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E se tornassimo a chiamarli privati e li lasciassimo sbagliare?

Il peso di un sedile ufficiale rischia di farci perdere per strada talenti veri che hanno solo bisogno di esperienza

É notizia di questi giorni che la posizione di Adrien Fourmaux non è poi più così sicura all’interno di M-Sport. Due incidenti pesanti su tre gare pesano tantissimo sull’economia del campionato del francese ed il team principal di M-Sport Rich Millener ha fatto capire che ci sono dei ragionamenti in corso.

Si torna quindi a parlare di esperienza, di sedili in bilico dopo tre sole gare e quel che mi chiedo è se non ci sia un problema di fondo.

Mi spiego meglio.

Oggi il WRC è letteralmente suddiviso in due gruppi di piloti: gli ufficiali veri, di cui fanno parte Rovanpera, Evans, Tanak, Neuville e Breen, e gli ufficiali paganti rappresentati da Katsuta, Greensmith, Formaux, Loubet e Solberg.

Stesse macchine, stesse livree, stesse hospitality ma, ragioni di essere lì completamente differenti e, risultati alla mano, una dimensione sportiva che non si somiglia nemmeno.

Non è una novità nella storia dei rally: la stessa Martini era solita “offrire” spazi a piloti paganti (vi ricordate Viale al Sanremo 1993 con Delta Martini, Fassina al Lanterna 1994 con la Escort Martini oppure la grande operazione di marketing con Giorgio Faletti a bordo della Lancia?).

Dinamiche note e figlie del bisogno di reperire risorse sempre più carenti, eppure ad ogni gara ci si ritrova di fronte a valutazioni di tutt’altro tenore. Si innesca una sorta di corto circuito tra realtà sportiva, valore dell’immagine ed il pericoloso gioco delle aspettative.

Togliamo da questo ragionamento Kalle Rovanpera che ha una storia a sé, con i risultati che stanno dimostrando una certa ragione d’essere attorno al suo “progetto”.

Restando su Adrien Fourmaux, parliamo di un classe 1995 che fino al 2017 correva con una Ford Fiesta R2T nel campionato nazionale, assaggiava la R5 nel 2018 per poi guidarla in “pianta stabile” nel 2020. Nel 2021 sette gare con la Ford Fiesta WRC plus. Insomma, prima di questa stagione 26 partecipazioni nel WRC, 8 su una WRC e miglior risultato un quinto posto in Croazia.

Positivo? Negativo? Abbastanza per stare con gli altri? Difficile dirlo. Quel che è certo è che tutto fa parte di un percorso di crescita in cui Adrien deve imparare ad andare forte su ogni fondo, acquisendo esperienza e trovando il suo limite in ogni situazione che i rally possono generare.

Dubito che questo aspetto non sia stato preso in considerazione nel momento in cui Red Bull e co. hanno deciso di supportarlo ed oggi sa di paradossale metterlo su una graticola per due incidenti, seppur con tante conseguenze in termini di danni alla Ford Puma Rally1.

Il problema reale è se abbiniamo i risultati al fatto che quello di Fourmaux è a tutti gli effetti un sedile ufficiale, almeno agli occhi di chi il mondiale rally lo segue e anche da parte di chi lo finanzia. Che quel posto sia “comprato” per dare spazio ad un buon prospetto che ha dimostrato un certo potenziale poco importa a questo livello.

Domando: ne vale la pena? Chi ne trae giovamento?

Sicuramente non il pilota, che aveva intrapreso un’interessante parabola di apprendimento senza troppe pressioni da classifica. Difficile anche per i team che, comunque, raccolgono pochi punti e tante delusioni, mettendoci comunque il nome ed i propri colori sopra.

Certo, sappiamo tutti che il valore di un sedile ufficiale è sicuramente più importante da monetizzare ma, così facendo, si porta a creare un pesante squilibrio nelle valutazioni dei valori presenti sul campo, rischiando di bruciare piloti di talento per il bisogno di nuove risorse per i team.

E allora penso se non abbia più senso tornare a dare un certo peso e ruolo ai piloti paganti: tornando a chiamarli privati, spogliandoli di quei colori pesanti ed aspettando il momento in cui il valore ufficiale lo abbia dimostrato il solo metro di giudizio uguale per tutti: il cronometro.

Foto di copertina: Luca Barsali
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