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Le meraviglie di Sebastien, l’uomo “dentro” il sette volte campione Ogier

Conosciamo bene il pilota, trascuriamo troppo spesso l'uomo

Ormai è inevitabile non sapere più cosa scrivere di Sebastien Ogier. Un’editoriale in cui si celebra la vittoria di un titolo mondiale del driver di Gap inizia ad avere il sapore della consuetudine. Un testo in cui si scrive con l’impressione che tutto sia già stato detto e scritto e il “rischio” di sconfinare nella retorica diventa forte.

Senza perdersi in inutili paragoni con epoche di rally con caratteristiche completamente diverse, non penso di dire eresie nell’affermare che Ogier – Ingrassia rappresentino la massima espressione di talento/forza dell’epoca WRC/Plus (sì, lo so, sto peccando di lesa maestà a Loeb – Elena ma non siamo qui a parlare di questo).

Sette titoli mondiali con tre marchi diversi, figli di una ricerca di stimoli costante e quasi ossessiva, raccontano meglio di qualunque parola l’immensità di due professionisti incredibili che fondono alla perfezione i loro talenti e le loro professionalità. Due automi del mondo dei rally a cui solo la travagliata stagione 2019 con Citroen nega l’aggettivo di “perfetti”.

E poi ci sono Seb e Julien, con le loro personalità. Identità che raccontiamo sempre poco fuori dall’abitacolo ma che finiscono per recitare un ruolo determinante nella costruzione di successi incredibili e di una carriera unica ed impareggiabile. Da un lato Julien, di cui non sappiamo poi troppo al di fuori del ruolo di co-driver, dall’altro Sebastien che è spesso chiamato sotto i riflettori e che, nel suo ruolo di pilota e catalizzatore delle attenzioni mediatiche, finisce per dividere le opinioni tra chi lo ama e chi lo “odia”. Un individuo che si è costruito da solo la propria dimensione e che è finito di diritto nel gotha dei migliori di tutti tempi. In primis come pilota ma di certo anche per il suo modo di essere pluricampione.

Ogier è in primis un appassionato. Non è un figlio d’arte ed ha costruito la sua carriera partendo dalla sua passione per le quattro ruote. Fin da quella prima gara al Rallye Terre de l’Auxerrois 2006 a bordo della Peugeot 206 XS (già ai tempi navigava Ingrassia) fino alle esperienze nel DTM e con la Formula 1 nel test con la RedBull. Resta una stagione nel WRC con Toyota (siamo sicuri?) e la sicurezza che il futuro sarà comunque a bordo di qualche auto da competizione perché fanno parte più del modo di essere che della professione stessa.

Sicuramente francese, croce e delizia del suo modo di porsi. Diretto e spontaneo ai limiti del risultare eccessivo. Caratteristiche che lo hanno portato spesso ad essere considerato un “lamentone” ma che aumentano il peso specifico delle sue dichiarazioni all’interno del circus del WRC e che ne delineano i tratti del campione. Ogni parola è frutto di un pensiero non filtrato ma sempre calibrato ed indirizzato al fine principe: vincere.

Marito e Padre. Si è fatta tanta ironia sul ruolo della moglie Andrea Kaiser nel divorzio con Citroen Racing, con il famoso hashtag “Shitroen” rimbalzato un tutto il mondo in pochi secondi. Eppure il ruolo della famiglia e della consorte è determinante nell’equilibrio di un ragazzo che trova nel ritorno a casa il proprio baricentro. Come un approdo sicuro in cui razionalizzare quel che accade professionalmente e da cui uscire più sicuro e fortificato. Non a caso qualche ora dopo la vittoria di Monza ha postato un’immagine del suo felice rientro verso le mura domestiche, per festeggiare il settimo sigillo con la propria famiglia, così come ha sempre sottolineato l’importanza di decidere con moglie e figlio se proseguire in un lavoro che costringe spesso a stare lontano da casa.

Comunicatore e simbolo di un ambiente in cui convivono e si sfidano personalità diverse tra loro (basti pensare al silenzioso Tanak o al più mite Evans). Emerge costantemente la spiccata personalità di Sebastien che ha la capacità di far iniziare le gare a motori spenti, portando pressione ai propri rivali e gestendo quella su se stesso e sul compagno e amico Julien Ingrassia. Freddezza e “spietatezza” che scompaiono nel momento in cui c’è da dedicare un autografo, un sorriso, un selfie ed un “momento da ricordare” a qualche appassionato a cui Ogier non si sottrae praticamente mai. Doti non comuni e per nulla scontate che, forse, hanno avuto un ruolo ancora più essenziale in questo stranissimo e particolare 2020 dove servivano tanto la velocità quanto la gestione dei nervei.

E poi c’è l’uomo. Riassunto alla perfezione dallo scatto di copertina che ritrae tutta la stanchezza e la soddisfazione di questo settimo titolo mondiale. Seduto a terra dopo il podio, stanco e felice dell’ennesimo prodigio portato a compimento. Avvolto nel desiderio di ritrovare attraverso lo smartphone un po’ di quella dimensione umana e famigliare non così scontata quando senti di essere solo una persona mentre per il resto del mondo rappresenti un’autentica leggenda.

Foto di copertina:  Fabrizio Buraglio | Pure WRC Agency

 

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