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Concentrazione. Nel rally, fa tutto e … anche di più!

Un analisi approfondita su una delle componenti "silenziose" più importanti nei rally

Concentrazione! Eccola qui la parolina magica! Qui e solo qui, il termine che tanto mistero nasconde! Proprio così, questo il sentiero semantico che garantisce il possesso dell’obiettivo più ambito! Va là, la chiave universale che spalanca le porte del successo in ogni disciplina sportiva! E, nel rally, ovviamente, dove fa tutto e … anche di più!

E’, d’altronde, il vocabolo stesso, nella sua traduzione italiana dalla lingua inglese, a fornirne l’idea più chiara e compendiosa: “raduno”. Si perché, letteralmente, rally significa “raduno”, ovviamente, per senso immediato e originario, considerando ciò che si intendeva agli albori della pratica, per l’appunto un’adunata di autovetture di serie, però nella loro versione più potente oppure in una adeguatamente potenziata, essenzialmente all’occasione di gare. Ma, figurativamente, “raduno” può andare inteso anche alla maniera di un radunare tutte le attenzioni e le energie psichiche, fisiche e di spirito, verso un unico, dato obiettivo, che è la prestazione, nel caso di specie, quello del rally, lungo percorsi dedicati, irti di variabili, ad alto tasso di insidia e al più basso possibile di noia.

Una premessa da circostanze di tema corre tuttavia d’obbligo. Se è vero che lo stress influisce sulla concentrazione, non è però vero il contrario. Per adoperare una metafora che si attagli alla disciplina rallystica, si può pensare al camminare di un uomo lungo una strada brulla e ricca di buche o di franosità. Finché il suo avanzare avvenga di giorno, la luce del sole chiarirà dove dirigere i suoi passi, evitandogli ogni pericolo d’inciampare e di rovinare per terra. Ma se, alla luce del giorno, dovesse sostituirsi lo scuro della notte, fatta nera pece dall’assenza di chiarore della luna o delle stelle, il rischio di scivolare o di smarrirsi sarebbe pronto ad imporsi forte e irresistibile. Ebbene, la luce è la concentrazione, l’oscurità lo stress. Man mano che questo ultimo sopravanzi, la prima ne verrà compromessa, a meno che si sappia come contrastarlo, o, ancora meglio, prevenirlo, valendo la metafora dal giorno alla notte e non il contrario.

Più di quanto accada in una pista per monoposto a ruote scoperte, oppure per categorie prettamente stradali, un percorso rallystico presenta situazioni, caratteristiche ed enigmi tali che l’attività di concentrazione non solo debba restare sempre all’erta, ma debba essere come moltiplicata allorquando si tenga conto di tutta un’abbondanza di elementi, che vanno oltre il semplice principio di traiettoria. D’altra parte, è per questo che s’assume come, tra le discipline automobilistiche, quella rallystica sia assolutamente la più completa, quella che, in teoria, dovrebbe rappresentare la méta più ambita per qualunque pilota che ami volare con le quattro ruote.

In nessun’altra variante dell’automobilismo sportivo come in quella del rally – sottraendo ovviamente l’ostacolo di un concorrente nei paraggi con il quale contendersi la carreggiata, perché, qui, l’unica, sostanziale, arroventante contesa è sulle lancette del crono – l’occhio del pilota ha da considerare tanti di quei fattori che, a prima vista, proprio per la loro copiosità, potrebbero sembrare indomabili per chiunque. Non a caso, egli è di regola accompagnato da un navigatore, il cui compito è quello d’anticipargli cosa lo aspetti ad ogni tratto di gara. Non a caso, come in nessuna altra specialità sportiva motoristica, chi pilota è affiancato da qualcuno che gli descriva tempestivamente i migliori modi per affrontare il percorso.

Aidan Moran, docente di Cognizione psicologica presso l’Università di Dublino, definisce la concentrazione come “una capacità della persona di esercitare uno sforzo mentale deliberato su ciò che è più importante in una determinata situazione”.

James Raymone LeBron, famoso cestista statunitense soprannominato “King James”, paragonava invece lo stato di concentrazione ad una doccia, da aprire e da chiudere quando serve, vale a dire alla bisogna di una prestazione sportiva. Una maniera assai informale e colorita di esprimere il concetto, ma, di sicuro, altrettanto efficace per renderlo.

17 OGIER Sebastien, LANDAIS Vincent, Toyota GR Yaris Rally1, action during the Rally de Portugal 2024, 5th round of the 2024 WRC World Rally Car Championship, from May 9 to 12, 2024 at Matoshinhos, Portugal – Photo Paulo Maria / DPPI

A norma di trattato, la concentrazione nello sport è “la capacità d’un atleta di protrarre il suo livello di prestazione fisica, ma soprattutto mentale, durante la prova fisica”.

Dalla totalità degli studi autorevoli in materia, si ottiene che, in ultima analisi, la concentrazione sia l’attitudine ad essere coinvolti in quel che si fa. Più alto è il tasso di questo coinvolgimento, più elevato è l’assorbimento all’attività svolta, meglio si riesce nel perseguire l’obiettivo, più consistente è la probabilità di guadagnare la vittoria.

Trasposto nel caso specifico del rally, questo concetto finisce per fluire, attraverso numerosi estuari di senso, verso una foce decisamente ampia. Tanto, da una parte, per la nutrita combinazione di elementi fisici e tecnici che subentrano nell’ottenere una prestazione di gara, dall’altra, per l’intensità di fattori legati alla psicologia e alle reazioni proprie di quell’umanissima entità che è il pilota. Solo per fare un esempio e solo per dare una idea di cosa questi debba considerare, si pensi a quanto possa cambiare in pochi istanti la natura del percorso puntato: terminato l’asfalto della regolarità, da terra, esso può diventare improvvisamente sabbia, e, poi, di nuovo terra, per tramutarsi di colpo in breccia, e ancora in tratti di fango, e così via, senza temere di esagerare.

Per un esempio invece legato all’interiorità, si consideri pure quella componente, comune all’intera specie umana, rappresentata dal sentimento della paura, la cui gestione è un dovere inevitabile anche per il più coraggioso ed intrepido tra i piloti, e qualunque sia l’epoca presa a riferimento. La paura, ovverosia l’ingrediente che c’è sempre, senza che lo si scelga, il convitato di pietra che nessuno ha pregato di venire, ma che, puntualmente, si presenta pretendendo di avere piena voce in capitolo, anzi, possibilmente in tutti i capitoli. Una brutta bestia, pronta ad agitarsi quando meno ce lo si aspetti. Un freno improvviso, capace di bloccare senz’avvertire.

Sempre rimanendo entro il seminato dell’interiorità, un altro esempio potrebbe essere quello del bagaglio di esperienze intime e personali che possono innescare alterazione o predisposizioni all’errore, un altro potenziale bel daffare per lo stato di concentrazione per chi si trova alla guida d’un bolide da centinaia di cavalli. Vicende, situazioni, preoccupazioni possono influire sulla purezza e sul grado dell’attenzione, ad impugnare il volante potrebbe essere una mano collegata ad un ricordo, felice o doloroso, invece che ad una volontà tesa unicamente all’obiettivo del traguardo.

Ecco perché un vero campione, nel rally come in tutte le discipline sportive, è prima e sopra tutto un campione psicologico. Non tanto rispetto alla gara e agli avversari, quanto piuttosto rispetto a quel sé medesimo che rimane il più importante elemento in gioco, l’indispensabile fattore da gestire nel migliore dei modi.

Un dato, questo, capace di risalire alla coscienza d’ogni pilota di rally in modo del tutto naturale, un attimo prima d’iniziare la sua corsa e un attimo dopo averla terminata. Un lavoro di coscienza che sfugge al piano di quella di superficie, ma che contribuisce a formare quella particolare maturità professionale che ha un senso fondante se si voglia ambire a primeggiare nei campionati.

Quanto sia complessa la materia, si comprende bene. Come si presagisce facilmente quante altre sponde avrebbero potuto essere lambite, per dar luogo all’entusiasmo di ulteriori chiarezze e di nuove frontiere di spunti.

Se, poi, di un punto finale si avvertisse proprio l’esigenza, sarà naturale andarlo a cercare dritto nel cuore del pilota. Quanto più veramente, al fondo di esso, ribolla la volontà di vincere, tanto più dovrà seguirne una naturale propensione a non badare ad altro, a non sfidar altro che le forze strette che si opporranno a quella nel corso della gara, fino a quel traguardo che, di regola, è appena uno dei tanti che si dovranno affrontare, uno dei molti che si vorrebbero mai veder finire, uno di quelli che mai si vorranno dimenticare.

 

 

Foto: Luca Barsali
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