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Raffaele Pinto: il campione gentiluomo dei rally italiani

Una vittoria nel mondiale e quella storia indimenticabile di generosità

Non tante persone ricordano il nome di Raffaele Pinto eppure “Lele” ha scritto pagine importanti del rallysmo italiano a livello internazionale. Tanto per i suoi successi quanto per un episodio che lo ha consegnato alla storia dei rally

Nato il 13 aprile del 1945 a Casnate con Bernate, in provincia di Como, è stato uno dei primi piloti di rally professionista nel periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Il suo nome è legato ai due marchi storici italiani Fiat e Lancia, nel periodo in cui non esisteva ancora il mondiale piloti ma solamente quello destinato alle marche.

La sua prima vittoria nei confini nazionali risale al Rally Internazionale di Como del 1969 a bordo della Lancia Fulvia HF (sarà anche l’unica della sua carriera) mentre la sua migliore stagione internazionale sarà quella 1972 con la Fiat 124 Sport Spider. Campione europeo rally e campione della Mitropa rally Cup, finendo davanti a tutti per ben sei volte: Costa Brava, Hessen, Semperit, Polonia, Jugoslavia e Mille Minuti.

Ma uno dei motivi principali per raccontare Lele Pinto è una gara in particolare, una gara in cui il mondo conobbe l’uomo che c’è oltre al pilota professionista.

Rali Internacional TAP 1973: la generosità che vince

Edizione tostissima quella. Oltre a Pinto, navigato dal fido Arnaldo Bernacchini, ci sono tanti piloti che possono giocarsi la vittoria: ci sono le Alpine-Renault A110 1800 di Nicolas, Darniche e Thériere, le altre 124 Abarth di Waldegard, Paganelli e Netto, le Volkswagen di Kallstrom e Fall e la Toyota Celica di Anderson. Una gara tosta con ben 2981 km complessivi di cui 1900 di note.

Pinto si sta giocando al meglio le sue carte quando, durante un trasferimento in notturna (con le note come si faceva a quel tempo), Bernacchini si accorge di una frenata importante che finisce contro un muretto frantumato e nessuna vettura presente in strada. Capisce che qualche suo rivale è in difficoltà e che si tratta della Toyota, riconosciuta dalle luci di posizione. Pinto decide di soccorrerlo.

Dopo una retromarcia che lascia di sorpresa anche il suo navigatore, scende dalla vettura e si precipita nella scarpata dove trova Anderson fuori dalla Celica mentre il suo navigatore Jean Todt (sì, proprio l’uomo che ha scritto la storia della Ferrari e del motorsport) incastrato con un braccio nell’abitacolo. Aggrappandosi al sedile e staccandolo letteralmente riesce a liberarlo ma ormai la gara è compromessa. Oltre 5 minuti di ritardo al controllo orario e una caduta libera in classifica dal primo al nono posto.

Bernacchini racconta la grande storia all’organizzatore che prende una decisione storica per il mondiale rally: annullare il controllo orario per premiare la generosità di Pinto, in barba alle regole dei rally che dicono che ognuno deve finire con le proprie risorse e non ci sono aiuti che tengano.

Il destino beffardo vorrà che qualche prova più avanti una sospensione della 124 ceda e la gara di Pinto – Bernacchini si conclude comunque anzitempo e senza gloria sul podio ma, tra l’ammirazione del mondo per un gesto nobile e nel pieno spirito sportivo.

E nel 1974 tornerà in Portogallo che gli riconsegnerà quello splendido gesto con il gradino più alto del podio. La sua prima volta sul tetto del mondo dei rally.

Seguiranno altri podi nel mondiale a cavallo tra il 1976 e 1977 a bordo della Lancia Stratos e un ruolo come collaudatore del gruppo Fiat-Lancia per diversi anni.

In questo video della Fondazione Pirelli lo vediamo spiegare al grande pubblico cosa sono i rally, da buon padre fondatore quale è stato ed è tutt’ora.

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