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Riccardo Asquini e Ruben Ciani: “Vogliamo riportare lo spettacolo dei rally in mezzo alla gente”

Intervista con l'equipaggio che ha fatto tanto parlare di sé, per le proprie idee e per quella voglia di fare qualcosa di concreto per il nostro sport

Non conoscevo Riccardo Asquini e Ruben Ciani, lo ammetto. Perso nel maremoto di campionati e gare nazionali, il loro nome non mi era mai saltato all’occhio. D’altronde, il numero di equipaggi in Italia è pressoché infinito, ognuno con la propria storia, e non sempre è facile arrivare a conoscerle queste storie.

Succede però che durante un momento di cazzeggio dal mio vero lavoro, un mio amico condivide il post che mi colpisce. Vedo che parla di rally ma dove voglia andare a parare non mi è subito chiaro. Mi incuriosisce e probabilmente raggiunge l’obiettivo dato che ora voglio saperne di più. Ed indago meglio. Seguo le immagini, sempre giocose e con qualche bel tocco ”borderline” e trovo finalmente quella personalità comunicativa che mi piacerebbe trovare più spesso in chi corre.

Decido che voglio conoscerli e ci accordiamo per una chiacchierata. Ed è così che mi ritrovo a parlare con loro a ridosso di una pausa pranzo. E non servono nemmeno troppe domande per due ragazzi che hanno una chiara idea in testa e tutta l’intenzione di saper come provare a farla diventare vera.

Ciao Ragazzi,

sono rimasto affascinato dalla vostra idea che privilegia l’aspetto comunicativo e porta avanti in primis una filosofia. Raccontatemi un po’ la vostra idea, gli obiettivi e tutto quello che si dovrebbe sapere di quello che state cercando di fare.

(Riccardo): L’idea è nata a quattro o cinque anni fa, nel bel mezzo di quella che di solito viene chiamata crisi esistenziale, o crisi di mezza età, come si dice. Durante una domenica da spettatore lungo la “Mersino” (prova dell’allora Alpi Orientali valido per il CIWRC), è scoccata la scintilla, della serie “chissà cosa si prova ad essere al posto loro”. Anche senza un’esperienza pregressa, inseguendo il sogno tipico di tutti quelli che vanno a vedere le gare.

Devo confessare che al tempo non avevo letteralmente idea di cosa fossero realmente il rally, mi immaginavo semplicemente tanta adrenalina, quattro sgommate e finita li. Grazie a questa esperienza, condivisa con Ruben quest’anno, ho conosciuto e provato sulla mia pelle tanti aspetti che rendono questo sport, secondo me, semplicemente unico e inimitabile. Ho imparato che il rally è uno sport di squadra come pochi altri, è un enorme esercizio di sacrificio e fiducia, di collaborazione e cooperazione, di resistenza e resilienza. E’ un percorso fatto di preparazione e sacrifici che parte molto prima della gara in se. tutti aspetti che mai avrei immaginato prima di iniziare, prima di conoscere questo mondo e chi ne fa parte.

Non posso considerarmi un nostalgico ma, ho l’impressione che una volta ci fosse più passione condivisa, ci fosse più informazione ed era questo che, secondo me, faceva girare “il volano” in maniera migliore. C’è troppo distacco oggi tra chi corre e chi segue. Non so se mi spiego.

Assolutamente sì.

Sono due mondi troppo asettici. A mio avviso l’appassionato che ti viene a vedere e, anche se non guarda necessariamente la classifica, è quella persona che c’è e vuole avere un po’ il contatto con quel mondo, vuole assaggiarne un pezzetto. Vuole essere partecipe.

E noi partiamo sempre da un presupposto semplice: il nostro è un punto decisamente privilegiato e fortunato. Certo, non siamo assolutamente dei facoltosi, facciamo dei sacrifici enormi. Come tutti abbiamo investito molto tempo nel costruire un progetto, convincere e coinvolgere  le persone che ci aiutano nel  realizzare un sogno di tanti e quindi non ci sembra nemmeno giusto mantenere quel distacco, quella troppa serietà tipica di un equipaggio professionista che non siamo. Quindi pensiamo prima di volerlo fare con un occhio al pubblico, alla gente dei rally. Creando attenzione, creando fidelizzazione. E non solo in prova speciale, anche e soprattutto fuori.

Guidiamo automobili che non si possono vedere tutti i giorni ed offrire la possibilità di dare un contatto diretto è il tema. Ed è un po’ questo che trasforma i nostri shakedown in autentiche passerelle, che fanno anche un po’ incazzare qualcuno ogni tanto (ndr. ride). Bambini che salgono e scendono, gente che fa le foto. Non è così usuale vederle così da vicino ed è bello che lo possano fare.

Magari la performance arriverà col tempo, con i chilometri e con gli allenamenti ma nel frattempo avremo portato e riportato quanta più gente possibile a contatto con quel mondo favoloso dei rally che oggi ci sembra sempre di più in via d’estinzione.

Una delle chiavi che mi aveva incuriosito del vostro progetto è questo particolare mix di elementi tra modernità e nostalgia. Penso alla livrea con linee Martini e le grafiche online in stile Grand Theft Auto. Questo giocare tra due mondi molto lontani ma che comunque hanno, a loro modo, hanno qualcosa in comune. Che peso ha in quello che vi siete preposti di fare l’aspetto visual, l’immagine e le immagini? Non avete timore di passare per quelli che “sono belli ma…” che viene di solito fuori dal purista decisamente nostalgico a cui certi elementi non si possono toccare?

Guarda, la nostra idea è che non si può piacere a tutti purtroppo. Per noi è determinante essere sinceri con noi stessi e con gli altri. Il nostro obiettivo è far conoscere questo mondo, anche su aspetti che si conoscono meno e che troppo spesso sono inaccessibili. Cercando guardare le cose non con l’occhio del “Fedayn” ma, con quello dell’appassionato di motori che vuole partecipare alla sua passione. Possibilmente senza essere autoreferenziali.

Siamo così, un po’ “cazzoni” che non si prendono mai troppo sul serio. Ci piace creare aggregazione, divertirci, fare festa. Magliette come quella “World Rally Carnia” (ndr. quella della foto in copertina) ed idee simili che restano alla gente, si portano a casa un pezzo di quella festa dei rally a cui hanno scelto di partecipare.

Ci piace creare una trade union tra il passato glorioso e romantico, ed il presente che è una cosa molto diversa, comunicativamente meno efficace ma non meno affascinante . Ogni tappa del programma di quest’anno ha avuto come “prologo” un party dedicato con esposizione di auto da gara storiche e moderne. Un misto di modernità e storia. Richiami del passato che fanno sempre bene.

Per farti un esempio, al Rally Valli della Carnia abbiamo avuto la fortuna di incontrare e scambiare due battute lungo il percorso con Franco Cunico. Da li è nata l’idea della livrea sulla Festa che abbiamo usato al Rally del Friuli, una rivisitazione di quella usata quando lui correva con la Escort WRC. C’è tanta storia dietro a questo sport e molti degli attori del passato e del presente te li ritrovi a stretto contatto nei parchi assistenza, senza vip pass.

 

Mi trovi assolutamente d’accordo. Io sono una persona molto poco nostalgica di mio e portata al “guardare avanti”. Non sono contro richiamare il passato ma, spesso, la nostalgia ha un effetto dannoso e penso che bisogna essere capaci di valorizzare al massimo quello che c’è piuttosto che rimpiangere quel che non ci può più essere. Trovo geniale ed azzeccato prendere gli elementi più iconici che rappresentano l’Italia dei rally e richiamarli in una chiave moderna sotto la prospettiva del “sono appassionato anche io e se lo vedessi fatto in questo modo mi piacerebbe”.

Esattamente. Oggi la comunicazione è cambiata. Rapida e più semplice, fatta di piccoli passi, e sta diventando sempre più importante anche nei cosiddetti “campionati minori”.

Serve cercare di provare a fare le cose in modo diverso. Sarà più lungo, sarà diverso, sarà più complicato. Non lo sappiamo. Al centro ci vogliamo mettere la gente che ama il motorsport e che può diventare lei stessa parte di un cambiamento che ormai è diventato necessario.

 Il rally è e deve essere un evento, uno spettacolo.

Infatti vi avrei voluto chiedere quanto poi conta il contorno. Tutti vogliono uno sponsor ma nessuno capisce cosa interessa ad uno sponsor. Chi investe non lo fa perché sei simpatico o solamente se sai andare estremamente forte. A volte lo sponsor ha bisogno di altro, di un seguito. Non trovate?

Crediamo nel collettivo. Ci riteniamo un collettivo, che cerca di trovare spazio e sviluppare idee in un ambiente che, ai nostri livelli, può offrire buone opportunità e che a nostro parere pochi sfruttano in maniera efficace. Non solo lungo le prove.

Infatti avevo parlato poco tempo fa di quanto siano tristi ed abbandonate le assistenze in Italia.

Le assistenze moderne, rispetto alle assistenze volanti di una volta, offrono a nostro parere un potenziale poco sfruttato nei piccoli e medi eventi. Non dico di arrivare ai livelli del Rallylegend, e nemmeno ai livelli tipo Nascar, dove ad esempio, fanno le signing session. Da noi, tranne rari casi come il Rally Valli della Carnia e Alpi Orientali , non esiste niente di tutto ciò. Da appassionato faccio sempre un giro in assistenza quando vado a vedere le competizioni, osservare le operazioni, in fondo è uno spettacolo nello spettacolo. E’ un’occasione per farsi conoscere e promuovere chi ci aiuta.  E il ragazzino o l’appassionato con cui scambiare due battute, a cui piacerebbe il gadget, il cappellino, torna a casa col trofeo super contento. Quando vengono da noi quasi ci viene da ridere perché siamo degli amatori e niente di più. Ma è con quel contatto che ci si innamora di uno sport. Con gli occhi dei bambini che guardano delle macchine ed iniziano a sognare tutti i giorni di volerci correre.

Grazie di cuore Ragazzi!

Grazie a voi…

 

Foto: Lorenzo Martincich - Pro One Media
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