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Monte Tomba: una PS di ‘Marca’ – Luoghi di rally

Salto, inversione e tornantini in discesa: tutto in una delle prove 'universitarie' della provincia di Treviso. La parola a "Tony" (Fassina) e Biasiotto

Un nuovo racconto va ad arricchire la rubrica che raccoglie i luoghi più famosi che i rally hanno percorso nella Penisola.

Non scopriamo di certo noi il fascino dell’Italia e dei suoi panorami. Quello che vogliamo da questa nuova rubrica “Luoghi di Rally” è farvi scoprire (o riscoprire) luoghi all’apparenza non troppo famosi ma che per i rally hanno un significato importante. Posti, vicoli, curve e passaggi in cui si sono scritte pagine importanti e in cui ancora oggi (talvolta) si corre e dove ogni giorno si continua a respirare rallismo, storia e passione.

Lo scenario è quella della pedemontana trevigiana, la “Marca nobilissima”, terra di prelibatezze enogastronomiche, capolavori artistici e di…prove speciali: la disciplina sbarca nella provincia con il Rally del Piave a fine anni Sessanta e continua la tradizione facendo parte del San Martino di Castrozza fino alla fine degli anni Settanta; nel 1983 vede la luce a Vittorio Veneto la prima edizione del Rally della Marca: negli anni Novanta diventerà uno degli eventi classici del Campionato 2 Litri prima, Trofeo Rally Asfalto/CIWRC poi.

Una delle PS simbolo della gara sono i 12 chilometri che da Pederobba attraverso il Monfenera portano alla cima del Monte Tomba, per poi scendere fino a Cavaso.

Il Tomba nella storia

Wikipedia lo presenta così:

Il Monte Tomba è una montagna delle prealpi bellunesi alta 868 m. La sua dorsale divide la provincia di Treviso dalla provincia di Belluno che sono messe in comunicazione attraverso la carrozzabile che passa per la cima. Rappresenta un contrafforte orientale del monte Grappa.

Durante la prima guerra mondiale (Prima battaglia del Piave) di qui passava il fronte del Grappa dopo la rotta di Caporetto e fu uno dei punti in cui la pressione nemica si fece più sentire. Gli Imperi Centrali si rivolgevano in particolare contro il triangolo ai cui vertici stavano le cime del Tomba, del Monfenèra e del Cornella. La zona del Tomba fu sottoposta, inoltre, ad una violenta azione di artiglieria (18 novembre 1917), seguita da attacchi e contrattacchi accaniti che contesero il terreno metro per metro finché, in dicembre, gli Austro-Ungarici retrocedettero. Quando, nel giugno 1918, essi ripresero l’offensiva (Seconda battaglia del Piave), il monte Tomba fu ancora uno dei baluardi più contesi finché, il 30 giugno di quell’anno, passò definitivamente in mano italiana.

Il Monte Tomba nei rally

“Tony” Fassina

A fine anni Sessanta la prova è ancora sterrata ed un giovane trevigiano si affaccia nel mondo dei rally: è Antonio Fassina, classe 1945, meglio noto agli appassionati con lo pseudonimo “Tony”. Inizia la carriera con le Alpine Renault e dopo alcuni anni riesce ad imporsi nel CIR nel 1976 con la Stratos davanti a Verini, Bacchelli, Ballestrieri ed ad un giovane “Lucky”; nel 1979 concede il bis, andando a vincere anche il Sanremo Mondiale: sarà uno degli ultimi privati ad aggiudicarsi una tappa del WRC. Nel 1981 il terzo titolo nell’Italiano, seguito l’anno dopo dalla vittoria nell’Europeo.

Quando ho iniziato il Tomba era ancora sterrato, era il 1969. Assieme a Valstagna, Tomba e Pianezze (ndr Monte Cesen, altra PS del Rally della Marca) erano per noi trevigiani le “università del rally”; facevano parte del Rally San Martino di Castrozza, del Prealpi Venete  oppure del Rally del Piave. È stata la mia prima prova percorsa: avevo ottenuto il terzo tempo assoluto quell’anno.

La PS è di una decina di chilometri: a mio parere è una prova diversa da quelle a cui siamo abituati; sono molto più lunghe e guidate rispetto al Tomba; all’epoca la si percorreva sia da Pederobba a Cavaso, sia in senso opposto e ricordo che il tempo ‘buono’ in entrambi I sensi era di circa 10’10”. Ora il rally è completamente cambiato: le ‘moderne’ ci rifilano in media 5”/km.

Preferisco di gran lunga la terra: con il ‘catrame’ ricordo l’edizione del 1976, quando non riuscii a poter cambiare le gomme prima della prova, trovandomi sul bagnato con le slick.

Nella discesa di Cavaso, piena di tornatini stretti, non riesci a vedere la bravura di un pilota: il ‘pelo’ lo si vede in cima alla montagna, dopo l’ultima curva a sinistra nel bosco; vieni proiettato in un falsopiano velocissimo con molti dossi in mezzo ai prati. La salita da Pederobba non è molto veloce; quando era sterrata con vetture a trazione posteriore e motore anteriore si faceva molta fatica ad uscire dai tornanti: per esempio la macchina del mio debutto, una Alfa Romeo 1750 oppure la Fiat 131.

Personalmente oggi preferisco le prove veloci, per esempio i primi 7-8 chilometri del Manghen dove viaggi a 160-170 km/h nel sottobosco o l’ultimo tratto della Valstagna, dopo l’Osteria Piangrande.

Se il Marca ammettesse le storiche, mi iscriverei subito con la mia Lancia Stratos: questa vettura si comporta molto bene nelle speciali della zona, gira bene nello stretto essendo corta. Non mi verrebbe voglia di salire su una ‘moderna’: sono auto che vanno forte solo se ci stai seduto sopra molte ore e con i miei impegni di lavoro non ne avrei il tempo; infatti mi limito a fare le gare che già conosco come Sanremo, Mille Miglia, LanaSan Martino di Castrozza.

‘Tony’ in azione al Sanremo 1979 sulla superficie che ama di più: la terra. Copyright: Twitter.com

Andrea Biasiotto

Da un amante della terra, a uno specialista (e trofeista) dell’asfalto a due ruote motrici: Andrea Biasiotto, vinificatore per mestiere, pilota per passione. Andrea inizia nel 1993 con una Opel Astra di gruppo N: dopo qualche anno di gare decide di partecipare alla prima edizione del Trofeo Fiat Punto Kit nel 2000; da lì in poi avrà sei stagioni con la K10 di Torino: 2 vittorie, 2 secondi posti ed 1 terzo sarà il palmares che riuscirà ad ottenere. Ma dopo tanto ‘anteriore’ la voglia di trazione posteriore è sempre maggiore.

La PS ha diverse caratteristiche: un tratto di salita guidato, un intermedio veloce con i famosi dossi e poi dalla inversione inizia una discesa stretta con molti tornatini, ma il ‘tempo’ lo fai nel tratto centrale. Onestamente a me piacciono le prove veloci: ovviamente  è una speciale ‘storica’ per noi locali, una di quelle del San Martino di Castrozza.

La macchina preferita che ho portato su? La BMW M3 come anche la Renault Clio S1600 e la Peugeot 306 Maxi Kit: la ‘bavarese’ era per me un sogno e infatti non ho badato al cronometro ma alle sensazioni che mi ha dato. Se quest’anno si farà mi piacerebbe correre il Marca con lei oppure con una R5.

Tra i ricordi che ho in questa prova metto l’edizione 2000, allora il primo anno del trofeo Fiat Punto Kit: in un ‘taglia’ ruppi la coppa dell’olio (punto debole di quella macchina) quando ero in testa alla pattuglia; all’epoca c’erano nomi come Cantamessa, Basso, Navarra, … Mi è costata cara! Bisognava guidarla molto aggressivi, tenere sempre i giri alti se volevi stare davanti. Quattro anni più tardi trovai un acquazzone improvviso sul Monte Cesen mentre ero terzo assoluto: persi molti secondi e finii quarto.

Era un grande campionato, mi ha insegnato molto: a mio parere  si sente la loro mancanza nel panorama attuale e si vede, inoltre, il rifiuto dei giovani nel calarsi in auto più modeste: si vuole subito iniziare in R2, R5. Inoltre, ti insegna ad andare forte senza sbagliare: uno ‘zero’ in campionato ti buttava fuori dai giochi.

Uno scroscio d’acqua coglie Andrea con gomme da asciutto sulla Peugeot 306 Maxi poco prima del salto nell’edizione 2016 del Marca: anni prima aveva detto addio ad un podio per colpa del meteo. Copyright: Andrea Pettenello

 

 

Nella foto di copertina Kimi Raikkonen alla famosa inversione nel 2009 con la Fiat Punto S2000 della Tommi Makinen Racing. Copyright: Quattroruote
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