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4 MIN

Safari Rally 1975 – Salta il ponte radio, e Munari perde una gara già vinta

Un episodio incredibile privò il Drago del tanto agognato successo

Alla fine la spuntò il Drago. Un po’ perchè Fiorio aveva capito da un pezzo che a dare ascolto a Sandro spesso e volentieri ci si azzeccava, e un po’ perchè contro la testardaggine del campione veneto non c’era molto da fare alla lunga.

Fu così che il Safari Rally 1975 venne corso dalla Lancia con la Stratos. A spingere perchè sugli sterrati africani si utilizzasse la nuova arma di casa Lancia fu infatti proprio Munari. Nessuno, all’inizio, aveva voluto dargli ascolto: era infatti difficile immaginare una macchina così bassa, così leggera e veloce, in mezzo all’impervia savana africana, fra sassi, fango, polvere, e mille altre insidie.

Il Drago invece era fermamente convinto che la Stratos, opportunamente adattata, sarebbe stata competitiva, e ovviamente ci azzeccò in pieno.

Filtri a olio contro la polvere

Il problema principale, ciò che tutti temevano, era rappresentato dalla polvere. Con il motore posizionato posteriormente infatti, la polvere entrava in gran quantità dalle prese aria laterali. Munari, nei primi test, ruppe subito il motore dopo qualche centinaio di metri appena.

Per risolvere il problema Mike Parkes progettò un sistema di filtri a olio in modo da “pulire” l’aria diretta all’aspirazione. Il sistema funzionò perfettamente, e per tutto il resto dei test non si ruppe più nulla. Munari era entusiasta: sentiva che quella avrebbe potuto essere la volta buona, ben sapendo che le insidie si nascondevano comunque dietro ad ogni masso.

A tu per tu con la fauna locale

Dopo un ottimo inizio di gara Munari, in coppia col fidato Lofty, si trovò a far i conti con i primi imprevisti. Una foratura lo costrinse a fermarsi e a lasciare strada libera a Timo Makinen, il quale, una volta raggiunto nuovamente dall’italiano, si rifiutò di lasciarlo passare.

Munari, trovatosi l’avversario in piena traiettoria, non vedendo più nulla a causa delle polvere finì contro un terrapieno. Il bull-bar salvò la Stratos, che sarebbe molto probabilmente andata distrutta nell’impatto senza la protezione studiata per la gara africana. Nonostante tutto a metà gara Munari era in testa, ma gli spaventi non erano ancora finiti.

Dopo diversi chilometri percorsi nella savana Munari e Lofty avevano finalmente imboccato la statale asfaltata che portava da Nairobi a Mombasa. Pioveva a dirotto, ed essendo anche le quattro del mattino non c’era anima viva oltre a loro. Gli appunti del quaderno di Lofty segnavano che la strada sarebbe stata dritta per diverse miglia e Munari, tentando di guadagnare ogni secondo possibile, spinse la Stratos al limite.

I due si trovavano nell’oscurità in quinta marcia a 180 km/h, con la pioggia che limitava ulteriormente la visibilità, quando al Drago parve di scorgere una macchina ancora più scura. Sandro, avendo avuto conferma da Lofty che non ci sarebbero stati ostacoli o deviazioni ancora per un po’, si convinse a tenere giù il piede.

Quando si rese conto di cosa stava per succedere, era già troppo tardi. La macchia scura si rivelò infatti essere una mandria di bufali che attraversava la strada. Sandro si rese subito conto che non sarebbe stato possibile fermarsi prima di impattare contro gli animali, e che questo avrebbe significato anche disintegrare la macchina con conseguenze sicuramente fatali per loro. Munari, impietrito, riuscì ad individuare un spazio nella mandria disordinata e vi puntò dritto il muso della Stratos. Schiacciando nuovamente a tavoletta i due riuscirono miracolosamente a passare indenni. Per qualche chilometro Munari non riuscì a controllare le gambe, che per lo spavento erano diventate molli e si rifiutavano di rispondere alla sua volontà.

Sfuma la vittoria

Dopo il riordino di Nanjuki c’erano solo gli ultimi 500 chilometri a separare Sandro, Lofty e la Stratos da un incredibile successo all’esordio. I due erano comodamente in testa, quando ad una cinquantina di chilometri dall’arrivo successe l’irreparabile. Forarono la terza gomma, e avendo già utilizzato le due di scorta non poterono fare altro che chiamare l’assistenza. Per farlo si servirono come al solito del ponte radio fatto dall’aereo che per tutta la gara li aveva seguiti e scortati dall’alto, ma questa volta, nessuno rispose.

Dopo svariati e vani tentativi i due capirono che non avrebbero avuto l’aiuto sperato. Passarono l’anteriore destra al posteriore, al posto della gomma bucata, e tentarono di proseguire con Lofty appeso al bull-bar posteriore a fare da contrappeso. Raggiunta la strada nazionale Lofty cercò un passaggio per tornare all’assistenza, recuperare una ruota, e raggiungere di nuovo Munari, che intanto proseguiva.

Quando Lofty finalmente ritornò con la ruota di scorta il vantaggio dei due era totalmente evaporato. Da primi che erano con un vantaggio di 56 minuti si trovarono secondi con 22 minuti di ritardo. Una beffa clamorosa.

Ma cos’era accaduto? Era semplicemente accaduto che l’areo che doveva fare da ponte radio era atterrato in anticipo, e non aveva quindi raccolto la chiamata di emergenza. La motivazione ufficiale fu che il carburante stava per finire, che quindi il pilota era stato costretto a fare rotta per l’aeroporto più vicino. La versione che arrivò successivamente alle orecchie del Drago fu che invece qualcuno, sull’areo, aveva fatto invertire la rotta perchè era stanco.

“Per un punto Martin perse la cappa” recita l’asso di coppe delle carte da briscola trevisane, per una telefonata persa invece Munari, perse il Safari.

Credit foto: sconosciuto
Credit: "Sandro Munari, una via di traverso" di Sandro Munari e Sergio Remondino
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