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Michele Ferrara: “Appassionato di rally fin da ragazzino. Giovani? Manca l’umiltà di ascoltare i più esperti”

E’ uno dei codriver più esperti e richiesti del panorama internazionale, apprezzato da tutti per la serietà e la professionalità che offre ad ogni gara. Oggi vi parleremo di Michele Ferrara, reduce dal recente Neste Oil Rally Finland, con un’intervista inedita e a 360°.

Michele, partiamo dall’ultimo tuo impegno: il recente rally di Finlandia. Sensazioni?

E’ stata un’esperienza bellissima e sicuramente positiva. Con la squadra avevo già effettuato alcune gare, mentre con Umberto (Scandola, ndr) era per me la prima volta. Per conoscerci meglio e trovare il giusto feeling in macchina, abbiamo dunque effettuato i test pre San Marino. Dopo aver corso con Gabriele Noberasco il Lahti Historic proprio in Finlandia, mi sono congiunto con tutto il team a partire da lunedì per un tes,t poi successivamente abbiamo svolto le regolari ricognizioni del percorso. Con Umberto mi sono trovato molto bene fin da subito e abbiamo instaurato un bel rapporto dentro e fuori dalla macchina. Parlando della gara invece, sapevamo che ci aspettava un weekend difficile e molto impegnativo, del resto come ogni appuntamento valido per il campionato del mondo. Lo scopo primario della nostra partecipazione era fare esperienza e vedere a che punto era la nostra preparazione. L’uscita di strada può starci in quanto proprio la mancanza di esperienza su prove tecniche come quelle è fondamentale. Per fortuna i danni non erano così significativi da costringerci al ritiro, per cui abbiamo raggiunto i nostri obiettivi prefissati.

Vi vedremo ancora insieme nel Wrc2?

Non nascondo che l’idea mi alletta alquanto, ma al momento nulla è ancora confermato. Anche perchè in Finlandia ho solamente sostituito Guido D’Amore, che ha dovuto dare forfait per motivi di lavoro, e giustamente il sedile a fianco di Umberto è il suo. Ma se dovesse capitare nuovamente un’ occasione del genere non mi tirerei certamente indietro.

Come ti sei avvicinato al mondo dei rally?

Iniziai a seguire i rally nel lontano 1998. Da ragazzino, con alcuni amici, seguivo il pilota locale Mauro Simoncini, il quale gentilmente ci faceva anche entrare in officina mentre rialzava la sua macchina. Da quel momento decisi di provare ed ora eccomi qui a festeggiare il ventesimo anno di licenza.

Per quale motivo non hai mai provato a fare il pilota?

Non ho mai provato a fare il pilota non per mancanza di fondi, ma perchè preferisco avere il ruolo di chi gestisce il tutto e detta i tempi che quanto delicato e complesso, è molto gratificante. A chi mi sono ispirato? Ho sempre cercato di essere me stesso anche se mi è stato utile “rubare” alcuni trucchi del mestiere a importanti navigatori come Gigi Pirollo o Flavio Zanella. Ma se proprio devo dire un nome, Luis Moya: colui mi che mi ha fatto veramente appassionare al lavoro del codriver.

La gara che ricordi con piacere?

Dico sempre l’ultima effettuata. Quella è sempre la più bella perchè non si smette mai di imparare.

E la macchina che ti ha lasciato il segno?

La Citroen Ds3 R3T con la quale vinsi nel 2012, insieme ad Andrea Crugnola, il rally dei Laghi battendo equipaggi forti a bordo di S2000 e N4. Quella fu per noi una gran bella soddisfazioni perchè era anche la gara di casa.

Quale pilota ti ha trasmesso qualcosa in più rispetto agli altri?

Dimitri Brunello mi ha insegnato molto e gliene sarò sempre grato. Andrea Crugnola è invece il pilota che seguo con particolare attenzione, poichè condividiamo da parecchio tempo l’abitacolo e abbiamo anche un bellissimo rapporto di amicizia e stima reciproca.

Passiamo alla questione giovani italiani. Perchè faticano ad emergere?

Mi viene difficile fornire una motivazione dettagliata poiché non conosco i particolari più significativi. A mio avviso in molti meriterebbero di emergere, ma a causa della dispersione di ingenti risorse economiche ed umane tutto ciò diviene impossibile ed è un vero e proprio peccato. Non credo sia dovuto dall’assenza di un costruttore italiano perchè nemmeno in Finlandia dispongono di questo aiuto, eppure ogni anno spuntano giovani velocissimi. Credo sia più un problema di mentalità. Noto ad esempio in molti giovani navigatori la mancanza di umiltà e la voglia di apprendere costantemente. Si credono arrivati dopo poche gare effettuate, ma i selfie e le tute nuove e colorate non bastano per mettersi in mostra. Devono capire che bisogna effettuare gare estere o trofei nazionali perché aiutano a crescere e maturare più di quanto si pensi.

Su chi punteresti?

In Italia ci sono molti giovani piloti che potrebbero ambire al salto di qualità. Fabio Andolfi vanta già grande esperienza internazionale, così come Damiano De Tommaso, il quale però deve fare i conti con un budget ristretto. Non escluderei nemmeno Andrea Crugnola, veloce su tutti i fondi e che ha ormai raggiunto a pieno la maturità necessaria mettendosi in gioco nell’IrC e battendosi con Luca Rossetti, anche lui su una vettura di classe R5, per avere un punto di riferimento valido e scoprire il proprio livello.

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