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Toyota Gazoo Racing: amanti delle auto

La storia di Toyota nei rally risale quasi a sessant'anni prima della Yaris WRC. Andiamo a ripercorrerla

I love cars“. Una frase semplice portata su di un adesivo sulla fiancata da Takamoto Katsuta e nel capellino di Akio Toyoda, presidente di Toyota. Un semplice ma potente inno d’amore alle auto che trova spazio dove sponsor e partner tecnici potrebbero esporre i propri loghi. Invece no: Toyota è (ri)entrata nel WRC perchè ama le auto e vuole costruire le migliori.

Le origini

Tutto inizia nel lontano 1957 quando una Toyopet Crown RSD viene iscritta al Mobilgas Rally in Australia dalla Toyota Motor Company Japan per completare i 15.000 kilometri del raid. Solo 50 su 102 concorrenti vedranno l’arrivo: tra cui anche l’equipaggio giapponese. Mettere alla prova la reputazione del marchio, mettere alla prova le qualità tecniche delle auto stradali nelle condizioni più dure: sarà questa la filosofia Toyota che accompagnerà la sua campagna nei rally

Specialità della casa: Safari

Nel 1973 avviene il debutto ufficiale nella del Campionato del Mondo Costruttori con la Celica TA22 e Ove Andersson alla guida: 3° al Portogallo del 1975, 1977, 1979 e 2° nel 1976. All’alba degli anni Ottanta, Andersson è l’uomo chiave dell’azienda: nel 1979 crea la Toyota Team Europe (TTE) con base a Colonia in Germania; sarà la base di sviluppo dei programmi nel WRC ma anche in F1, Endurance e F.E, divenendo successivamente Toyota Motorsport GmBh (TMG) e Toyota Gazoo Racing (TGR).

E’ il 1983 e la nuova arma dei giapponesi è la Celica Twin Cam Turbo: verrà portata al trionfo per tre volte consecutive al Safari con Bjorn Waldegard nel 1984 e 1986, e Juha Kankkunen nel 1985.

Il dominio degli anni Novanta

Il 1990 da inizio ad una serie di stagioni da antologia per la Casa nipponica: non solo per le vittorie ed i titoli conquistati, per i piloti che si sono susseguiti al volante; ma anche per l’icona creatasi tra gli appassionati, quel rosso-verde su sfondo bianco marchio di fabbrica inconfondibile del sodalizio Toyota-Castrol, come lo era stato per Lancia-Martini e come lo sarà più tardi per il rosso Citroen. Insomma una decade che fa parte della storia di questo sport.

Nel 1989 arriva la Celica GT-Four ST165,  livrea Marlboro ripresa dagli anni dei trionfi in Kenya ed equipaggio Carlos Sainz-Luis Moya. Annata molta avara per il madrileno: 4 ritiri su 7 gare, condite , però, da tre beneauguranti podi al Mille Laghi, Sanremo e RAC. Nel ’90, infatti, Carlos colleziona come peggior risultato un 4° al Safari: sarà il primo iride per El Matador. L’anno seguente dovrà piegarsi (per soli 7 punti) a KKK: fatali i tre ritiri in Kenya, Australia e Spagna per battere il finnico. Nel 1992 il bis a parti invertite: stavolta Juha deve cedere lo scettro per 10 lunghezze; decisive le vittorie di Carlos al Safari, in Nuova Zelanda e Galles.

Nel 1993 lo spagnolo lascia per fare coppia con la ‘Deltona‘ Totip del Jolly Club di Claudio Bortoletto: Toyota corre ai ripari, ingaggiando Kankkunen e Auriol, reduci dalla chiusura della Lancia. Juha non fa prigionieri dominando la stagione su Francois Delecour (secondo su Ford Escort M-Sport) e Didì. Nel 1994 è invece il parigino ex autista di ambulanze ad affermarsi: il francese si impone su Sainz, secondo al debutto in Subaru, e Juha, buon terzo. Quattro titoli piloti e due Costruttori: niente male per chiudere il primo lustro di attività.

Quello seguente si apre con un fattaccio. A fine ottobre il 31mo Rally Catalunya andava già male per gli uomini rossoverdi: Armin Schwarz K.O. per rottura del differenziale e KKK per uscita di strada. Didier Auriol terminerebbe quarto: il condizionale è d’obbligo perchè alle verifiche tecniche di fine gara viene scoperto un ingegnoso sistema per bypassare la flangia regolamentare; una piccola apertura di appena mezzo centimetro permetteva circa 50 CV in più di potenza.

In alto la sezione di flangia regolamentare, in basso la soluzione di Toyota. Copyright: Peter Wright

Il presidente della FIA, Max Mosley dirà che la trovata

È la cosa più ingegnosa che abbia mai visto in 30 anni di motorsport

Parole che corrisponderanno ad una delle punizioni più significative mai comminate dalla federazione internazionale: cancellazione dei punti ottenuti nel 1995 e squalifica per le rimanenti prove del Mondiale, oltre ad un anno di ‘esilio’ dal campionato. Per una squadra giapponese una onta simile è difficile da dimenticare.

Il 1996 e 1997 vengono dedicati allo sviluppo della nuova vettura, la mchhine della riscossa: si passa dal Gruppo A alle WRC e Toyota presenta la Corolla. Carlos Sainz rientra per l’occasione, dopo i tempi di ‘magra’ in M-Sport, affiancando Auriol e Freddy Loix; la battaglia con Tommi Makinen è feroce e si arriva all’ultima PS del RAC con il titolo ancora in bilico. Il finlandese sbatte e allo spagnolo basterebbe vedere l’arrivo dei 27 km di Margam per avere il titolo: il motore fa diversamente e tutti si ricordano Luis Moya lanciare il casco e rompere il vetro posteriore a soli 300 metri dal traguardo.

Luis Moya mentre prende a calci la Corolla WRC al RAC 1998, rea di essersi fermato a 300 metri dal finale.

L’ultimo anno del millennio vedrà Auriol terzo e Sainz quinto nelle clasifiche senza poter scalfire il dominio Makinen-Mitsubishi: a fine stagione il cambio di programma; Toyota inizia il percorso di avvicinamento alla F1, dirigendo la sede tedesca interamnete in quella direzione.

Il ritorno

Le strade temprano le persone e le persone rendono più forti le auto. Abbiamo ritenuto che i rally fossero la migliore piattaforma per testare e rafforzare sia le persone che le auto. Lo facciamo per rendere le auto sempre migliori e far divertire la gente

dirà Akio Toyoda presentando la sfida lanciata nel Mondiale nel 2017. Il ritorno del colosso giapponese fa scalpore, soprattutto per il largo anticipo e per le risorse impiegate: basti pensare alla Yaris con specifiche WRC 1.6 costruita solamente per ‘rodare’ team ed ingegneri senza mai averla schierata in gara. Ecco un documentario che racchiude la preparazione quasi maniacale quando mancavano 36 mesi ‘all’alba’:

Eppure a fine 2016 Sebastien Ogier (come dichiarato pochi giorni fa in una intervista), esule illustre della fine Volkswagen Motorsport, storce il naso dopo averla provata: nel primo anno delle WRC+, Jari-Matti Latvala vince in Svezia e Esapekka Lappi in Finlandia (dopo il ritiro del compagno); ma è solo il debutto.

Nel 2018 arriva Ott Tanak e la musica cambia in fretta: l’estone battaglia con Ogier e Thierry Neuville fino alla PS 16 in Galles quando il radiatore spegne le speranze di gloria. L’immagine di Ott ripreso in diretta TV mentre si distende disperato fa il giro dei social:

Tanak sconsolato dopo il ritiro nel sabato pomeriggio del Galles 2018: a Sweet Lamb dovrà rinunciare ai sogni di titolo. Copyright: WRC All Live

E si arriva al fatidico 2019, dove con 6 vittorie Tanak e Jarveoja spezzano 15 ininterrotti anni di dominio francese. Ma soprattutto portano la Toyota in vetta già al terzo anno dopo il ritorno alle competizioni: che sia un preludio ad un’altra stagione di dominio?

Copyright: Toyota Gazoo Racing WRC

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