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Tempo

16 MIN

Rallyssimo incontra Andrea Adamo: “Apprezzo la qualità del mio tempo e seguo cose in cui credo.”

Nella sede di Gino WRC Invest ho incontrato l'ingegnere italiano ed ho capito che...

“Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione.”

Ed è citando James Russell Lowell che scelgo di aprire questo mio speciale incontro con Andrea Adamo. Voglio dirvi la verità: a pelle non mi stava simpatico. Non saprei dire bene il motivo ma, quel mood da personaggio “sopra le righe” l’ho digerito sempre abbastanza male ed un’intervista concessaci al Catalunya 2019 mi aveva solo confermato le sensazioni dall’esterno.
Non voglio dire che tifassi contro ma, di certo, non mi sono mai strappato i capelli quando sul gradino del podio ci son finiti altri. Certo, cercando sempre di mantenere la necessaria obiettività di chi ha la presunzione di raccontare uno sport agli appassionati ma, trovando sempre qualche conferma a quella sensazione molto simile all’antipatia.

Fino all’8 dicembre 2021. Adamo si dimette dal ruolo di team principal di Hyundai Motorsport e sento che mi dispiace. Non mi interessa capire il motivo reale o lanciare ipotesi. Provo un reale dispiacere nel sapere che quel pezzo di Italia lasci il WRC e decido di scrivergli un messaggio su Facebook. Mi viene di getto, ci metto qualche minuto e nello stesso tempo quell’uomo così duro e spigoloso ai miei occhi mi risponde: “Un abbraccio”.

Passeranno i mesi, inizierà l’era ibrida del WRC e nella prima gara del 2022 per Hyundai le cose non girano benissimo. Tanak si ferma per un guasto poco chiaro ed un po’ tutti ci chiediamo come avrebbe gestito Andrea quel tipo di situazione. Mi faccio di nuovo coraggio e glielo chiedo. Mi risponde di nuovo. Ed iniziamo a parlare di rally come ho fatto altre mille volte con mille altre persone. Ma questa volta lo sto facendo con Andrea Adamo.

Il profondo rispetto che provo mi porta a chiamarla corrispondenza ma, non penso di esagerare nel poterla considerare un’amicizia di rally. Un rapporto che mi porta a raggiungerlo a Torino, nella sede del progetto Gino WRC Invest, per poter realizzare dal vivo la mia intervista ad Andrea Adamo. Non con poca emozione.

8 dicembre 2021: finisce all’improvviso la tua avventura nel WRC, nel bel mezzo delle fasi finali dello sviluppo della Rally1 ibrida ed in un mix di sensazioni e voci. A vederlo a qualche mese di distanza, cosa ti resta di quei giorni? Che sia positivo o negativo sta a te dirmelo.

Per me quella data non ha nessun significato particolare poiché mi son trovato molto prima nelle condizioni di dovermi dimettere e sono stato dipendente Hyundai Motorsport fino al 31 marzo.

Non ho mai associato una data a dei momenti particolari. Ne ricordo una sola in cui è mancata una persona a me cara e che ha cambiato gli ultimi dieci anni della mia vita ma questo è un altro film.

Onestamente non ho mai visto le cose in maniera così enfatica. Ho dovuto dedicarmi alla mia salute e non ad altro, quella è diventata la mia priorità. Si è chiuso un libro della mia vita perché chiamarlo capitolo sarebbe riduttivo, in quanto sono stati sette anni che mi hanno completamente assorbito ma da cui sono derivate grandi soddisfazioni. Sono stati forse i sette anni di motorsport della mia vita che mi hanno permesso di portare a casa un’esperienza a tutto tondo, più completa. Un tempo in cui mi son trovato a costruire da zero il Customer Racing di Hyundai, assumere persone, gestire budget. Con la prima R5 ho gestito tecnicamente un progetto che era già stato avviato ed era già in stato avanzato, correggendo nei limiti del possibile quello che pensavo non andasse e allo stesso tempo organizzando l’officina e gestendo anche qui le dinamiche di budget. Nel frattempo, a luglio 2016, è iniziato il progetto della TCR, un momento piuttosto complesso.

Un’esperienza incredibile poiché, alla fine, mi son trovato a dirigere tutta la Hyundai Motorsport ed ero praticamente il responsabile dei programmi sportivi di Hyundai nel mondo. Anche quando c’è stato il momento di supportare i programmi nazionali, il riferimento eravamo noi.

Non nego di essere contento di quello che ho fatto ma, a livello di impegno personale, come dicono gli inglesi, è stato un 24/7. Per sette anni ho mangiato, respirato, bevuto, dormito e tutto quello che serve, per Hyundai e lo rifarei domani mattina. É stato interessante, formativo. Non sono andato via né con rimpianti, né con rimorsi e nemmeno con malinconia devo dire. Per come sono fatto, quando concludo un capitolo della mia storia e son convinto di farlo, volto pagina e vado avanti. Non sono uno che vive nel passato, vivo nel presente e pianifico il futuro.

Aldilà dei mondiali vinti tutto quel che c’è di tangibile (e di successo) nella tua esperienza recente con Hyundai, c’è un momento, un qualcosa o un qualcuno che meglio rappresenta tutta l’esperienza?

No, non credo. Ho un ricordo in particolare che è la vittoria del mondiale con Tarquini a Macao nel 2018 perché è stata la prima vittoria di un campionato mondiale di Hyundai. Una svolta, secondo me, perché fino a quel momento non aveva mai vinto nulla ed era sempre stata considerata un po’ la “Cenerentola”. Una vittoria forte, con titolo piloti e costruttori poi ripetuto anche nel 2019. Quello è il vero punto di svolta di questi sette anni.

Anche nei rally comunque Hyundai veniva da un’esperienza tutt’altro che soddisfacente e veniva ricordata più per la simpatia che per altro.

Sì, probabilmente sì. Forse fino a quel momento Hyundai era la casa del “Quasi”. Quasi vinto, quasi competitiva. Arrivarci vicino vale solo a bocce.

E adesso possiamo anche smetterla con la nostalgia che (probabilmente) provo più io di te. Parliamo dei rally che stiamo vedendo oggi.

Dopo tre gare disputate la tecnologia ibrida è sotto assedio, afflitta da problemi di affidabilità e non solo. A suo tempo avevi espresso qualche perplessità sul passaggio a questa tecnologia, soprattutto rispetto ai tempi di realizzazione ed ai modelli di auto che il mercato può proporre per i prossimi tre/quattro anni. Dirlo oggi forse è facile ma, che fosse il caso di prendersi qualche tempo in più? Era necessario farlo perché il mercato chiede quello? Cosa ne pensi?

Guarda, io sono convinto ancora oggi, dopo aver visto la gara in Portogallo in qualità di pensionato che va a vedere una gara di WRC al posto dei cantieri stradali, che sia stato un errore questo regolamento. Sono convinto che le macchine di oggi avrebbero dovuto essere delle Rally2, con un restrittore più grosso, magari un’ala ed un paraurti posteriore più accattivanti. Potenzialmente ci sarebbero stati più costruttori oggi, ci sarebbero sicuramente più clienti pronti a correre con queste macchine, probabilmente ci sarebbero gare più interessanti poiché con macchine che costano meno si amplia il panorama di piloti competitivi che possono correre.

Oggi abbiamo delle macchine molto sofisticate a livello elettronico ma, con limiti a livello di sospensioni, motore e molto altro che mi portano a chiedermi se serviva veramente puntare su delle macchine così. Il concetto di trasmissione, con tutto il rispetto, è quello di un R5: cinque marce a comando sequenziale a leva senza differenziale centrale. Poi possiamo raccontarci tutte le sofisticazione che vogliamo. Il motore è un motore che ha un costo enorme dove il sistema di ALS (ndr. Anti Lag System) e lo stesso della Rally2, dato che non si può avere il “Fresh Air” come una volta.

In un momento attuale dove i soldi non ci sono, credo che fare delle astronavi, perché di questo si tratta, con certe sofisticazioni estreme e con dei costi incredibili come il sistema ibrido non ha molto senso. Soprattutto per un sistema che viene usato per spostare le macchine in assistenza in modalità full electric e per avere, tra sì e no, della potenza aggiuntiva in prova speciale ma, i piloti dichiarano che lo staccano perché gli risulta più semplice guidare.

Mi chiedo se abbiamo fatto la cosa giusta e mi faccio carico della mia parte di colpe ad avere queste macchine qua, perché c’ero anche io, pur avendo lottato contro fino al momento in cui ha prevalso la maggioranza. Non abbiamo nuovi costruttori e non sappiamo se ne avremo presto.

Anzi, rischiamo di averne qualcuno in meno.

Di “Cassandre” ce ne sono abbastanza ma speriamo che quelli che ci sono rimangano. Non so quanto durerà ancora questo regolamento perché, comunque, credo potremo dire a breve che è un regolarmente vecchio poiché il sistema ibrido che abbiamo in macchina in questo momento non so quanto potrà essere usato in futuro come oggetto di marketing. Mamma mia.

La stagione 2022 vede un Kalle in grande spolvero con un certo equilibrio alle sue spalle. Eppure tutto diventa “più acceso” nei weekend in cui almeno uno dei due Seb (nrd. Ogier e Loeb) è nell’elenco iscritti. Secondo te perché non riusciamo a sganciarci da quel passato? Troppo forte ed ingombrante quella generazione o troppo poco sostanza nelle nuove generazioni?

Montecarlo è stata un eccezione, dove l’esperienza può ancora valere e dove si è trattato di un “allineamento di pianeti sbagliati”, soprattutto perché Hyundai era ancora molto indietro. Kalle credo che il primo giorno abbia avuto un maremoto di problemi ma non si è mai lamentato perché è un professionista e i due Seb si son trovati davanti, con Loeb che guida una Puma straordinaria ma che è guidata da un livello di piloti che non sono in grado di dimostrarne il reale valore. Io credo che servano Seb e Seb a dare pepe al mondiale sia una storia vera tra sì e no, ci piace raccontarcela ma secondo me non è vero. Loeb in Portogallo ha fatto l’errore più sciocco di tutti ed Ogier non è mai stato in gara per mille motivi ma, la gara tutto sommato non è stata male.

Quello che si dimostra in questo momento è che Rovanpera è un pilota molto intelligente, pur disponendo di una macchina che è una spanna sopra le altre. In Svezia ha fatto la gara che doveva fare. In Croazia ha fatto una gara molto brillante: quando ha avuto necessità di gestire lo ha fatto con freddezza incredibile, in momenti in cui altri l’avrebbero probabilmente picchiata ma, quando c’è stato da spingere lo ha fatto vedere ed ha vinto. In Portogallo ha gestito benissimo la prima tappa nella quale si è trovato a pulire le strade, e credimi che avendo fatto bei tratti di speciali a piedi ce n’era da pulire in una strada molto soffice che si scavava, e gli altri giorni ha fatto tempi incredibili. Anche se ci fosse stato Seb in gara, non credo sarebbe stato in grado di contenerlo.

Nuove generazioni? (ndr. sospira)

Beh, ne abbiamo parlato diverse volte no? Un mondiale da quattro cinque piloti “veri” ma in età abbastanza avanzata, Kalle, Oliver con tutte le incognite del caso. Il dubbio che ti pongo è: cosa c’è dopo?

Ma sai, mettiamo che ci siano quattro o cinque giovani forti.

Dove li mettiamo a sedere?

Ecco. Si chiama legge del mercato.

Ci confrontiamo spesso su un aspetto che ci “accomuna”: la comunicazione. Nel tuo ruolo di Team Principal erano innegabili le tue doti di grande comunicatore, capace di catalizzare l’attenzione dei media nel bene e nel “meno bene”, offrendo spesso motivi di spunto e discussione.. Oggi ho come l’impressione che ai rally manchino le storie e chi sa raccontarle. Tutto è confinato a mera cronaca di un evento sportivo. Il risultato? Sempre meno giovani che si interessano ai rally e sempre più nostalgici che vorrebbero indietro gli anni 80 e 90. Tu come la vedi? Come riportiamo le persone ad aver voglia di saperne di più di uno sport unico nel suo genere?

Ho fatto un’intervista simile qualche giorno fa e non posso che ripetermi. Credo che prima di darsi delle risposte, bisogna farsi delle domande. E farsi le domande giuste. Penso che come sono oggi presentati al pubblico i rally siano di un noioso spaventoso.

A parte alcuni paesi in cui ancora c’è interesse, non so quanta gente ci sia che ha ancora voglia di farsi chilometri a piedi per vedere passare le macchine così in dieci secondi. Spesso non c’è neanche lotta. Per attirare le persone oggi non ci sono che i social media ed i rally sono comunque poco presentati. Inutile che il promoter continui a venderci All Live poiché serve per un pubblico che i rally già li conosce.

Sai, la cosa difficile da gestire mediaticamente è quella nomea di sport brutto e cattivo che riesce a far parlare solo quando c’è la tragedia.

Però non si fa niente per parlare quando succede qualcosa di bello.

Eppure gli stessi piloti parlano dei rally come l’essenza del motorsport e le immagini lo dimostrano. Eppure non riusciamo più ad incuriosire qualcuno a svegliarsi presto la mattina, preparare uno zaino ed andare in prova.

Questo non lo farei mai più perché siamo nel 2022 e bisogna ricordarsi che gli anni 80 son passati da quarant’anni. Io continuo a dirlo. Inutile che continuiamo a voler convincere la gente che il passato è bello. Il passato è finito.

Chiediamoci: come facciamo a portare alle persone quello che abbiamo oggi con gli strumenti che abbiamo oggi?

Mi permetto di dire una cosa e dico: quelli della F1, che saranno brutti, cattivi e antipatici agli occhi di quelli dei rally però, da quando è arrivata Liberty Media ha detto “bene signori, adesso facciamo noi perché stiamo continuando a parlare tra di noi e ad essere autoreferenziali”. Ed è lo stesso errore che stiamo facendo noi che continuiamo a parlarci di rally. Tutto bello ma la fuori dei rally non frega nulla a nessuno.Quindi bisogna prendere qualcuno che arriva da fuori che sa come si fa comunicazione vera e dice che adesso si fa così.

La F1 ha iniziato ad usare i social media, Youtube, Netflix e tutte queste cose fa e, magia magia, adesso va in America. Perché? Perché hanno presentato la F1 in un modo diverso da quello stereotipato che andava avanti da anni e oggi lo stesso prodotto piace. Poi hanno fatto macchine che sanno essere più spettacolari con meno sofferenza in scia grazie a studi pagati dal promoter. Non la FIA. Liberty Media ha investito dei soldi, ha assunto delle persone, per fare degli studi e portare ad un livello di spettacolarità più alto.

Noi continuiamo a parlare, a chiederci come fare i rally migliori con persone sono nei rally da 50 anni e che continuano a dirsi tra loro che i rally sono belli. Va bene, continuiamo pure ma il ragazzo di là dalla strada non ha la minima idea di chi siano queste persone.

Facciamo dei reportage veri, degli incontri coi piloti come si deve. Montaggi veramente spettacolari e ben diffusi. La gente si appassiona e va a vederli e rivederli. Nella Formula 1 hai la tua Coca Cola, le lounge, gli sponsor e tutto diventa uno show. Nei rally portiamo la gente lontana a mangiare la polvere e non gliene frega niente.

Eppure tentativi come Ypres e Monza non sono andati poi così bene, no? Non hanno fatto vedere qualcosa di diverso rispetto a quello che sono i rally?

Era pieno. La gente interessa e chi paga il biglietto salva la gara ma, quel che realmente interessa è la visibilità a 360 gradi. Chi porta i soldi sono gli sponsor, quelli che pagano i diritti TV. I team del mondiale F1 prendono soldi anche in base ai diritti TV, i team del mondiale rally pagano anche l’aria che respirano. Mi spiegate come fa un nuovo costruttore ad essere attirato da uno sport dove: non c’è visibilità, ha gli spettatori a bordo strada e magari con un’uscita ammazzi qualcuno, ho le hospitality per gli sponsor ma spesso non le uso perché la macchina escono il mattino e tornano la sera.

Che spettacolo faccio nel parco assistenza? Cosa c’è lì dentro? C’è qualcuno che si è posto il problema? No, c’è All Live.
Ce lo scriveranno sulla lapide il giorno che i rally moriranno: “ma c’avevano All Live”.

Mi sembri decisamente impegnato per essere, come ti piace definirti, un pensionato. Cosa ti ha portato ad accettare l’invito di Alessandro Gino in questa particolare e bellissima avventura nella Gino WRC Invest e a rimettere un piedino nei rally?

No, calma calma calma (ndr. sorride). Io mi definisco un pensionato perché rispetto al tipo di vita che ho fatto, ho una gestione del tempo di tutt’altra qualità. Qui con Alessandro (ndr. Gino) non abbiamo proprio messo un piede dentro ai rally. O meglio, questo è un business che viene fatto con macchine da rally, con la calma ed i ritmi decisamente diversi. Con il tempo di pensare ad iniziative particolari con le macchine, oltre a comprarle e venderle.

La parte a mio avviso molto interessante è anche tutto il post-vendita poiché queste sono macchine che richiedono un’attenzione diversa. Chi la compra per usarla, ci chiama e noi andiamo ad aiutarlo a metterla in moto. Non facciamo come tanti che una volta venduta la macchina, chi si è visto si è visto. Anche perché questo spaventa chi vuole investire su vetture di questo tipo. Quello che vogliamo fare è una “fidelity”: abbiamo ricambi ed un certo tipo di capacità per dare una bel servizio di assistenza.

Perché ho deciso di entrarci? Perché durante una cena con Alessandro Gino e Massimiliano Fissore, ex amministratore delegato di BRC, se ne parlava. Le idee mi son piaciute e mi sono sentito subito coinvolto. Io sono un tipo molto “digitale”, o è 1 o è 0, o faccio le cose perché ci credo fino infondo o sto a casa a fare modellini o vado in montagna e vado in bici. Ho la fortuna di poter scegliere, la apprezzo tanto e non ha prezzo e quindi faccio le cose solo se ci credo. Allo stesso modo do una mano a WSC Group che gestisce TCR ed E-TCR come Technical Advisor. Ci credo, mi piace, ci confrontiamo e lavoriamo anche su questo.

Ma ti dirò di più, sono stato in Portogallo. Ho risposto a tanti che non mi hanno creduto, pur dicendo la verità perché la verità rende liberi: mi son sentito in pace, non mi manca niente. Vedevo le persone molto stressate e non mi mancava niente di tutto quello che vedevo.

E ora un po’ di domande a raffica che, son sicuro, tanti appassionati vorrebbero farti.

Da buon appassionato di modellismo, qual è la macchina da corsa perfetta? E quella perfetta su cui hai messo mano?

La McLaren MP4/4. Mentre, secondo me, la migliore realizzazione tra quelle a cui ho partecipato come progetto ti dico la Hyundai 30 TCR perché tra tutte le macchine è stata quella col miglior compromesso tra prestazioni, costi e progetto. In tutta la mia carriera è quella di cui conservo il ricordo migliore.

Quando è nato il progetto Hyundai i30 TCR son partito veramente da un foglio bianco, a differenza della R5 che era già avviata con parte del team fatto, spesso con scarti dal WRC. Progettisti? Ho messo insieme un team incredibile. Persone allo sviluppo? Team incredibile. Tarquini (ndr. Gabriele) è stata la prima persona che ho chiamato. É stata pensata, costruita e sviluppata da un gruppo di persone totalmente scelto da me, che hanno creduto totalmente al progetto dall’inizio e ci hanno messo anima e corpo. E come sempre ho visto nella vita, quando fai così difficilmente il progetto viene male.

É stata una macchina assolutamente competitiva, ammazzata dal BOP (ndr. Balance of Performance) perché ad un certo punto vinceva troppo. E mi dispiace per gli altri che per arrivare a competere hanno dovuto avere un supporto regolamentare poiché credo che ancora oggi non ci sarebbe una macchina migliore di quella.

Se ti dico Punto Abarth S2000 cosa mi rispondi?

É stata una macchina alla quale ho creduto molto che ha distrutto l’Abarth.

Il pilota più forte per cui hai avuto il piacere di lavorare? E quello con cui non hai mai lavorato ma ti sarebbe piaciuto?

Tarquini e Senna

La gara da incorniciare? E quella da dimenticare?

Quella da incorniciare per me è Montecarlo 2020 perché ha avuto un significato particolare.

Quella da dimenticare farei fatica a dirtelo. Riesco sempre a trovare un lato positivo delle cose. Fammi rispondere cambiando un po’ la tua domanda in modo unilaterale e non democratico. La gara non da dimenticare ma quella emotivamente più complicata è Messico 2020. La gara chiusa un giorno prima per Covid.

Siamo partiti con un Europa tesa in cui non si sapeva cosa stesse succedendo e poi in dieci giorni è crollato il mondo. Eravamo lì e non sapevamo cosa stesse succedendo. Ognuno aveva le sue notizie ed il passaparola non è mai sminuente ma esaltante delle notizie negative. Contatti con le agenzie di viaggio che ci dicevano che non sapevamo come farci tornare, non sapevamo cosa dire alle persone. In Italia era partito il lockdown, intanto dovevi correre e pensare al rally ma, cercando di capire cosa stesse succedendo e intanto pensando a cosa dovevi dire ai meccanici che avevano le loro famiglie in Europa che venivano chiuse in casa. Emotivamente molto complicata e molto difficile far tornare a casa 100-120 persone e se fai il tuo lavoro con coscienza ti assicuro che è pesante.

Quindi, per chiudere, non torneresti?

007 diceva “Mai dire Mai.” Oggi come oggi dovrei pensarci a fondo e credo che direi di no. Anche se qualcuno dirà che non è vero, tirerà fuori la storia della Volpe e l’uva e quant’altro. Se mi interessasse quel che dice la gente, farei altro.

Grazie mille. Grazie davvero.

Ma figurati. Grazie a te.

 

E qui i microfoni si spengono e restiamo lì, tra macchine incredibili a fare da cornice ad un’altra buona mezz’ora in cui non ci sono più un intervistatore ed un intervistato.

Ci sono solo un uomo che trasuda motorsport ed un appassionato che non smetterebbe mai di fargli domande. Parlo con un uomo che ha alimentato pagine e pagine del mio Rallyssimo e lo sto facendo come se non avessi fatto altro nella vita. Ne escono altri racconti e curiosità che Andrea mi racconta senza alcuna remora. Storie che custodirò gelosamente, senza farle diventare mai parte di qualche articolo.

Il mio tesoro personale di una giornata incredibile che mi ha permesso di realizzare che sì, solo gli stupidi non cambiano idea.

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