Sainz: “Se il WRC sistema il prodotto TV, vola alle stelle”
Punto di vista autorevole per cercare di dare un futuro al mondiale rally
Carlos Sainz Jr non ha dubbi: il potenziale del Mondiale Rally è enorme, ma resta frenato da un problema che il figlio d’arte conosce bene. La televisione. O meglio: il modo in cui il WRC riesce (o fatica) a raccontarsi al grande pubblico.
Il pilota della Williams, ospite del podcast Team Torque insieme ad Alex Albon e alla driver della F1 Academy Lia Block, si è lasciato andare a un lungo ragionamento sull’immagine del rally. Un tema che, inevitabilmente, riporta indietro al legame con suo padre, Carlos Sainz Sr, due volte campione del mondo.
L’ammissione: “Non mi sono innamorato del rally perché… non lo vedevo”
Tutto parte da una domanda di Lia Block: perché Carlos, pur avendo un padre leggenda del WRC, non ha seguito la strada del fuoristrada?
La risposta è sorprendente solo in apparenza:
“In Spagna da bambino vedevo Alonso in TV ogni weekend. Il rally invece non c’era. Mio padre era già verso la fine della carriera… e il WRC in televisione praticamente non passava.”
Sainz Jr racconta che i titoli mondiali del padre risalivano a dieci anni prima della sua nascita. Il mito c’era, ma mancava il contesto per viverlo: niente trasmissioni, poche occasioni per andare sulle prove, tempi che non combaciavano con la scuola.
Così, mentre le domeniche si trasformavano in un rito familiare davanti alla Formula 1, il rally rimaneva sullo sfondo.
Il rally? “Incredibile, ma ancora non ha trovato il modo di mostrarsi al mondo”
Pur avendo guidato spesso vetture da rally per divertimento – e avendo addirittura aperto la Power Stage del Monte Carlo 2018 come apripista – Sainz Jr vede con chiarezza il nodo centrale.
“Il problema è che non esiste ancora un formato televisivo davvero efficace per seguire il rally. O sei sulle prove speciali, o segui i tempi live… ma la disciplina non è riuscita a vendere il proprio prodotto nel modo giusto.”
Parole pesanti, soprattutto dette da chi vive ogni fine settimana la potenza mediatica della Formula 1. Ma non sono una critica distruttiva: anzi, arrivano con una previsione netta.
“Se ci riuscissero, il WRC esploderebbe. È uno sport pazzesco.”
Un test speciale: il Raptor del Dakar
La chiacchierata vira poi verso qualcosa che il giovane Sainz ha provato da poco: il Ford Raptor T1+ che suo padre guiderà alla Dakar del prossimo anno.
Secondo Carlos Jr, non è stata una semplice prova:
“Probabilmente una delle migliori esperienze della mia vita, se non la migliore.”
La macchina gli ha letteralmente aperto un mondo: la capacità di assorbire pietre e dossi, l’equilibrio, la sensazione di spingere forte in spazi aperti. Una combinazione che lascia il segno.
Tanto che, alla domanda se un futuro nel fuoristrada sia possibile, la risposta resta aperta:
“Forse un giorno dovrò provarci davvero. Magari Dakar, chissà.”
Le parole di Sainz Jr fotografano in modo impeccabile il paradosso del rally moderno: una disciplina spettacolare, tecnica, emozionante… ma che ancora fatica a raccontarsi al grande pubblico come merita.
E quando uno come lui, cresciuto con un due volte iridato in casa, dice che il problema è “il modo in cui lo si vede”, forse vale la pena ascoltarlo.