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Tempo

3 MIN

Peperoncino Meeke su una scialba salsa messicana

Finisce in archivio il Rally del Messico 2017, terzo round del World Rally Championship e prima gara su terra con le nuove WRC. Una gara “strana” che sa tanto di occasione persa e che senza un finale incredibile e casuale sarebbe finita nel dimenticatoio dieci minuti dopo la sua fine. 

Forse il mio giudizio è un po’ drastico ma aspettavo dall’inizio dell’inverno questa gara. Un banco di prova vero per queste macchine. Una gara che quanto a tradizione non ha niente da invidiare a certe gare europee tra sassi e polvere. I segnali che potesse essere qualcosa di diverso ci sono stati eccome in certe immagini. Prove apertissime, rapide e tecniche che hanno fatto intravedere quanto lo spettacolo aumenti con questi “mostri” che graffiano la strada molto di più e che consentono correzioni molto più repetine di un anno fa (è stato lo stesso Latvala ad ammetterlo).

E allora cosa impedisce di avere un giudizio positivo di questo Rally del Messico 2017? 

Beh in primis gli iscritti. 24 macchine per una gara mondiale sono una barzelletta. Sappiamo tutti che i costi la fanno da padrone ma quello che forse chi organizza non ricorda è che anche gli spostamenti, i trasferimenti e la logistica in genere finisce dentro le varie voci di costo per un team. Ok, la copertura mediatica di questa stagione è qualcosa di mai visto da queste parti ed è comprensibile la pressione che possa esserci sugli organizzatori per ottenere quanto più materiale possibile per la televisione.

Tutto lecito, tutto buono, tutto valido. Fino a quando a rimetterci è la gara in sé. Oltre 5 prove speciali in circuito, con l’enorme pasticcio del mega trasferimento da Città del Messico verso Leon e la cancellazione di oltre 70 chilometri cronometrati (tra cui un passaggio sulla spettacolare El Chocolate), sono decisamente troppo anche per chi sostiene con forza la necessità di calcare la mano sui media per il bene dei rally.

Per natura sulla terra è difficile trovare equilibrio e condizioni eque per tutti gli equipaggi, figuriamoci se ci mettiamo pure a cancellare chilometri e chilometri di speciali e a ridurre la gara ad una raffica di speciali da pochi chilometri in favore di televisione. Sia chiaro, questo non toglie nulla all’ottima gara di Kris Meeke che ha saputo approfittare alla grande della condizione venutasi a creare. Ma per come hanno girato poi le cose viene da chiedersi cosa sarebbe successo se si fosse pensato un po’ di più a far viaggiare le macchine in condizioni di gara “normali”.

Ah, avete visto che né lui né Citroen erano così morti come in tanti avevano detto dopo Montecarlo e Svezia?

Certo stavolta la dea bendata si è ricordata di lui ed ha fatto in modo che il suo nome finisse per la quarta volta nella sua carriera davanti a tutti. Lo ha meritato e alla fine è giusto che sia andata così ma senza quella collinetta al peperoncino a 2 km dalla fine avremmo già bevuto un bel sorso di birra per dimenticarci in fretta di una insipida salsa messicana a cui avevamo affidato troppe aspettative.

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