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Tour de Corse ’86 – Vudafieri: “Markku Alén mi confessò di aver paura di morire”

Un aneddoto esclusivo del campione finlandese, sempre più spaventato dalla Delta S4

Inutile negarlo. Il Gruppo B è un mito che per ogni appassionato è impossibile da cancellare dalla memoria di questo sport.

Nonostante questi mostri siano stati messi a riposare sotto a un telone ben trentacinque anni fa, il loro impressionante rombo riecheggia ancora nelle menti di chi ha avuto il privilegio di viverli nei loro periodi migliori. Una lotta continua tra Lancia e Peugeot, senza dimenticare i Quattro Anelli dell’Audi, l’inglese Austin Metro e l’Ovale Blu di casa Ford. Una storia incredibilmente tragica quanto romantica, a cui nessuno di noi vuole porre una fine decisiva. Perché quei rumori, odori e stati d’animo si sono collocati in una pagina troppo importante del libro di storia. Un libro che racconta per lo più statistiche, cronache e tragicità note ormai anche ai più giovani.

Talvolta poi si ha la fortuna di sentirsi raccontare un aneddoto “singolare”, quello che fino a quel momento nessuno sapeva, come successo a noi di Rallyssimo circa un anno fa. L’Italia intera è chiusa a casa per via della pandemia e in una delle tante interviste LIVE abbiamo l’onore di ascoltare Adartico Vudafieri, un campione che le Gruppo B le ha assaporate con le sue mani e cuore, tanto cuore. La caratteristica principale di questi bolidi era il pericolo. Cavalleria assurda, carrozzerie di “plastica”, elettronica assente e serbatoi allocati sotto ai sedili. Le velocità raggiunte erano prove di ogni logica, con il rischio del fuoco che incombeva minaccioso ad ogni urto significativo.

E proprio a proposito di ciò, Vuda decide di regalarci un racconto da brividi e lacrime.

Siamo al Tour de Corse 1986 e lo squadrone Lancia schiera i suoi ragazzi a bordo di quel capolavoro di ingegneria chiamato Delta S4. Vudafieri era stato, prima di lasciare la Lancia, uno dei primi a testare la S4 a La Mandria e la sua opinione su quel bolide è che fosse “semplicemente” oltre le possibilità umane:

“Se non le bloccavano si ammazzavano tutti. O andavi al 70%, ma se tu la portavi come la stava portando Toivonen, a quei livelli, come doveva essere portata, non ne venivi fuori”.

Il potenziale è impressionante e le sue geometrie ben si sposano sulle stradine isolane dalle centomila curve. I piloti però, in quanto esseri umani, fiutano un certo pericolo perché basta un niente e ci si può ritrovare a volare fuori strada verso pericolosi strapiombi.

Markku Alen è nervoso alla vigilia, più del previsto, e decide di sfogarsi con Adartico Vudafieri. I due hanno una lunga conversazione telefonica, in cui si toccano più argomenti. La sera prima della partenza di quella tragica gara, l’asso finlandese confessa all’amico uno stato d’animo pesante e pieno di ansia:

“Vuda, io ho paura di morire”.

Trovate il passaggio dentro la nostra intervista in diretta di qualche mese fa, esattamente al minuto 1.03:57


Forse aveva già capito tutto. Il senso aveva colto le sue conclusioni ancora prima che lo facesse il destino avverso e crudele. In quel disgraziato rally la tragedia busserà per davvero alla porta del team di Chivasso, con gli indimenticati Henri Toivonen e Sergio Cresto che lasciano un vuoto tutt’oggi incolmabile nei rally.

Un evento che non lascerà impassibili i vertici della FIA, chiamati a prendere una decisione nel nome della sicurezza sfociata nelle più umane Gruppo A. Una presa di posizione rigida e per certi versi inaspettata, ma che ha proiettato di diritto i mostri sacri del Gruppo B nella leggenda.

Foto di copertina: actualfoto
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1 Commento

  • Emanuele
    Posted 9 Febbraio 2021 9:11 0Likes

    A tutt’oggi sono le cose che si spostavano più rapidamente su terra che io ricordi di aver visto.
    Una velocità improbabile immersa in un misurato urlo di motore, contornato da sibili, sfiati,sbuffi e pigolii, circondava quelle auto infernali e meravigliose che passavano lasciandosi dietro colonne di polvere e odore di ricino.
    Veloci quanto non era possibile credere. E i normali aspirati, pur guidati da piloti leggendari, al confronto apparivano bolsi e lenti.
    E non lo erano affatto.
    Ma come i gruppi B, non c’è stato più nulla.
    Nel bene e nel male.
    Ma la poesia e i ricordi più vividi restano legati al ricordo della Stratos di Darniche, il 131 di Alen e la Saab di Blømqvist e, qualche anno dopo alla S4 di Toivonen, vista volare maestosa in gallura un paio di settimane prima della Cosica fatale.

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