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Audi sbarca alla Dakar con la sua mostruosa RSQ E-Tron da 670 cavalli

Tecnicamente la casa tedesca è alla sua prima apparizione ma...

La Dakar 2022 passerà alla storia come la prima Dakar di un veicolo ibrido. La casa dei quattro anelli si presenterà, infatti, alla linea di partenza con un prototipo dotato di due motori elettrici presi in prestito dalla Formula E, una batteria da 52 kWh e un motore benzina 2.0 TFSI di derivazione DTM da 300 CV che servirà solo per ricaricare la batteria ma non per muovere l’auto. Al suo volante ci saranno tre piloti del calibro di: Carlos Sainz (2 volte campione del mondo rally e con 3 vittorie all’attivo alla Dakar), Mattias Ekström (1 mondiale rallycross, 2 titoli DTM e 3 Race of Champions nel palmares) e sua maestà Stéphane Peterhansel 14 volte vincitore alla Dakar. Un team dalle grandi ambizioni, con uno sguardo al futuro del motorsport e all’avanguardia su tutti i fronti.

La storia di Audi nell’off road è ricca di successi e di innovazioni soprattutto nei rally ma ancora manca il successo nella maratona del deserto. Almeno formalmente…

Volendo scavare nella storia, torniamo indietro al 1965, quando la Volkswagen acquistò l’allora Auto Union. La Dakar non era ancora stata concepita e l’Audi era solo uno dei marchi che formavano i famosi quattro anelli (insieme a Wanderer, Horch e DKW).

Facciamo, ora, un salto in avanti di tredici anni e passiamo al 1978. La Volkswagen crea un piccolo fuori strada a trazione integrale, la Iltis. Nel 1979 nasce la prima Paris-Dakar e nel 1980 la VW parteciperà, vincendo, proprio alla maratona del deserto con un plotoncino composto da quattro fuori strada.

Analizzando meglio quella piccola vettura dalle forme squadrate troviamo qualcosa di molto familiare.  La Iltis, infatti sostituiva la vecchia DKW Munga di proprietà Audi. Il motore, un 1.7 litri da circa 100 CV, era anch’esso di derivazione Audi e la trazione integrale non stupirà che sia stata progettata dal marchio di Ingolstadt. 

Perché, allora, produrre una Volkswagen che di Volkswagen ha poco più dello stemmino sul cofano?

Non è tutto oro ciò che luccica e bisogna sapere che la Iltis fu concepita come veicolo militare, tant’è che dei circa 9˙000 modelli prodotti solo 453 furono venduti per scopo civile.  All’epoca, la necessità di fuoristrada negli eserciti era elevata e la maggior concorrente del marchio di Wolfsburg in campo militare era niente meno che la G-Wagon della Mercedes. Chiaramente, Volkswagen, non poteva porre sul cofano lo stemma di un marchio considerato quasi acerbo come Audi e così decise di produrla a proprio nome.

La Dakar del 1980 fu l’occasione perfetta per mettere in mostra all’esercito francese le doti della Iltis. La Volkswagen in quell’occasione non dispone di un budget enorme e storce il naso quando Kottulinsky fa sapere ai vertici la cifra necessaria per ingaggiarlo come pilota. Alla fine, non trovando altre alternative, il tedesco verrà assunto insiema a Zaniroli, Ragnotti e Gumpert. L’unico vero rivale dello squadrone teutonico sarà la Renault 4 dei fratelli Mareau, più veloce ma meno affidabile.

La Volkswagen vince proprio con Kottulinsky e al secondo posto si piazza Zaniroli. Le altre due Iltis si classificheranno quarta e nona a dimostrazione dell’affidabilità raggiunta dai tecnici di Ingolstadt.

La Citroën, dopo questo exploit, si interessa al progetto e nasce la Citroën C44 come proposta per le forze armate francesi. Nello stesso periodo però, Peugeot inizia a collaborare con Mercedes e crea la P4 su base G-Wagon. Il governo francese decide di optare per quest’ultima come sostituta della ormai datata Hotchkiss di derivazione Jeep.

La Iltis verrà prodotta sino al 1988 e presterà servizio, con diverse licenze, per gli eserciti di: Germania, Argentina, Canada, Estonia, Macedonia e Belgio.

Sarà inoltre la base di sviluppo per la trazione integrale che farà primeggiare l’Audi Quattro nei rally. 

La piccola Iltis, probabilmente sconosciuta ai più, non passerà mai alla storia come la più potente, la più vincente o la più bella auto da corsa di tutti i tempi ma, se l’Audi è adesso quel colosso che conosciamo con decine di vittorie nei rally e non solo, lo dobbiamo sicuramente a lei.

Grazie Iltis!

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