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Peugeot Talbot Sport e quel capolavoro chiamato 205 T16 Gruppo B

Alla (ri)scoperta di una delle regine indiscusse dei rally

Un rombo impressionante, velocità da capogiro, alettone e aerodinamicità da fantascienza e un palmares di tutto rispetto. Potrebbe essere riassunta così brevemente la storia di una delle vetture da rally più amate di tutti i tempi: la mitica Peugeot 205 T16.

Nata nel 1984 secondo i regolamenti del Gruppo B e riprodotta in solamente duecento esemplari (il minimo indispensabile per ottenere l’omologazione FIA), la piccola berlinetta francese ha ben presto rapito i cuori di tutti gli appassionati grazie alle gesta dei suoi piloti, oltre ovviamente alla sua disarmante competitività. La M24-Rally, sigla interna del progetto, era stata progettata per contrastare il dominio e dimostrare al mondo intero che la motoristica d’Oltralpe poteva reggere, se non addirittura superare, quella italiana.

La T16 era dotata di un motore montato centralmente dietro ai sedili dell’equipaggio che garantiva la trazione 4WD, un telaio monoscocca e una carrozzeria in fibra parecchio alleggerita. Impossibile spendere due parole dunque sul propulsore: 1775 cc, sedici valvole e sovralimentato da un turbocompressore. Insomma, un elemento a dir poco bestiale da tenere a bada lungo le prove speciali.

Subito sul tetto del mondo

La Peugeot 205 T16 si è lauretata con facilità campionessa nel campionato Costruttori nel 1985, permettendo alla prima guida Timo Salonen di agguantare l’iride Piloti. Un binomio franco – finnico che si confermerà vincente anche nella stagione successiva, grazie ad uno strepitoso Juha Kankkunen. Nel 1986 la casa del Leone Rampante fece debuttare la cosiddetta EVO2, chiamata a migliorare la vettura già di per sè competitiva malgrado alcune piccole ma significative lacune tecniche che avrebbero avvantaggiato la Delta S4 dello squadrone Lancia.

Come detto, sulla prima versione si erano verificati fastidiosi problemi dovuti alla rotazione del centro di rollio, che sfociava in un dannoso sbilanciamento in avanti in prossimità di salti o dossi veloci. Ma con l’introduzione di una vistosa appendice posteriore fissata sul portellone, si riuscì a ridurre notevolmente questo effetto e a migliorare la stabilità. I tecnici però non si sentivano del tutto soddisfatti, così progettarono un innovativo turbocompressore e un intercooler aria-acqua più efficacie, ottenendo un aumento di potenza di circa 170 cavalli e portando il motore a sprigionarne abbondantemente oltre i 500.

Per mantenere inalterata l’affidabilità, gli ingegneri di Peugeot Talbot Sport migliorarono il sistema anti-lag DPV e lo affiancarono ad una precisa gestione elettronica per renderlo perfettamente funzionante.

Sulla T16 EVO2, la sezione posteriore costruita in acciaio venne sostituita con un traliccio di coriacei tubi, migliorando non di poco l’accesso ai componenti meccanici chiave.
Anche la cellula di sicurezza venne modificato saldandola al telaio, aumentando la rigidità del 30%.
Ma non era abbastanza: per rendere la macchina ancora più efficace ed incollata al suolo serviva un qualcosa mai visto prima.

Gli ammortizzatori: il colpo di genio degli ingegneri

Si pensò perciò  ad un adeguamento degli ammortizzatori che, con le nuove modifiche, andavano rapidamente in crisi da surriscaldamento per l’extra lavoro a cui erano sottoposti. Venne adottato un sistema per controllare la temperatura di smorzamento degli ammortizzatori sfruttando il liquido di raffreddamento del motore tramite l’installazione di un apposito serbatoio supplementare dell’acqua. Infine, venne posizionato un sensore di rilevazione della temperatura sulla sospensione posteriore destra, il più problematico dei quattro angoli come risultato dai numerosi e frequenti test su strada. Il compito di attivare il sistema era affidato al navigatore, il quale aveva dinanzi agli occhi,  affissa sul cruscotto, una spia di segnalazione specifica ed all’occorrenza, poteva attivare una pompa idraulica elettrica comandata da interruttore a pedale.

Ecco spiegato il motivo per cui a Chivasso, gli ingegneri guidati da quella vecchia volpe di Cesare Fiorio studiarono ogni minimo dettaglio della Lancia Delta S4. E affidarono la prima guida ad un campione in totale ascesa come Henri Toivonen.

Il resto é storia (indimenticabile, ndr)!

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