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Quel che poteva essere…

Albertini si laurea campione italiano WRC e il pensiero scorre verso il passato

Sono passati pochi minuti dalla fine della gara in Friuli quando nel mio cellulare arriva un messaggio: “Gara ancora senza storia. Stefano Albertini è campione“. Subito dopo un sorriso per la vittoria ne arriva subito un altro, dal sapore più beffardo.

Sia chiaro, tutto strameritato, tutto bellissimo. Un titolo nazionale è un qualcosa di importante che resta nella memoria di albi e appassionati ed è stragiusto festeggiarlo come si deve. Poi vinto così, senza lasciare mai un minimo di respiro agli avversari e permettendosi il lusso di poter pensare solo a divertirsi nelle prossime due gare stagionali.

Tuttavia la storia di Stefano Albertini costringe a farsi venire un po’ di sangue amaro proprio nel momento più alto della sua carriera. Non per il titolo ma per il costante pensiero che “avrebbe meritato qualcosa in più” che ieri ha trovato l’ennesima conferma.

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Fa’ quasi male parlare di un classe ’86 come di un veterano, come un qualcuno per cui non passerà più il treno giusto verso i piani che contano dei rally. Nel corso degli ultimi 10 anni ci siamo affannati a cercare un nome che potesse portare la nostra bandiera a sventolare nel mondo dei rally e con Stefano, forse, l’avevamo trovato senza rendercene conto.

Un pilota intelligente, veloce, a cui andava data la possibilità di migliorare su terra e quando c’è da tirare fuori quel qualcosina in più per fare la differenza. Ma la base per diventare un pilota di livello c’era, c’era eccome. Non andava abbandonato un attimo prima di spiccare il volo e probabilmente oggi staremo a parlare di qualcosa di completamente diverso. Anche perché chi oggi si gioca il mondiale WRC per una gara al mese (circa) è nato proprio in quella finestra che va dal ’82 all’88 e trovava la propria strada proprio mentre Stefano perdeva la sua.

Gli andava lasciata la possibilità di fare il salto, di avere un ruolo di rilievo e non solo di gregario/comprimario. Serviva il coraggio di puntare veramente su un giovane per regalare un cambio generazionale al rallysmo italiano che stenta ad arrivare e che, di questo passo, tarderà ancora un bel po’.

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