Colin McRae, trent’anni dopo: il RAC ’95 che ha cambiato la storia
Trent'anni da una gara epica e memorabile che ha consegnato il nome di Colin al firmamento del WRC
Ci sono date che non rimangono semplicemente nei libri, ma diventano parte della mitologia di uno sport. Il 22 novembre 1995 è una di queste: il giorno in cui Colin McRae trasformò il RAC Rally in un capitolo epico, conquistando il titolo mondiale e imprimendo il suo nome nell’immaginario collettivo del rally.
Trent’anni più tardi, quella vittoria non ha perso un grammo del suo peso emotivo. Il Mondiale 1995 era stato una lunghissima battaglia interna alla Subaru, con McRae e Carlos Sainz arrivati all’ultima prova della stagione a pari punti dopo un anno teso, complicato e segnato da episodi che ancora oggi fanno discutere. Vi ricordate il Catalunya e il celebre “Signor NO” di Colin? (ritrovate l’aneddoto in questo articolo)
Il RAC non era una semplice gara: era un faccia a faccia senza rete da cui un solo eroe sarebbe uscito vincitore.
Il rally di casa e un Paese intero alle sue spalle
A Chester, il pubblico britannico si radunò come nelle giornate storiche. C’era un’atmosfera elettrica, quasi un senso collettivo di attesa. McRae partì a razzo, com’era nel suo stile: deciso, istintivo, sempre al limite. Ma il percorso gallese non perdona: una foratura nelle prime battute lo fece scivolare dietro Sainz. Molti avrebbero accusato il colpo. Lui no.
Da quel momento lo scozzese sembrò entrare in un’altra dimensione. Cominciò una rimonta feroce, speciale dopo speciale, come se ogni curva fosse un duello personale con il destino. Il RAC, con le sue foreste umide, il fango e la pioggia, sembrava scolpito su misura per esaltare tutto ciò che McRae era: imprevedibile, spettacolare, vivo.
Riparazioni impossibili e cuore oltre l’ostacolo
La scena simbolo di quel rally resta una riparazione che oggi suonerebbe quasi irreale. Una sospensione piegata, la Subaru sollevata a mano dai tifosi nel mezzo del bosco, McRae e Derek Ringer inginocchiati nel fango a sistemare il braccio danneggiato usando ciò che avevano a disposizione. Un gesto nato dalla necessità, trasformato in leggenda.
Con l’auto di nuovo in linea, McRae ripartì come se nulla fosse. Nei giorni successivi il suo ritmo diventò ipnotico: tempi abbattuti, fiducia crescente, un filo diretto con la vettura che nessuno riusciva a spezzare. Le foreste gallesi si trasformarono nel suo regno.

Clocaenog: venti chilometri per entrare nella storia
La speciale decisiva, Clocaenog, racchiudeva tutta la tensione di una stagione. Sainz era ancora a portata e il titolo non era affatto certo. Ventitré chilometri di pressione pura, in cui ogni errore poteva ribaltare tutto.
McRae scelse la via più difficile: attaccare. E vinse anche quella prova, la più simbolica dell’intero rally. Alla fine del conteggio il margine era di 36 secondi: abbastanza per prendersi il RAC e diventare campione del mondo. E i rivali? Richards Burns chiuderà terzo a quasi sette minuti dal duo che si era giocato la gara. Sostanzialmente la prova che McRae e Sainz avevano fatto un altro sport.

L’arrivo all’ippodromo di Chester fu un evento che oggi suona quasi irreale. Le strade bloccate dalla folla, il traffico fermo, persone ovunque nel tentativo di vedere anche solo un frammento di quel momento storico. McRae salì sul palco come un eroe nazionale: un ventisettenne che quel giorno aveva riscritto la storia del rally.
Trent’anni dopo: un titolo che vale più di un Mondiale
Il Mondiale 1995 non è stato solo un successo sportivo. È diventato un simbolo culturale. McRae ha incarnato l’essenza del rally: velocità senza compromessi, istinto puro, errori fragorosi, recuperi impossibili. Un modo di guidare, e di vivere lo sport, che ha conquistato milioni di appassionati in tutto il mondo.
Trent’anni dopo, quel RAC continua a essere un faro. Il ricordo di una Subaru blu e gialla che scivola nei boschi gallesi, di un pilota che sembrava fatto di nervi e coraggio, di un titolo che non appartiene solo alla statistica ma alla memoria collettiva.
Perché Colin McRae non ha semplicemente vinto un Mondiale: ha lasciato un segno indelebile.
E rivediamo quella memorabile conclusione di stagione, con le immagini dell’epoca, che tolgono letteralmente il fiato