Giovanni Trentin: “Questo titolo l’ho costruito gara dopo gara. Sapevo che potevo giocarmelo”
Intervista a tutto tondo con il più giovane campione italiano della storia
A soli 18 anni, Giovanni Trentin è diventato il più giovane campione italiano della storia del CIRT (campionato italiano rally terra). Un successo costruito con una stagione intensa, tra gare in Italia, Mondiale, esperienze nuove e una maturità sorprendente. Con lui abbiamo ripercorso il weekend decisivo del Brunello, i momenti chiave dell’anno, le difficoltà, la crescita e le sfide che lo attendono nel 2026. Non esagerando se ci sentiamo di parlarne di next big thing del rallysmo di casa nostra.
Lo abbiamo raggiunto ed intervistato alla vigilia del Prealpi, per farci raccontare qualcosa in più di questa stagione importante in termini di crescita e risultati.
Giovanni, partiamo dalla fine. Raccontaci tutte le emozioni del weekend del Brunello e del titolo arrivato così presto, così giovane. Cosa hai provato?
È stato molto, molto bello e super emozionante. Una gara con un po’ di tutto.
Venerdì abbiamo dovuto spingere forte: eravamo tutti vicini a pochi secondi, ma siamo andati bene. Abbiamo vinto i due giri di shakedown, abbiamo vinto la Qualifying, abbiamo vinto una prova… poi col buio abbiamo fatto più fatica per un problemino ai fari.Domenica invece è stata la parte più difficile. Quando Ciuffi è andato fuori, mi sono trovato nella situazione di dover gestire: non dovevo sbagliare, ma non potevo neanche andare troppo piano. È una gestione complicata: eravamo secondi, e potevamo anche lottare per vincere la gara, però non aveva senso rischiare. Ho pensato al campionato.
Sì, volevo arrivare sul podio, ma ho messo davanti la testa.È stata una giornata lunghissima, con tantissimi ritardi. Sembrava non finire mai: sapevo che teoricamente il titolo sarebbe arrivato, ma finché non arrivi all’ultima prova non hai mai la certezza. Quando siamo arrivati allo stop, con tutte le persone a cui tengo lì — amici, famiglia, team — è stato bellissimo.

All’inizio stagione l’obiettivo ufficiale non era il titolo, almeno questo ci dichiaravi nell’intervista prima della stagione. Quando hai capito che invece si poteva fare davvero?
Non l’ho mai detto pubblicamente, ma sapevo che il titolo era possibile fin da prima di iniziare la stagione.
Non conoscevo bene il livello degli avversari, era il mio primo anno nell’Italiano e il primo con questa macchina… però dentro di me sapevo che il passo poteva esserci.Dopo la prima gara, dove potevamo vincere senza l’errore, ho capito che potevamo stare davanti.
San Marino è stato il punto dove ho sentito che davvero era alla nostra portata.
Poi il Vermentino ha confermato la sensazione: è stato tutto un crescere, gara dopo gara.
Non ho mai pensato “vinco il campionato”, ho sempre pensato: “Do il massimo e me la gioco”. Ma sì: ci credevo già dall’inizio.
Tra Mondiale e Italia hai corso 13-14 gare. Quanto è stata importante questa mole di esperienza?
Il Mondiale mi ha dato tantissimo. È stato molto formativo: più ritmo, più esperienza, più controllo.
Dopo la Sardegna, e soprattutto dopo la Grecia, mi sono sentito davvero padrone del mezzo. Ogni volta che finisci una gara mondiale spingendo senza fare errori, impari qualcosa che ti porti dietro.La Terra italiana mi ha aiutato molto anche lei, ma è chiaro che a livello formativo il Mondiale pesa molto di più: è più lungo, è più duro, il livello è più alto.
Però in Italia hai un’altra cosa: ti giochi sempre le prime posizioni, e questo ti allena moltissimo alla gestione, alla concentrazione, alla testa.
Tutte e due le esperienze sono state fondamentali.

Alla Fiorio Cup hai provato la Toyota: sensazioni?
La Toyota è una gran macchina, con tanto potenziale. Non è facile da prendere in mano al volo, ma mi sono trovato bene.
Alla Fiorio Cup devi spingere subito: non c’è tempo per adattarsi.
È stato un po’ strano all’inizio, ma è stata una delle esperienze più belle dell’anno. È sempre utile, anche se non è una gara “vera” come le altre.
E poi c’è la sfida di famiglia al Rally Santa Domenica (ndr. che si ripeterà al Prealpi)
(ride) Sì, ormai è una tradizione. Ma non era la prima volta che correvamo contro: già al Due Castelli, anni fa, nella prima prova con la Rally4 ero stato davanti a lui!
L’anno scorso al Santa Domenica avevo sbagliato una chicane per un misunderstanding: la sera si fa la prova al contrario rispetto alla domenica mattina, e io l’ho interpretata come il giorno prima… ci sta.
Quest’anno stavamo andando molto forte: avevamo vinto le prime prove. Ma poi ha nevicato, si è ghiacciato tutto e io avevo gomme da terra, mentre Wagner aveva gomme chiodate. Ho perso tantissimo lì, era impossibile: spinnavo ovunque, non teneva niente.
Però nella sostanza, valutando gli stacchi, alla fine l’avremmo vinta noi. Correre contro mio papà è una cosa simpatica tra di noi, niente di più. È sempre bello.
Guardiamo avanti: cosa ti aspetta nel 2026?
L’idea è continuare in WRC2. Quest’anno ne ho fatte cinque, ma vorrei farne sei o sette, magari con l’aiuto del promoter anche una gara extraeuropea.
Però vedremo, non c’è ancora nulla di definito a livello di calendario.Affiancheremo qualcos’altro al Mondiale, ma non sappiamo ancora cosa.
L’obiettivo è sempre lo stesso: stare in macchina il più possibile.
Ultima domanda: chi vuoi ringraziare per questo titolo?
Di sicuro mio papà, mio nonno e tutta la mia famiglia.
Poi il team, in particolare Filippo e Riccardo, che hanno fatto un lavoro enorme.
E ovviamente gli sponsor, la Scuderia Movisport, Pirelli… e tutti quelli che ci hanno supportato.
Questo titolo è anche loro.