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Ricognizioni e prove non autorizzate: la Bibbia dei “furbi”, tra il detto e il sentito dire

Ogni volta lo stesso racconto, tanto che potremmo chiamare Bibbia anni 2000 dei rally italiani.

Ci risiamo, ancora una volta. Finisce un weekend intenso di gare, difficile da seguire per quanti “fronti” ci fossero, ed invece di essere qua a riguardarci foto spettacolari e video di passaggi mozzafiato, ci ritroviamo catapultati nelle “solite polemiche” che fanno parte da tempo delle gare di casa nostra e che rischiano di diventare il tema principale. Ogni volta lo stesso racconto, tanto che potremmo chiamare Bibbia anni 2000 dei rally italiani.

Ma facciamo un passo indietro e proviamo a spiegare bene cosa è successo.

Gli avvistamenti al Nido

La gara finisce con il francese Stephane Consani che trionfa e si porta a casa gara e titolo, con buona pace di tutti i terraioli italiani. Una vittoria netta, perentoria, su cui non si può stare a discutere più di tanto e di cui si smette di parlare nel giro di tre-quattro ore. Vuoi perché il terra ormai sia ormai visto come un sotto-campionato (a dispetto di elenchi iscritti sempre interessanti), vuoi perché a nessuno piace l’idea che un francese venga a prendersi un titolo nazionale al di qua delle Alpi.

Ma non è questo il fulcro del discorso.

Il mattino successivo iniziano le voci. Isacco avrebbe visto Ismaele alle 7 di mattina che provava proprio sulle prove che si sarebbero disputate un paio di ore dopo. Abele è sicuro di aver aver visto la moglie di Caino prendergli le note, proprio mentre Barabba faceva da ricognitore occulto per Giuda che partecipava alla gara solo perché questo weekend non aveva nessun altro Gesù da tradire. Ma tanto si sa, che in sta Bibbia tricolore le cose vanno così anche nei passaggi più importanti, figuriamoci nelle parabole minori.

Ma tanto ci saranno le foto…

Ed è qui il paradosso dei paradossi. Come se fossimo veramente in un racconto religioso da collocare in epoca post-romanica, a tutti questi racconti di gesta tanto mirabolanti quanto fraudolente, non fa seguito nemmeno un video di 3 secondi in cui riconoscere un volto noto e, tanto meno, una foto da poter consegnare a chi promette pugno duro per chi ricorre a pratiche che vanno contro al regolamento. Come se non fosse il 2019 e come se numerose fonti non ci avessero detto qualche mese fa che ci sono 370 milioni di smartphone al mondo.

Neanche l’ombra di uno straccio di mezza prova. Niente di niente. Una marea di discorsi, un dibattito che coinvolge più della metà degli appassionati italiani di rally, e nemmeno un misero pugno di pixel sgranati e non nitidi su cui poter far partire una rivoluzione.

Strano, da una parte. Fastidioso, dall’altra.

E quindi cosa ce ne facciamo di tutti quei racconti?

Non ce ne facciamo niente, come sempre. Perché alla fine sembra stare bene a tutti che si vada avanti così, tra chi continua a pensare di essere più furbo degli altri e si organizza per srubacchiare qualche decimo di secondo e chi tradisce anche se stesso per non fare la parte di quello che ha scagliato il sasso per primo, probabilmente per mantenere il proprio orticello nel mondo dei rally che dà pochissimi frutti ma che devono avere un sapore davvero molto buono.

Un tacito accordo tra le parti dove tutti pare sappiano tutto ma dove non c’è qualcuno disposto a raccontare come si deve. Con le prove vere, non le chiacchiere che dal bar si sono spostate sui social network.

Andiamo pure avanti così, tra mani che si nascondono un attimo prima di colpire e testimoni che vedono ma fanno finta di ricordare. Raccontando tutto sempre quando è ormai tardi, sempre senza dimostrare i fatti e sempre raccontandolo a chi ogni giorno avrebbe un motivo in più per smettere di seguire quella passione che “si diverte” a perdere di credibilità, racconto dopo racconto.

Nel frattempo l’Italia è diventata la sotto-provincia dei rally, di cui si parla al massimo fino al confine a meno che non arrivi qualcuno a portarsi a casa le coppe e i campionati.

Ma questo cerchiamo di raccontarcelo il meno possibile: rischieremmo di accorgerci che è vero e non solo un racconto.

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