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3 MIN

Se i rally italiani vogliono ancora un pubblico, imparino a rispettarlo

Chiarire il proprio ruolo alla gente per evitare che sempre meno gente si interessi al nostro sport

Quando si riguardano i momenti che caratterizzano un evento sportivo è normale lasciarsi catturare dalla presenza di più o meno pubblico. Spesso la presenza di tanta gente diventa uno dei risultati (se non il principale) da sbandierare ai quattro venti sui media e, di conseguenza, agli sponsor. Alla gente piace sentirsi parte attiva di quella passione che riempie le giornate lontano dai soliti impegni quotidiani e, spesso, diventa una ragione di vita.

I rally non fanno sicuramente eccezione, seppur la dinamica dello spettatore non pagante crei dei “distinguo” fisiologici ed inevitabili che, in teoria, non dovrebbero comunque sminuirne il ruolo.

Perché la gente un ruolo sente di averlo e gli addetti ai lavori non possono non tenerne conto sia quando le cose vanno bene, che quando le cose vanno male. Uno scambio reciproco di soddisfazione che ha bisogno di fiducia e di rispetto, fattori venuti meno lo scorso fine settimana al Rally Adriatico.

Una gara senza dubbio affascinante e di grande richiamo, caricata di grandi aspettative grazie alla partecipazione di nomi importanti ed un tracciato ormai collaudato e garanzia di spettacolo (nonostante sia ormai stato ridotto ai minimi termini, ma questa è un’altra questione). Attese rovinate da una “presunta” ordinanza che, si diceva, avrebbe potuto minare la realizzazione dell’evento stesso nel caso in cui gli spettatori fossero arrivati a bordo delle prove speciali. Da qui l’invito a non partire verso Cingoli.

Una chiamata al senso di responsabilità per il bene della gara stessa e dei rally in generale.

Un monito accolto con grande serietà ed un’inevitabile sensazione di impotenza, mitigati dalla “promessa” di una copertura mediatica adeguata che avrebbe comunque permesso di vivere la gara da casa.

A cambiare prospettiva, un banco di prova interessante per i rally nostrani che una dimensione mediatica accettabile, che vada oltre qualche mezza pagina il lunedì su qualche quotidiano nazionale, faticano a trovarla.

Il risultato?

Qualche post in più rispetto alla media, alcune dirette fuori dalle ps o dai riordini e il solito marasma sconclusionato di contenuti. Una dinamica dove il privato dimostra molte più capacità di quell’istituzione che potrebbe far diventare prodotto di valore lo spettacolo naturale dei rally.

Ed in questo contesto è chiaro che l’appassionato non la prenda bene.

Un po’ per quella promessa venuta meno, un po’ perché non può evitare di farsi assalire dalla sensazione che si punti alle porte chiuse per estromettere in modo più semplice quel partecipante alla giostra che non paga niente ma, incide sulla gestione (e i costi) di un evento.

Si poteva evitare?

Certo che sì e senza neanche appesantire i costi. Bastava provare a mettersi veramente dalla parte di chi segue le gare a bordo strada e capire cosa avrebbe voluto per sentirsi in prova anche sul divano di casa.

Una breve analisi dei siti/profili social che meglio raccontano i rally, un piano editoriale coordinato e pensato, un invito a queste poche persone in base al loro potenziale comunicativo e si sarebbe ottenuto quanto promesso. Ok, ci sono accordi e diritti venduti ma in questa epoca fatta di protocolli ed eccezioni forse si poteva provare a percorrere una strada talmente logica da sembrare scontata.

Si potrà obiettare che i giornalisti potevano esserci (noi compresi ma abbiamo dovuto evitare per problemi organizzativi) ma anche questi andavano sentiti, coordinati, gestiti ed indirizzati verso l’obiettivo di non far perdere la gara a chi è rimasto a casa. E invece siamo rimasti a quelle quattro iniziative live e alla solita noiosa sequenza di comunicati stampa del lunedì di chi si è accreditato alla gara perché deve.

Troppo poco, decisamente.

E allora bisognerebbe avere il coraggio di fermarsi un secondo a chiarire veramente al pubblico dei rally che intenzioni si hanno nei loro confronti. Perché la sensazione che la misura sia colma nel cuore della gente la si sente sempre più forte. Un clima di costante disinnamoramento e rassegnazione verso i rally italiani che sembra non conoscere mai fine e che richiede quantomeno che qualcuno provi ad arginarlo.

Il rischio è che il Covid-19 finisca, le porte dei rally si riaprano e non ci sia più nessuno disposto ad entrarci.

Foto di copertina: Bressivision

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3 Comments

  • Max
    Posted 2 Ottobre 2020 10:20 0Likes

    I rally italiani erano malati gravi prima del covid oggi sono morti e morti resteranno….

  • Ivo
    Posted 3 Ottobre 2020 0:10 0Likes

    Tranquillo, il Covid-19 lo protrarranno ad oltranza anche con altri nomi e le porte dei rally verranno chiuse del tutto. I rally non sono buoni per drogare le masse.

  • Matteo
    Posted 3 Ottobre 2020 8:18 0Likes

    Una cosa scandalosa: commissari traformati in sceriffi e minacce di sospendere la gara perché :
    all’aperto, con mascherina e distanziati, si stava in 6/7persone dove normalmente avrebbero potuto starcene almeno 30.
    A che gioco si stà giocando? Considerando che il calcio negli stadi piano piano non è più un problema? Gli appassionati di rally sono forse più contagiosi?
    È vero, il popolo dei rally non paga l’ingresso ma nel mio piccolo io ho sempre prenotato alberghi, fatto spesa, fatto benzina e mangiato la sera nei ristoranti,nel mio piccolo (e in molti fanno così) ho sempre contribuito ad aumentare l’indotto delle zone in cui si svolgevano i rally.
    Come mai in Francia le gare sono seguitissime?
    Perché qui bisogna sempre distinguersi (in negativo)?!
    Rispetto per le vittime, per gli ammalati, per la nostra sicurezza e salute, nulla da dire… ma abbiamo fatto, facciamo e faremo cose ben più pericolose che sostare in mezzo ad un campo per seguire un rally. Nei campi non ci sono maniglie, wc, non si è al chiuso e non si esulta(come negli stadi) immettendo nell’aria un vel po’ di saliva nebulizzata. Nei campi si segue uno dei più belli (avrei voluto dire il più…) sport automobilistico che sia mai esistito.
    Non uccidetelo.

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