianco di copiloti fidati come Silvio Maiga e cimentandosi in contesti diversissimi, sempre con lo stesso spirito: affrontare la gara con rispetto, attenzione e cuore.
Una lezione per chi corre oggi
In un’epoca dove la velocità è tutto e la comunicazione spesso sovrasta la sostanza, la storia di Amilcare Ballestrieri resta un modello. Un modo diverso di intendere il rally: meno legato all’immagine, più vicino all’essenza. Oggi che le sue curve sono parte della memoria, resta il suo insegnamento: guidare bene è importante, ma farlo con eleganza è un’arte.
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