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WRC – Monogomma o non monogomma… questo è il dilemma!

Quanto accaduto nelle ultime due gare del mondiale non poteva che sollevare il dubbio

Abbiamo scomodato Shakespeare perché oramai il dilemma si è fatto davvero amletico: è meglio avere un solo fornitore di pneumatici o lasciare che ci sia concorrenza?

La questione è spinosa e per molti versi controversa perché, prima del 2021, per molti anni nessuno ha avuto formalmente il monopolio della fornitura degli pneumatici per il WRC, ma in pratica Michelin equipaggiava tutti i top team eccetto qualche sporadica apparizione di DMACK sulle Fiesta di M-Sport.

Certamente la concorrenza spinge tutte le aziende presenti a sviluppare il migliore prodotto, la gomma più performante, più duratura, più resistente, con un’evidente vantaggio “immediato” per gli equipaggi in gara. Ma dall’altro questo spinge molto in alto i costi, perché chiaramente ogni fornitore è spinto al limite per non essere tagliato fuori, e questo fa si che ingenti capitali vengano investiti in ricerca. Talvolta i frutti di questa ricerca vengono trasferiti sulle automobili stradali e quindi anche noi “comuni mortali” ne traiamo beneficio. Altre volte rimane confinata alle competizioni, ed è chiaramente un po’ più fine a se stessa.

Avere invece un solo fornitore a cui si concede l’esclusiva, fa si che i costi si abbassino notevolmente proprio per la mancanza di altri competitor e, in qualche modo, livella il fattore gomma per tutte le squadre. Per capirci, con un solo fornitore, non potrebbe succedere come in Polonia nel 2016 quando, grazie alla particolari condizioni del terreno molto favorevoli alle DMACK (e al manico del pilota ovviamente), Ott Tanak si permise si “sculacciare” le invincibili VW Polo WRC e le loro Michelin fino alla penultima prova. Tra l’altro, l’anno successivo, il primo anno delle WRC Plus, Elfyn Evans con la Fiesta DMACK arrivò primo in Galles e secondo in Argentina anche grazie al gommista anglo-cinese.

Quindi con un solo fornitore si abbattono i costi e si limano le variabili (ma è davvero un vantaggio avere meno variabili in gioco?). Oltre a questo, per aggiudicarsi l’esclusiva c’è stato un bando e, ovviamente, chi ha fatto la migliore offerta si è preso tutta la torta, con un ritorno economico per la Federazione che, siamo sicuri, utilizzerà queste entrate aggiuntive per rendere più popolare il nostro sport e non per alimentare il suo apparato burocratico […].

Tutto molto bello.

Tuttavia, Portogallo e RIS ci hanno mostrato anche l’altro lato della medaglia: con praticamente tutti i piloti che hanno lamentato fenomeni di erosione precoce del battistrada fino alla delaminazione dello stesso e una certa debolezza contro le forature. Ovviamente il caso è esploso intorno alla colorita reazione di Mads Ostberg, ma quanti piloti scendevano per controllare le gomme? e quanti sono arrivati a fine prova con le gomme praticamente inservibili?

Qui non stiamo parlando di tenuta di strada: se una gomma tiene meno i piloti del WRC si adattano subito, fa parte del gioco! Qui stiamo parlando di sicurezza perché, senza arrivare agli incidenti che abbiamo visto domenica in F1 a Baku, una gomma che cede improvvisamente può causare un disastro anche nel WRC.

L’azienda fornitrice degli pneumatici non è certo sprovveduta e sicuramente sta correndo ai ripari e non possiamo nemmeno biasimare loro se nel poco tempo a disposizione non hanno potuto tirare fuori un prodotto all’altezza di quello del precedente fornitore, che aveva molti anni di sviluppo, test e gare alle spalle.

No, noi puntiamo il dito sulla federazione internazionale che, sventolando la bandiera dell’abbattimento dei costi, ancora una volta mette in pericolo il nostro amato sport. Che si poteva fare? È presto detto, evitare il monogomma. Oppure, se proprio questa era la direzione, lasciare un anno in più al nuovo fornitore per sviluppare al meglio il proprio prodotto.

Dal mio personale punto di vista, la punizione esemplare inflitta a Ostberg (1000 euro e 25 punti di penalizzazione, sospesi), suona proprio come un “fallo di frustrazione”, lo sfogo di chi è messo di fronte alle proprie responsabilità di sente spalle al muro (se volete, possiamo chiamarla anche coda di paglia!).

Purtroppo la direzione della Federazione Internazionale del Promoter sembra chiara e porta alla standardizzazione della maggior parte dei componenti: gomme, carburanti, la componente elettrica della power unit (o tutta la parte motore/trasmissione per le Rally2 Kit, per esempio). Di questo passo non mi sorprenderei se tra qualche anno ci fosse un solo costruttore di chassis, uno per motori e trasmissioni, uno per le sospensioni ed ogni team potesse solo personalizzare i pannelli della carrozzeria (tipo Extreme E). Certo, si abbattono i costi, ma sarebbe anche il requiem per questo sport.

 

 

 

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