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WRC – Monte-Carlo 2022: solo 3,65 i chilometri da percorrere in “solo elettrico”. Ne vale davvero la pena?

Per la prima gara dell'era ibrida meno dello 0,3% del percorso sarà da effettuare utilizzando la sola propulsione elettrica

Propulsione ibrida, ormai ci siamo. Dopo un anno e più di affanno e preoccupazioni, e poi altri mesi ancora di lavoro in apnea per arrivare in tempo, ecco che finalmente (o purtroppo?) i nuovi mostri ibridi si accingono a fare la loro apparizione sulle scene del World Rally Championship.

Sono stati mesi intensi anche per noi appassionati: tra tentare di capire come avrebbe funzionato il nuovo sistema di propulsione, lamentarsi per le implicazioni che questo avrebbe potuto causare (nella nostra immaginazione), rammaricarsi nel realizzare che le Hybrid saranno più lente delle Plus, e tirare grossi sospiri di sollievo nel sentire che il suono di questi motori è ancora bellissimo, ci siamo a poco a poco abituati all’idea che anche il mondo delle corse e dei rally, alla fine, deve andare avanti e di pari passo al resto del pianeta. E questo sia che la cosa ci piaccia, o meno.

Abituato o no a questa idea, c’è una cosa che proprio proprio, però, non mi va giù. Pagina 42 di 125 del regolamento sportivo del FIA World Rally Championship 2022, sezione “condotta di guida“, articolo 34.1.7.

“Dove il percorso è evidenziato sul road book come zona HEV e se si è al volante di una Rally1, l’equipaggio DEVE usare la propulsione elettrica del veicolo. Se questo utilizzo non dovesse essere possibile a causa di un guasto, questo deve essere notificato al delegato tecnico e al delegato sportivo della FIA prima di entrare nella suddetta zona, dove l’unità verrà controllata. In assenza di notifica l’equipaggio verrà segnalato agli stewards per ulteriori considerazioni. Se un equipaggio non dovesse utilizzare la modalità elettrica con unità funzionante verrà ugualmente segnalato agli stewards. In entrambi i casi potrebbero essere applicate delle penalità.”

Come già appreso nei mesi scorsi queste zone di utilizzo della modalità solo elettrica dovrebbero essere il parco assistenza, alcune zone di passaggio nei centri abitati, e poco (quanto?) altro. Ecco, la motorizzazione ibrida, come detto, storcendo il naso e trattenendo il respiro l’abbiamo, forse, mandata giù. Del resto ci siamo già passati anche in Formula 1 e nel WEC, anche se con diverse lamentele anche da parte degli addetti ai lavori (“Ritorniamo ai c**** di V12”, cit Sebastian Vettel), e poi, sentito il sound delle prossime Rally1, la faccenda si è ammorbidita parecchio. Ma il punto, tornando alla questione “solo elettrico” è proprio questo: il sound, il rumore.

Durante queste zone HEV le Rally1 scivoleranno silenziose sull’asfalto o sulla ghiaia emettendo solo quel fastidioso ronzio tipico di una qualsiasi aspirapolvere, e questo, se permettete, è molto più difficile da ingoiare. Fermandomi un secondo a riflettere devo ammettere che, se fosse per me, probabilmente non saremmo mai usciti da quel tripudio di auto, suoni, emozioni, che è stato il Gruppo A. Certo, lo abbiamo detto prima: il mondo va avanti e bla bla bla.

Ma su questo, anche se non me lo permettete, non posso che sottolineare come il passo fatto sia sicuramente troppo più lungo della gamba. Anzi no. Il passo rischia di rivelarsi semplicemente sbagliato, punto e basta.

Promozione del prodotto: rumore sì, rumore no

Riconosco che il mio non è un ragionamento di testa, bensì di cuore, da “vecchio” appassionato. Spesso dimentichiamo che anche il motorsport non esiste per la semplice gioia degli appassionati, ma è prima di tutto uno strumento delle case per sperimentare innovazioni tecnologiche da trasferire sui veicoli di serie (almeno, una volta era così), e come tale deve sottostare alle leggi della moda, pardon, del mercato attuale. E, in questo senso, il mercato attuale spinge sempre più verso le soluzioni cosiddette green.

C’è però anche un altro aspetto da tenere in considerazione e che, dal mio punto di vista, non quadra. Il motorsport è anche pubblicità e visibilità per le case, e quindi anche per il prodotto di serie. Ok, probabilmente non sono più i tempi in cui la Lancia, grazie alla vittoria al Monte-Carlo nel ’72, vide una nuova impennata di richieste per la Fulvia e riuscì a prolungarne la vita di altri 4 anni salvando migliaia di posti di lavoro. Al giorno d’oggi il cliente medio non compra la Yaris perchè ha vinto il campionato del mondo. Ma il fatto che ad esempio Ford abbia “cambiato auto” passando dalla Fiesta alla Puma, vuol dire che una certa attenzione a queste cose comunque c’è, come è giusto e ovvio che sia.

Bene. Continuando quindi su questo filone negli ultimi tempi si è parlato molto, proprio tirando anche in ballo la questione ibrido, del problema della promozione del prodotto WRC, e quindi, di riflesso, del prodotto delle case. Pensiamo poi anche a tutto il tema dei rally in circuito e della presunta opportunità di aumentare il pubblico sfruttando questo format. Il nuovo presidente della FIA Ben Sulayem ha proprio recentemente dichiarato come il WRC abbia più bisogno di superstars che di semplici vincitori tra i piloti, sempre per un fatto di promozione del prodotto. Insomma, il tema di promuovere il WRC e di allargare la fetta degli appassionati è sempre un tema molto caldo.

Proprio su questa scia quindi, che senso ha togliere il rumore da una macchina da rally? Non credo proprio che il fatto di transitare silenziosamente in mezzo a dei centri abitati o nel parco assistenza possa far avvicinare il pubblico alla specialità. Anzi, semmai si rischia l’effetto contrario. Il rumore attira, coinvolge, richiama l’attenzione. Una macchina che transita silenziosamente due vie più in là rispetto a quella in cui sto passeggiando ignaro di tutto come potrà mai richiamare la mia attenzione?

Pensate anche a cosa è sempre successo negli ultimi anni al parco chiuso: appena si sentiva una WRC Plus andare in moto tutta la gente si precipitava sempre a vedere se ad uscire c’era magari Ogier, Neuville, o semplicemente qualcuno del team per portare la macchina a rifornire. Una occasione per vedere la macchina in moto insomma, vederla più da vicino, un modo per coinvolgere lo spettatore, farlo partecipe dell’evento e dello show. L’avvio di una Rally1 in elettrico che attenzione e che entusiasmo potrà mai richiamare?

Alla R4 di mia mamma che prendevo diciamo in prestito per andare a correre di nascosto, toglievamo la marmitta, perchè la macchina da corsa deve far rumore.

Sono le parole di Miki Biasion durante una intervista di diversi anni fa al Museo Bonfanti, dove il campionissimo stava registrando la puntata a lui dedicata sulla serie di DVD Rallymania, e raccontava delle sue prime uscite clandestine nel mondo delle corse. Giusto per richiamare nuovamente la questione rumore insomma. Il rumore è parte intrinseca dell’automobilismo, come la velocità. E’ esso stesso espressione di velocità e di adrenalina. Senza rumore il motorsport perderebbe una componente fondamentale. Pensate soprattutto ai rally, quando in prova speciale, magari a metà prova, si controlla l’orologio per capire se il concorrente può essere partito, e si tende l’orecchio per tentare di captare l’auto in arrivo e la distanza a cui potrebbe essere.

A metà anni ’70 la Stratos aveva un suono incredibile e riconoscibile fra tutti. All’epoca del Gruppo B gli sbuffi dei turbo erano diventati una costante. Con il Gruppo A le auto erano tutte riconoscibili dal diverso rumore dei motori. Lo stesso suono delle Rally1 sembra molto accattivante. Insomma il rumore dei motori, soprattutto nei rally, è sempre stato una componente identificativa dello sport, un tratto caratteristico e intrinseco della specialità, e proprio per questo un qualcosa da valorizzare. Sicuramente non da rimuovere, anche se per “brevi tratti”.

Togliere il rumore ad un’auto da rally penso sia equiparabile ad utilizzare la palla da rugby nel calcio, o la mazza da baseball nel golf. Si snatura il prodotto, sicuramente non lo si promuove. Provate a guardare un video su YouTube di alcuni passaggi flat-out in Finlandia ad esempio, ma togliete il suono. Provate nel video qui sotto. Quanto riuscite a resistere senza alzare il volume? Non “manca qualcosa” a volume spento?

Il messaggio di come il WRC abbia strizzato l’occhio al progresso e alle nuove tecnologie c’è già grazie all’ibrido. Perchè inserire anche a tutti i costi il “solo elettrico”?

Al Monte 0.3% circa di percorrenza in elettrico: danno e beffa

2.27 miglia, che “al cambio” fanno circa 3.65 chilometri. Questa è la distanza totale, secondo quanto pubblicato da DirtFish.com, che gli equipaggi dovranno percorrere in modalità solo elettrica alla prima uscita della stagione a Monte-Carlo. Sulle 932 miglia totali sono meno dello 0.3%. Una follia, considerando anche che 600 metri sono per salire e scendere dalla pedana di partenza.

E’ dunque questo il chilometraggio previsto dalla federazione da effettuare in elettrico per ogni gara? Per quale motivo è così basso? E soprattutto: ne vale la pena visto anche tutte le considerazioni precedenti?

Da come sappiamo non è stato fissato nel regolamento un numero minimo o massimo di chilometri da percorrere in elettrico ad ogni evento, ed è quindi da ipotizzare che sarà la FIA, in accordo con gli organizzatori della gara, a stabilire di volta in volta il chilometraggio. Sempre secondo quanto riportato da DirtFish, il primo target fissato dalla FIA per il Monte sarebbe stato di 7 miglia. Chilometraggio poi ridotto in seguito a discussioni incrociate con gli organizzatori e con i team.

Qual è il problema nel mantenere il chilometraggio originale? Beh, non bisogna dimenticare come i primi mesi di sviluppo dell’ibrido non siano stati privi di problemi e ritardi, dovuti anche alla questione pandemia. I team e i fornitori hanno fatto un lavoro straordinario, ma le problematiche che questa nuova tecnologia ha portato sono molto più grandi di quelli portati da qualsiasi altro cambio di regolamento in precedenza. In altre parole, non si è ancora totalmente confidenti sull’affidabilità di queste nuove vetture, e con il percorso del Monte già molto selettivo di suo, non si è voluto estremizzare una ulteriore componente di difficoltà.

D’altra parte, sempre tornado al discorso di promozione del prodotto, la cosa che bisogna evitare in tutti i modi è vedere tutte le Rally1 fermarsi per problemi tecnici e di non vederne nemmeno una al traguardo. Che figura farebbe il WRC e tutto il movimento? A livello di marketing sarebbe un disastro tremendo. La stessa preoccupazione, se ben ricordate, c’era anche in Formula 1 alla vigilia dell’esordio dei motori ibridi in Australia nel 2014.

Ecco quindi che alla FIA hanno pensato bene di ridurre al minimo questa possibilità, e hanno agito di conseguenza limitando i chilometri. Obbligatorio a questo punto però chiedersi se il gioco vale effettivamente la candela, soprattutto se per ogni gara i chilometri previsti saranno sempre più o meno questi. Anche se dovessero tornare ai circa 13 iniziali (7 miglia), o estendersi fino ad una cinquantina, sarebbero sempre una parte insignificante del percorso totale. Ne vale la pena? E con che vantaggio poi verso lo spettacolo e l’interessa per la specialità?

Il messaggio veramente importante è che “finalmente” anche il WRC ha adottato la motorizzazione ibrida. Percorrere qualche miglia in elettrico perdendo in aggiunta pure il fascio del rumore, quanti nuovi appassionati potrà mai attirare?

 

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