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12 MIN

Roger Albert Clark Rally: Quando l’impossibile diventa possibile

Nel mondo odierno sembrava impossibile poter vedere un format del genere, ma la gara inglese trova sempre più consensi

565 chilometri di prove speciali.

Basterebbe questo per chiudere il capitolo RAC Rally e per etichettarlo come unico evento nel suo genere a cercare di riportare una bella ventata nostalgica nel cuore di tutti i fan della disciplina, ma il Roger Albert Clark Rally è altro, tanto altro.

Un vero e proprio evento dal dito medio alzato che ricorda tanto la celebre foto, proprio di un connazionale, di Colin Mcrae e Niky Grist dal duplice significato: rendere partecipi tutti che è un evento unico al mondo e beh, l’altro significato beh potrebbe essere facilmente intuibile nei confronti del mondo dei rally in generale.
Per questo è ciò che fa il RAC nei confronti degli altri rally, far notare come l’impossibile possa essere effettivamente possibile.

L’ampio consenso sia di equipaggi che di spettatori denota che la formula funziona e anche particolarmente bene migliorando di anno in anno rispetto alla precedente edizione, ma di questo ne parleremo di più tardi.

Una vera e propria avventura nelle strade e nei boschi inglesi che andremo ad analizzare per capitoli

 

Capitolo 0: Le vetture

Gli organizzatori del RAC Rally sono stati chiari, le vetture devono essere per lo più storiche.
Scelta particolare, ma che denota la volontà degli organizzatori di far respirare a pieno quella che l’esperienza dei rally, quell’esperienza storica che ben poche persone hanno avuto il piacere di assaporare, ma di cui tanto ne hanno raccontato e parlato a figli e nipoti per testimoniare ciò che una volta erano i rally.
Un vento nostalgico che tanto fa commuovere e ricordare gli storici amanti della disciplina, ma che riesce anche a mescolare un piccolo sospiro moderno dettato dalla presenza di vetture moderne.
Già, anche le vetture moderne potevano partecipare all’evento rientrando nella categoria Open purchè rispettassero uno dei pochi vincoli richiesti dall’organizzazione, partecipare con una vetture due ruote motrici, anteriori o posteriori che fossero.

La stragrande maggioranza di vetture Ford ed in particolare Escort MkII non ha però scoraggiato i diversi spettatori ad una apparente monotonia accorso in gran massa lungo i numerosi chilometri di tutte le prove speciali presenti all’interno dell’evento per poter vedere  la Lancia Stratos di Sebastien Perez e la ormai unica Toyota Celica Twincam Turbo proveniente dalla collezione di Gregoire De Mevius e guidata proprio dallo stesso oltre che la Triumph TR7 V8 guidata da Chris Ingram.
Un elenco partenti di equipaggi e di vetture importanti che ha trovato approvazione anche nel “bel paese” dove quattro diversi avventurieri hanno deciso di intraprendere questo incredibile viaggio ed avventura.

E’ proprio uno di questi equipaggi, Simone Calzia, ad essere protagonista dei racconti contenuti all’interno di questo articolo che prova ad essere un vero e proprio racconto di un qualcosa di veramente unico.

 

Capitolo 1: Le ricognizioni

Le ricognizioni, sono la parte più complicata, ma una tra le più affascinanti.
Sono vietate le ricognizioni come le conosciamo tutti, il percorso è segreto fino a circa 7 giorni prima dello start. 

Sarebbe comunque impossibile poter svolgere ricognizioni abusive, in quanto il 90% delle P.S si svolgono su strade private, chiuse da cancelli.

Le ricognizioni abusive, le tanto agognate, ma mai combattute ricognizioni abusive hanno finalmente trovato un avversario degno di nota.
Un ritorno alle origini della disciplina dove gli equipaggi erano costretti a correre su strade rimaste segrete fino a pochi giorni prima dell’evento che di fatto esclude a qualsiasi equipaggio la possibilità effettiva di effettuare ricognizioni proibite del percorso.
Assenza di ricognizioni che però fa dei sorgere alcune domande e qualche dubbio.
Come possono i navigatori ad avere un quaderno delle note senza alcun tipo di ricognizione?
Una domanda assolutamente lecita che però trova risposta.

 

Si acquistano delle note da una delle 3 ditte autorizzate dall’organizzazione.
Loro spediscono le note cartacee direttamente a casa, note in formato pdf oltre a dei video fatti da loro su tutte le diverse P.S.

Il tutto accessibile dai 15 ai 18 giorni prima dello start dell’evento.

 

Capitolo 2: Le Assistenze

L’assistenza è una di quelle cose che in questa gara ti riporta indietro di 30 anni, almeno. Ogni giorno è previsto un parco assistenza, sempre diverso, in una tappa erano addirittura 2 service diversi, ad 1h30′ di strada uno dall’altro.
Le assistenze erano relativamente corte, solitamente di 30/45 minuti ed una sola volta al giorno.
Possibile inoltre assistenza libera praticamente ovunque sul percorso di gara, la maggior parte sempre subito l’uscita delle P.S.


Un aspetto che fa ritornare indietro nel tempo la mente di tutti ai celebri filmati delle diverse scuderie dove le diverse piazzole di sosta delle strade nei dintorni delle prove speciali venivano costantemente occupate da furgoni e van attrezzati di tutto punto per poter offrire assistenza e di intervenire velocemente sulla vettura qualora ci fosse bisogno.

Una scelta che va in contrasto con quella che è l’attuale direzione intrapresa dall’organizzazione del massimo campionato della disciplina che va invece a centralizzare il più possibile l’assistenza all’interno delle città per cercare di attirare il più possibile il pubblico.
Il Roger Albert Clark ingloba sia il mondo “nuovo” che il mondo “vecchio” andando ad assegnare per ogni singola giornata di rally diverse assistenze prestabilite con l’aggiunta di un tocco classico derivato proprio dalla possibilità concessa dagli organizzatori ai diversi equipaggi di poter avere assistenza libera lungo tutto il percorso di gara, garantendo alle diverse vetture riparazioni rapide per poter arrivare nella massima condizione possibile alla successiva prova speciale

 

Capitolo 3: l’immotivata paura della notte

L’immotivata paura della notte.

E’ proprio con queste parole che ci si sente di descrivere la costante e da sempre bandita possibilità di poter correre nascondendosi dietro la parola sicurezza per fare tacere tutti.
Una possibilità ovviamente non per tutti, ma lo sappiamo le regole non sembrano essere propriamente per tutti e ciò fa storcere ancora di più il naso.

 

Sinceramente mi viene da ridere a sentire il discorso che di notte, e specialmente su terra è più pericoloso, rispetto a cosa poi.
Tutte le auto erano dotate di gps tracking, quindi sanno sempre dove sei.

Ogni giorno abbiamo fatto P.S. in notturna, tranne l’ultima tappa. 

 

E’ effettivamente pericoloso correre di notte o si tratta semplicemente di uno stratagemma per ridurre al massimo i costi e scaricare il più possibile le responsabilità?

 

Io non sono un amante della notte, ma per gusto personale, non ho notato alcun pericolo in più rispetto al giorno.
Abbiamo anche capottato su una delle P.S. in notturna e senza conseguenze.
Terminato il transito degli equipaggi, nel giro di un’ora l’auto era recuperata (era 5 metri sotto strada) e ci hanno trainato fino all’uscita della P.S.


Le luci che fendono l’oscurità sotto un cielo illuminato dalle stelle a simulare un vero e proprio ballo da un sapore particolarmente romantico che vanno, oltre a riempire il cuore di tutti i tifosi, anche a mostrare in pieno quello che è il talento e l’essenza di un pilota andando a creare quella sensazione mistica di solitudine che immergono i piloti ancora di più, trascinati dall’oscurità avvolgente in cui si trovano.
Un abbraccio tra il suono dei motori, l’avvolgenza della notte e la magia delle luci che va a creare un connubio difficilmente ripetibile con i diversi spettatori intrepidi attornati ai diversi fuochi creati per riscaldare gli animi che da li a breve troveranno in questo sinuoso e romantico ballo, il culmine dell’amore e della passione.
Un viaggio con la mente che però non trova luogo nel mondo reale, dove l’apparenza della pericolosità prende il sopravvento interrompendo ogni qualsivoglia romanticismo.
Una scelta che nei giorni odierni verrebbe considerata incredibile e assurda considerando quelli che sono i mezzi e le tecnologie che i mezzi di soccorso odierni per poter intervenire.

 

Capitolo 4: La gestione dei chilometri

Ormai si va solamente flatout e non si pensa più a gestire.

Sono queste le parole che vanno per la maggiore e che vengono pronunciate dalle labbra di tutti i fan storici che di anno in anno criticano sempre più aspramente la costante e sempre più assidua e presente decisione da parti degli organi competenti di ridurre e limitare il chilometraggio in nome della riduzione dei costi, ma di questo ne parleremo più avanti.

Parole che però nascondono un fattore di verità complice la trasformazione della disciplina stessa che da una natura più di resistenza si è passata ad una di completa velocità e precisione, dove il pilota è per quei pochi e ridotti chilometri costretto a cogliere ed analizzare ogni singolo dettaglio ad una velocità sempre più crescente ed importante portando le diverse strategie a ridursi pressochè a 0 limitando squadre ed in particolar modo pilota a scegliere solamente il numero e che tipo di mescole usare in una giornata di gara.

Aspetti come gestione della fatica nonchè gestione delle parti meccaniche sono aspetti ormai passati non più al secondo, ma al terzo se non addirittura quarto piano e che di anno in anno sembra diventare sempre meno importante e fondamentale.

 

L’approccio alla gara è totalmente differente.
Noi era la prima volta che usavamo la 208 sulla terra, quindi la prima tappa, la più corta (70km di ps) l’abbiamo usata come test praticamente.

A parte questo, di sicuro non si può pensare di andare a tutta per una distanza così grande, sia per la meccanica dell’auto, sia per la resistenza fisica e mentale. 

 

Il bello è, che nonostante avessimo capottato nella seconda tappa, e quindi rientrati col super rally, siamo riusciti a risalire al terzo posto di classe, questo è il bello di una gara così lunga. 

La ps finale da 63km è stata la ciliegina sulla torta:lunga e piena di fango.
Sono stati 42 minuti tosti, e per rendere l’idea noi che non avevamo chissa che passo, con una piccola 208 R2 abbiamo fatto 90 km/h di media sul fango e percorrendo metà prova speciale sotto la pioggia

 

Con i chilometri ormai sempre più in riduzione è lapalissiano considerare che ai giorni odierni chi sbaglia è automaticamente escluso dall’ottenere punteggi utili se non approfittando di ulteriori ritiri da parte dei diretti avversari.
Situazione ben lontana da quanto accaduto ad Henri Toivonen durante il Monte-Carlo 1986 dove un incidente durante il trasferimento tra la P.S 12 e la P.S 13 ha costretto, oltre agli straordinari dei meccanici Lancia, ad un forsennato recupero proprio da parte del pilota finlandese che complice gli oltre 700 chilometri di prove speciali ancora da percorrere gli ha permesso di riprendersi la vetta della gara nonostante i minuti di ritardo e di penalità accumulati durante i trasferimenti e nelle diverse prove.

Un numero di chilometri importante di fatto garantirebbe ai diversi equipaggi di poter recuperare da un eventuale errore che fin ad oggi li estrometterebbe dal un possibile piazzamento a punti che nei migliori dei casi potrebbe portare anche ad una eventuale vittoria del campionato.

 

Capitolo 5: I costi di svolgimento

I costi sono un aspetto particolarmente importante e da tenere fortemente in considerazione se si vuole affrontare un evento del genere.

Per la legge dei grandi numeri un alto numero di chilometri richiede un corposo budget per poter effettuare quella che è l’iscrizione alla gara stessa e partecipare ad essa.

E’ effettivamente così?

 

I costi non sono quelli di una ronde, naturalmente, ma tenendo conto dell’enorme chilometraggio alla fine non sono nemmeno esagerati.

Io ti posso parlare per me e  per il mio amico, in quanto ho organizzato e prenotato/pagato tutto io.. avendo la macchina di proprietà, i costi, tutto compreso si sono aggirati intorno ai 14500/15000€. Viaggio (nostro in aereo e meccanici+auto via strada), iscrizione, benzina, gomme, hotel, voli, auto a noleggio. 

Facendo la famosa divisione al km, esce 26/27€ al km.

 

Un costo che può sembrare importante e che non tutti possono certamente spendere, ma che comparato ai costi richiesti per affrontare una gara titolata italiana non è così poi sconveniente, anzi.
Proprio così comparando proprio il RAC ad un appuntamento titolato in Italia, quale un qualsiasi appuntamento del CIR il costo al chilometro risulta essere nettamente inferiore.

Parliamo di quasi 50€ al chilometro, con il prezzo che sale ulteriormente per le gare sterrate, per poter affrontare una gara titolata all’interno dello stivale con una vettura R2B, più nello specifico una Peugeot 208.
Un costo di oltre il doppio per ogni singolo chilometro che fa sorgere diverse domande sul come e soprattutto sul perché.

La risposta è semplice e come ha sottolineato più volte Luca Cantamessa è l’ammortamento la chiave di tutto.
Perché il noleggiare una vettura per tanti chilometri porta ad una sostanziale diminuzione del prezzo per chilometro della vettura noleggiata, cosa che però in Italia è un aspetto fortemente limitato a se stesso considerando il chilometraggio limitato di tutti gli eventi nazionali.

La direzione punta tutto nella stessa medesima direzione, è paradossalmente un aumento dei chilometri, che di conseguenza porta ad aumentare i costi, a ridurre quelli che sono i costi e portare nuova linfa ad una disciplina che con il passare degli anni sta perdendo sempre più approvazione e appeal.

 

Capitolo 6: Il Pubblico

 

E’ stato un evento migliore di qualsiasi gara del wrc di quest anno.

Alla partenza c’era 1km con due ali di folla dove si faceva fatica a passare.
Tutti in festa, tutti a salutare e incoraggiare.
Lungo il percorso anche il pubblico era quello delle grandi occasioni,io credo che gli appassionati vogliano questo tipo di gare.
Il RAC è stato tutto l’opposto, tanti giorni, tanti km, tante P.S., la notte.
Avrà sicuramente aiutato la presenza di piedoni come Meeke e Solberg, ma credo sarebbe stato un successo ugualmente anche senza di loro. 

Qua c’è stato il fascino, c’è stata l’avventura, tutti gli equipaggi erano pronti ad aiutare il prossimo.

Eravamo tutti che dovevamo finire un evento del genere.
Ecco io credo che l’appassionato “senta” questo tipo di fascino, voglia questo tipo di avventure e credo che la velocità delle Rally1 attuali passi in secondo piano.

 

Basterebbe la prima frase da chi questo evento l’ha vissuto in pieno per descrivere completamente in RAC.
Un evento nazionale migliore di un appuntamento del mondiale che ha da sempre mostrato l’abilità delle maggiori vetture con i migliori piloti al mondo nei diversi fondi che devono affrontare.
I filmati che mostrano i trasferimenti ed in particolare i lati strada delle diverse prove speciali ricolme di persone fanno comprendere che gli organizzatori del Roger Albert Clark hanno tra le mani un evento con la E maiuscola che porta anche i non fan ad avvicinarsi alla disciplina, a comprenderla, ad amarla ed apprezzarla pur non vedendo quelle che dovrebbero essere le migliori vetture nel panorama rallistico.

Com’è possibile tutto ciò?

Tutto ciò è possibile perché sono i rally ad andare dalla gente non il contrario.
Una vera e propria festa che unisce fan e non fan che per l’occasione si ritrovano a festeggiare il passaggio delle vetture da competizione.
Un vero e proprio tuffo nel passato a ciò che una volta erano i rally.
Eventi con la E maiuscola che vengono considerati come vere e proprie feste in quanti eventi unici e che vengono celebrati e inneggiati anche per quella sensazione di avventura che si respira al passaggio di tutte le diverse vetture.

Perché anche gli eventi mondiali non hanno lo stesso sapore e non suscitano le stesse sensazione nel cuore dei diversi appassionati?

I troppi vincoli, le troppe restrizioni e l’eccessiva e non motivata distanza a cui deve stare il pubblico allontana sempre di più lo spettatore che vuole assaporare il più possibile la sensazione di avventura che il rally emana.
Anche la monotonia costante dei diversi eventi e le prove speciali relativamente corte, per non parlare poi delle prove spettacolo, allontana sempre di più lo spettatore che si trova avvolto da una sensazione che con il passare del tempo diventa sempre più comune e insapore. 

Capitolo 7: Il ruolo del navigatore

 Lo sappiamo bene, il ruolo del navigatore è fondamentale in qualsiasi tipo di evento.
Il feeling tra pilota e navigatore è fondamentale per far diventare l’abitacolo condiviso da due persone un singolo meccanismo in grado di realizzare il sogno di tutti, salire sul gradino più alto del podio e diventare campione del mondo.
Nel RAC però il navigatore assume un ruolo ancora più importante.
Con le ricognizioni assenti il navigatore deve utilizzare i filmati e le note fornite dalle aziende specializzate per renderle a misura d’uomo del pilota.
Sono proprio le ultime e finali parole di Simone Calzia a sottolineare come nonostante possa sembrare lo stesso il ruolo del navigatore assume ancora di più importanza diventando sempre di più uno strumento fondamentale di un’orchestra che in maniera sincronizzata compone un brano che possiamo considerare lirico.

 

Oltretutto essendo senza ricognizioni, il primo passaggio è sempre un po’ un fidarsi ciecamente del proprio navigatore, e correggere eventuali note che sono troppo ottimistiche o troppo conservative, anche in base a cosa trovavamo. 

In Scozia per esempio, il giro del mattino era sempre molto ghiacciato, quindi le note a volte erano anche troppo ottimistiche.

Sicuramente è un rally dove il navigatore ha una mole di lavoro enorme, e il feeling è fondamentale. 

Capitolo Finale

 

Il calore del pubblico, l’amicizia e l’aiuto reciproco tra i diversi equipaggi, l’assenza di ricognizioni dove tutti sono alla pari e dove l’improvvisazione è in libero sfogo a simboleggiare quella sottile linea che separa il talento e la fiducia dei diversi equipaggi in gara a cui si aggiunge la gestione fisica e mentale dell’equipaggio oltre che la gestione della vettura a creare un mix vincente.
Un mix che di certo riesce a portare il “vecchio” mondo ai giorni odierni creando così un viaggio che proietta tutti i fan della disciplina nel vero e proprio Paradiso Terrestre, perché di questo il Roger Albert Clark ne ha assunte le forme, del Paradiso Terrestre del rally.
Un paradiso che solamente dai racconti di Simone Calzia riscalda i cuori di tutti gli amanti dei rally consci che un piccolo barlume di speranza è ancora presente in un tetro ed ormai oscuro mondo dei rally.

 

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