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Nicola Arena: “Passione per i rally tramandata di generazione in generazione”

Apriamo questo 2018 con un’intervista inedita effettuata ad una figura che da anni rappresenta il nostro tricolore in giro per il mondo: Nicola Arena.

Il genovese è uno dei Co Driver più affermati dell’intero panorama internazionale e nel suo paese d’adozione, Santo Stefano Belbo (AT), detiene anche una scuola per giovani appassionati che vorrebbero provare a cimentarsi nella lettura delle note.

Nicola, come ti sei avvicinato al mondo dei rally?

La passione per i rally ce la siamo trasmessa di generazione in generazione. Mio padre faceva gare di regolarità e da bambino mi portava spesso a vedere qualche gara. Ho impresso nella mente un 4 Regioni e il Sanremo del 1976, dove ebbi la fortuna di vedere le mitiche Lancia Stratos ufficiali. Inoltre, avendo entrambi i genitori commissari di percorso, grazie alle loro relative conoscenze non mi vi è voluto molto ad appassionarmi a tale disciplina.

Tra le numerosissime gare che hai svolto in carriera, quale ricordi con maggiore affetto?

Direi il Sanremo del 1998 al fianco di Andrea Maselli. Correvamo con una piccola Opel Corsa Gruppo A  e per noi fu incredibile fare certi temponi in mezzo a nomi e macchine di assoluto rilievo. Poi ovviamente ricordo con piacere il Monte Carlo del 2014 corso sulla 207 S2000 insieme a Matteo Gamba. Tirammo fuori dal cilindro una prestazione maiuscola grazie alla quale conquistammo anche due punti iridati. Che dire poi della Nuova Zelanda? Quello sfondo sterrato è imbattibile e per me correrci è stata l’apoteosi. Un’esperienza che spero di ripetere quanto prima.

E la macchina che ti ha lasciato il segno?

Tutte le macchine con cui ho corso fino ad oggi mi hanno insegnato qualcosa. La i20 New Generation Wrc utilizzata a Como con Fontana mi ha impressionato davvero molto per il potenziale mostruoso che racchiude sotto al cofano, ma ricordo con piacere anche la Opel Corsa Gruppo N di quando ero giovane perchè mi ha permesso di fare esperienza e di formarmi. Ma posso parlare bene anche della Lancer Evo IX, a bordo della quale ho fatto più di quaranta gare.

Qual è il compito più difficile per un navigatore?

La differenza tra un navigatore abile e uno mediocre è capire e conoscere in minor tempo possibile il proprio pilota. Mi spiego meglio. Il navigatore deve capire di cosa ha maggiormente bisogno chi si trova al tuo fianco: incitamento, calma, un freno all’esuberanza e chi più ne ha più ne metta, quindi deve prepararsi a curare maggiormente l’aspetto psicologico. Per quanto riguarda invece l’aspetto prettamente tecnico, noto una differenza abissale tra i rally in Italia e nel resto del mondo nel comporre e leggere le note. All’estero si hanno solo due passaggi nelle ricognizioni e dunque ci vuole la massima concentrazione, mentre in Italia tutto è più semplice perchè non vi sono sono severi controlli da parte degli organizzatori e dunque gli equipaggi possono fare passaggi su passaggi in totale libertà. Non chiamerei però tale fenomeno “abusivismo” perchè è ormai diventata una prassi.

La tua opinione sul rallysmo italiano?

Innanzitutto non sono completamente d’accordo con chi afferma che in Italia ci sono troppe gare. Credo sia invece un bene perchè garantisce varietà al tutto, come succede nella Francia rallystica che tanto vorremmo prendere a modello. Bisognerà però essere abile e intelligenti  a non creare concomitanze spiacevoli tra rally blasonati e gettonati. Per quanto riguarda il CIR, credo sia ancora un campionato interessante ma vanno eliminati gli innumerevoli titoli e titolini al suo interno, i quali a mio avviso servono davvero a poco. La soluzione giusta sarebbe ridurre il numero dei campionati per averne pochi ma tutti combattuti dove anche un equipaggio giovane può lottare per la supremazia contro tanti altri pretendenti, al contrario di cosa sta accadendo negli ultimi tempi.

Tra tutte le persone che hai conosciuto in giro per il mondo, chi ricordi con più affetto?

Sono tutte persone con cui ho legato molto e con cui a distanza di vent’anni ho mantenuto un buon rapporto. Sicuramente la telefonata di Marco Pastorino è stato il momento chiave della mia carriera perchè grazie a lui ho raggiunto molte mete prestigiose.

Su quali giovani punteresti per rialzare il nostro tricolore nel mondiale?

Ci sono tanti nomi interessanti, ma per giudicarli a fondo vorrei vederli correre all’estero. Per un giovane correre in Italia non rappresenta niente altro che una perdita di tempo perchè c’è una mentalità provincialistica. Ho sentito dire da molti ragazzini di avere il sogno di diventare come Andreucci. Per carità, Paolo è fortissimo e chi non vorrebbe avere il suo talento, ma perchè non provare ad oltrepassare certi limiti ed ambire a diventare come Sebastien Loeb?  In Italia purtroppo ci sono tante difficoltà economiche, ma fortunatamente qualcuno che prova a mettersi in gioco in campo internazionale ci è rimasto. Pollara ad esempio correrà il mondiale Junior con la Fiesta e credo che per lui sarà un bel banco di prova. Anche Umberto Accornero si affaccerà nel panorama iridato, anche se lui deve ancora farsi le ossa in quanto giovanissimo. Due parole vorrei spenderle anche su Fabio Andolfi. Spero possa proseguire la sua avventura perchè il talento c’è e sarebbe un peccato gettare alle ortiche queste stagioni. Tra i navigatori punterei su Pietro Ometto. Nonostante una stagione con qualche difficoltà al fianco di Campedelli ho notato in lui un’ottima preparazione e il futuro sarà nelle sue mani.

In un recente post sulla pagina Facebook hai evidenziato la tua assenza nell’Asia-Pacifico. Che tipo di rapporto hai con questo campionato?

Purtroppo è un campionato in crisi a causa della costante decrescita di iscritti dovuta a incomprensioni tra Stati e Federazioni. Quindi si tende maggiormente a correre in pista o fare fuoristrada. Ho corso in quelle zone per dieci anni e mi sono sempre trovato bene, conoscendo persone eccezionali. E’ stata un’esperienza di corse e di vita memorabile e spero di ripeterla al più presto.

Raccontaci della tua scuola per navigatori

Tengo a Santo Stefano Belbo, provincia di Asti, dei corsi strettamente personalizzati per giovani navigatori. Per chi deve ancora iniziare i corsi sono standard mentre chi ha già un po’ di esperienza si cerca di andare a correggere soltanto alcuni aspetti. Tutto questo è interessante anche per me perchè non faccio mai la stessa lezione e mi dà particolare soddisfazione trasmettere la mia passione a ragazzi giovani.

 

Ringraziamo Nicola per averci concesso questa bella chiacchierata e gli auguriamo un fantastico 2018.

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