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Perché le WRC 2017 saranno un successo

La storia ci ha insegnato che per avere idea su cosa ci riservi il futuro, bisogna dare uno sguardo al passato, per approfondire e capire le dinamiche degli eventi, nel bene e nel male.

L’automobilismo sportivo nasce, cresce e si sviluppa proprio attraverso le corse su strada, unico modo per avvicinare il popolo alla nuova e rivoluzionaria scoperta scientifico-industriale chiamata automobile. Da subito, “le corse” di velocità devono fare i conti con una triste e oscura figura che le accompagna: la morte.

Nella Parigi-Madrid del 1903 sono ben otto le vittime, tra partecipanti e spettatori.

Nulla si ferma, non ci si perde d’animo e si continua a correre, si corre in tutto il mondo e nascono competizioni talmente prestigiose, che per vincerle si fa ricorso a mezzi sempre più sofisticati e prestanti, sempre più veloci e sempre più pericolosi e qui si inizia a capire il ruolo primario ed il fascino della “velocità”

Il pubblico cresce a dismisura, sprezzante dei pericoli che ne possono derivare dallo stare così vicino alle auto in gara, tutti vittime di quella “febbre della velocità”.

Con la Targa Florio del 1906 nascono quelli che oggi chiamiamo Rally: di fatto la tipologia di gara è quella. Si corre contro il cronometro, non c’è griglia di partenza ma solo due esseri umani che devono sfidare le insidie del percorso nel minor tempo possibile.

Con l’avvento della Mille Miglia, nel 1927, ci si avvicina ancora di più al concetto moderno di Rally: tappe di velocità intervallate da controlli orari ed assistenze, strade per lo più sterrate ed il navigatore che non fa solo da meccanico ma inizia ad avere un ruolo, anche se ancora molto marginale, di anno in anno crescono le velocità, crescono i pericoli, crescono le insidie e cresce il pubblico, assiepato per ore ed ore nei passi di montagna, nelle pianure e nelle città di mezza Italia.

C’è una radiocronaca che tiene incollati milioni di Italiani, nascono gli sponsor, i piloti diventano veri beniamini, dividono le folle, si creano fazioni. C’è chi sostiene Materassi, chi Bordino o Campari piuttosto che Brilli Peri, Trossi, Taruffi, Marzotto, Fagioli, Varzi o Nuvolari. Attorno a questi piloti nascono dei miti, delle storie che raccontano di auto guidate con una chiave inglese al posto del volante, di rincorse a fari spenti, di 100 sigarette fumate tra Futa e Raticosa recuperando 8 minuti all’avversario, di gare vinte in doppio petto e cravatta ed altri aneddoti che ci danno lo spessore di cosa stessero diventando queste manifestazioni i cui ingredienti principali erano il rischio e la velocità. Come nei rally moderni, anche allora c’erano le donne, come la Baronessa Maria Antonietta Avanzo e la velocissima Maria Teresa De Filippis.

Le case automobilistiche partecipano in massa ed a suon di vittorie accrescono la loro popolarità cui si legano i successi commerciali: vincere alla domenica vuol dire vendere il lunedì.

Passano gli anni ed il fenomeno non si attenua, crescono le velocità medie e con esse cresce lo spettacolo, il rischio ed inevitabilmente anche il pubblico, attratto dalle lancinanti urla dei motori plurifrazionati lanciati ad alta velocità. Nel 1955 Sir Stirling Moss con la Mercedes 300 SLR vince la Mille Miglia a 157 km/h di media oraria, con strade quasi tutte asfaltate, un record che non sarà mai battuto. Nel 1957, ultimo tragico anno di gara, Olivier Gendebien su Ferrari 250 GT, percorre il triangolo Cremona Mantova Brescia, denominato trofeo Nuvolari, a 199km/h di media, con punte di 290km/h. Inevitabile che queste cifre e questi numeri richiamassero milioni di spettatori, reduci da una guerra che aveva ridotto sul lastrico milioni di famiglie e che stavano vivendo il sogno della mobilità di massa ed abituati nella migliore delle ipotesi a guidare un utilitaria da 70km/h di velocità massima.

Potremmo andare avanti parlando di altre gare assimilabili ai nostri amati Rally, raccontando della Targa Florio e del Circuito del Mugello validi per il Mondiale Marche, del Giro d’Italia automobilistico, del Tour de France automobilistico e così via, fino ad arrivare all’epopea delle Gruppo B……la pagina più entusiasmante e tragica di questo sport.

La formula vincente è sempre è quella, il mix tra velocità e rischio ed il filo conduttore è sempre lo stesso, ci vogliono piloti che siano personaggi, automobili che abbiano carattere, sound e prestazioni fuori dal comune e percorsi che siano la degna cornice per questo tipo di spettacolo.

Le WRC 2017 vanno in questa direzione, se solo la FIA ci restituisse un calendario Eurocentrico e gare più lunghe, ecco che d’improvviso si tornerebbe ai fasti dei tempi che furono.

Siamo certi che questo sia il primo passo nella giusta direzione.

Lorenzo Tinozzi

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