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Montecarlo 1980: Bettega e la vittoria sul Turini con la Ritmo Abarth

Tra le tante imprese del rally più famoso c'è anche quella del pilota trentino e della piccola vettura torinese

Dici Montecarlo e pensi ad una quantità di episodi ed imprese da poterci scrivere un intero libro. Dici Montecarlo e affiora alla mente una sorta di feeling indissolubile con i momenti più significativi ed eroici. Quasi come se la storia dei rally fosse legata con un filo conduttore a questa gara iconica, che di storia sembra non voler mai smettere di tramandarne. 1964, 1966, 1972, 1976, 1986, 1987 sono solo alcune delle edizioni che hanno un posto particolare nella storia, accompagnata da quella – forse dimenticata o non rimarcata a dovere – del 1980.

Non solo per le sorti dell’assoluta, ma anche e soprattutto riguardo ai nostri colori, piloti e costruttori compresi. Insieme ai big, con gli altisonanti Walter Rohrl, Bernard Darniche, Bjorn Waldegard, Markku Alen ed Ari Vatanen, anche una piccola Fiat Ritmo 75 Abarth col numero 15 sulle portiere ed i nomi Bettega-Mannucci stampati sui finestrini si apprestava a prendere il via alla gara più complessa del lotto. Una difficoltà non certo contenuta dalle caratteristiche della piccola torinese, divenuta però fonte di simpatia e tifo per tutti i fan tricolori.

E, qualche tappa e speciale innevata più tardi, garanzia anche di soddisfazioni. Numerose, come sempre, furono le nottate di gara gelide ed innevate. E proprio in una di esse lo scenario che di gara vide la Stratos di Darniche in rimonta furibonda sulla 131 di Rohrl, autore di una vera e propria furbata con cui si era garantito la leadership. Mentre la neve scendeva copiosa, il tedesco pagò appositamente delle penalità per non partire per primo, lasciando l’ingrato compito di apripista proprio a Darniche. Che ovviamente accusò il colpo con un bel gruzzolo di ritardo sul groppone. Lecita quindi la voglia del transalpino di rientrare nella lotta per la vittoria, per la quale fu necessaria un’incetta di vittorie di speciali nelle fasi successive. Cosa prontamente riuscita in sette delle frazioni successive, meno che in una. Che no, non vide Rohrl in vetta alla lista dei tempi, e nemmeno i suoi contendenti più ambiti, bensì la Ritmo bianco-blu condotta da Bettega. E non in una speciale qualunque, ma quella più ambita e significativa dell’intero Montecarlo: il Col del Turini.

Ma non è che il bello fosse finito lì, anzi. La classifica allo start del giorno seguente vide infatti il talento di Molveno a soli quattro minuti dalla vetta, ma soprattutto in seconda posizione assoluta. E a quasi metà gara fu chiaro come da questa parte delle Alpi anche i più realisti furono assaliti da quella leggera linfa sognante che accompagna il compimento delle grandi imprese. Troppo col senno di poi, ma al momento difficile da tarpare sulle ali dell’entusiasmo.

Delle probabili errate scelte di gomme nella seconda parte di gara, unita ad un problema alla cinghia e successivi guai al propulsore furono infatti le cause della conseguente “retrocessione” in classifica fino alla comunque prestigiosa sesta piazza assoluta, seconda di Gruppo 2. Ma quel piazzamento con la piccola e poco propensa alla potenza Ritmo non restò inosservato, almeno per la stampa dell’epoca. Tanto da dipingere Attilio Bettega come l’erede designato di Sandro Munari.

Un percorso purtroppo stroncato dal tragico Tour de Corse 1985, ma con imprese quali il Montecarlo 1980 come segni indelebili della grandezza e del potenziale non espresso fino in fondo del pilota trentino che, chissà, avrebbe potuto far vantare qualche allora in più al movimento rallystico italiano.

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