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Le tre cose che abbiamo imparato al Rally di Turchia 2020

Le gare vere, le gerarchie da gestire e due spot viventi per i rally

Finisce in archivio anche questa gara di questo pazzo mondiale 2020 e ci finisce con tanti di quei colpi di scena da stare bene per il resto della stagione. È successo di tutto a Marmaris, con le carte del mondiale completamente sparigliate sul tavolo ed il mazzo tutto da ricostruire. Ogni elemento di sicurezza è stato disintegrato, ogni luogo comune è stato rimesso in discussione, ogni punto di riferimento smarrito. L’attesa verso la Sardegna ed Ypres si carica d’incertezza ma, dalla Turchia portiamo a casa alcune lezioni che è bene non dare per scontate.

Se vogliamo un mondiale imprevedibile servono gare selettive

Ci siamo divertiti? Certo che sì. Erano secoli che non vedevamo una gara del genere. Un continuo saliscendi di emozioni ed imprevisti che non ha risparmiato nessuno degli equipaggi di rilievo. Scenari pazzeschi se ne vedono un po’ ovunque ma, in mezzo a quelle pietre e a quei cambi di ritmo, abbiamo ritrovato anche quelle prove lunghe e difficili che spesso vengono “sconsigliate” ed aggiungono il necessario pepe ad una gara mondiale. Un caso? Forse sì ma, all’improvviso, non è esistita più una macchina più affidabile di altre, ne un pilota più fortunato di altri. Tutti alla pari e a vincere non necessariamente il più veloce. Rally vero insomma, di quelli che paiono voler fare estinguere a colpi di gran finali in pista e tempi televisivi.

Se qualcuno pensava ad un finale a base di giochi di squadra si sbagliava

Se in Hyundai è sempre stato difficile pensare ad una gerarchia tra i due titolari Neuville – Tanak, in Toyota era difficile non pensare che l’ago della bilancia pendesse verso Ogier. Per questioni di età e per un peso specifico ovviamente diverso rispetto ad Evans e Rovanperä. Ma oggi la classifica parla chiaro e dice qualcosa di diverso. Si andrà in Sardegna con Elfyn al comando ed i suoi compagni in scia. Una di quelle situazioni dove è più facile fare harakiri che portare a casa qualcosa di buono. Makinen ha sempre dichiarato che non sarebbero esistiti giochi di squadra fino a fine stagione ed ora ci siamo arrivati. Nel frattempo però c’è Ogier da convincere per il 2021, di certo non per fare il secondo. Un incastro beffardo e malvagio. Roba da essere in ansia per avere tre piloti in testa. Un paradosso mondiale.

Se è stata l’ultima di Loeb – Elena non è di certo per decisione loro

Sapeva gliel’avrebbero chiesto ed ha fatto quasi finta di niente alla domanda sopraggiunta allo stop della Power Stage. D’altronde, quando hai passato l’ultima settimana ad alternare momenti di grande professionalità alla leggerezza di chi non ha più niente da dimostrare, il prossimo futuro ti preoccupa abbastanza relativamente. Ed in questa dimensione da “spot viventi” della disciplina rallystica, Loeb ed Elena hanno dimostrato di poter andare avanti ad oltranza nonostante quel che raccontano le carte d’identità. Ma non vanno a passeggio, sia chiaro. Vanno forte e se la giocano come quando tritavano le classifiche mondiali ma, nel frattempo apportano quel tocco di leggerezza che tanto serve ai rally per cercare di rimanere se stessi. Possono voler fare a meno di questa realtà? A nostro avviso no. Perché gli calza a pennello e gli permette di correre alle loro condizioni, in quest’occasione ruolo di professionali Stanlio e Olio. E non vorremmo mai essere nei panni di chi si dovrà (o vorrà) prendere la briga di scendere da questa splendida giostra.
Pic: Jaanus Ree / Red Bull Content Pool
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