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Tempo

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Alitalia, sulle ali di un ricordo che non smetterà mai di volare

Un bicchiere con i papà, i ricordi e il prestigio italiano duraturo nel tempo

Sono passate da poco le 23. Un altro giovedì é finito e decido di buttarmi a letto. Ultima controllata alla posta elettronica, zapping rapido sui social network e spengo la luce del mio comodino per dormire. Mi ranicchio sotto la coperta e chiudo gli occhi. Una goduria che dura solo qualche istante. La mia fidanzata é ancora lì che gioca col suo smartphone e con un tono incalzante esclama: “Ale oggi Alitalia ha fatto l’ultimo volo della sua storia”.

Nel mio dormiveglia e con un filo di voce assonnata le rispondo brevemente di non preoccuparsi – tranquilla, i tuoi amati viaggi rimangono garantiti grazie alle tante altre compagnie – e magari di spegnere anche lei la luce perché iniziava a darmi noia. Richiudo gli occhi e nella mia testa credo di essermi ripetuto tre, forse quattro, volte la parola Alitalia. Il sonno si é affievolito, riprendo in mano il telefono e con una pacata curiosità digito sui motori di ricerca semplicemente Alitalia.

E’ decollato alle 22.36, con mezz’ora di ritardo, il volo AZ 01586 Cagliari-Roma, l’ultimo della storia di Alitalia. Tra meno di un’ora atterrerà a Fiumicino, chiudendo così una storia lunga quasi 75 anni per l’ex compagnia di bandiera.

Sono un ligure e per autonomasia anche un mugugnone. Con un ghigno nascosto penso “belin ma manco l’ultimo volo sono riusciti a farlo partire in orario”. Spengo tutto e dormo.
Sveglia alle 7:05 e alle 8:40 entro in ufficio. Arriva poco dopo il mio collega nuovo, mi dà il buongiorno con il solito sorriso educato e mi dice allarmato: “Oh Zuni, che brutta fine Alitalia eh? Senti, ma tu che sei un giornalista hai voglia di raccontarmi di nuovo qualcosa del buon vecchio 131? Dai non sbuffare, lo so che ti piace”. Lo fulmino con lo sguardo, é pur sempre venerdì mattina, e inizio a dirgli che Alen qui, che Verini là e che poi con la stessa livrea c’era pure la Stratos. I cronisti veri sono altri ovviamente, non di certo io, ma con una chiacchierata di cinque minuti scarsi ho accontentato il mio compagno di stanza e in fin dei conti mi sono compiaciuto. La passione per l’automobile e la sua storia limitrofa mi risulta sempre irresistibile. La giornata passa rapidamente, con quella parolina Alitalia che sporadicamente me la ripeto ancora in testa senza darci troppo peso. Non ho nemmeno il tempo di chiedermi il perché, e francamente nemmeno mi interessa.
Sono le 12:45 di sabato. Finalmente il weekend tanto atteso é giunto e ad un tratto suonano al citofono: “Sono arrivati i tuoi, gli apro io” recita trepidante sempre lei, la mia fidanzata. Ben felice di rivederli dopo qualche settimana, li saluto e ci mettiamo a tavola. La televisione strilla le notizie del giorno e tra queste si parla nuovamente di Alitalia e del suo fallimento. Il mio vecchio commenta da buontempone, poi mi guarda e mi dice con occhi cristallini: “Alitalia… Se mi ricordo di quanto andavano forte quei 131 e le Stratos”.
No dai, basta cazzo! Me l’hanno fatta a fettine sti aerei, si sta parlando solo di quello. Pur sentendomi circondato da un avvenimento di caratura nazionale e probabilmente anche mondiale, perché si sa che il Made in Italy é sempre sulla bocca di tutti, reputo il discorso di mio gradimento e allora inizio a chiedergli di raccontare per l’ennesima volta le sue momerie da giovane appassionato e, credetemi, quel che ne esce é musica allo stato puro.
“Ero alla Madonna del Deserto e in quel punto Munari é arrivato così. La 131? Che super macchina. Eh poi sai Ale, quella notte abbiamo preso la macchina e a Spigno Monferrato abbiamo beccato Markku Alen con Kivimaki che facevano assistenza volante in un piazzale. Erano incazzati neri perché sta macchina non andava. Che profumo di benzina quando passava la Stratos…”.
Domenica pomeriggio, ore 17:30. Il Catalunya è terminato da poco e onestamente speravo di seguirlo con maggiore attenzione. I giochi si chiuderanno ancora una volta a Monza, meglio così per lo spettacolo e per chi potrà esserci. Indovinate… sempre lei, la mia fidanzata, dall’altra stanza mentre spolvera il mio unico angolino di casa concessomi dopo ore e ore di negoziazione mi grida: “Devo dire che togliere la polvere dalle tue macchinine é un lavoro vero e proprio, ma il camioncino verde ti assicuro che mi piace proprio tanto”. Mi dirigo con scatto felino verso la stanza con il timore di vedere distrutta la mia collezione che custodisco come fosse la Gioconda e vedo lei che tiene in mano il furgoncino Fiat 242 E Phase1 con livrea Alitalia. Ma allora é veramente un incubo. Questa maledetta Alitalia non mi lascia in pace.
Me ne torno da dov’ero arrivato parecchio imbronciato, ma questa volta mi fermo per davvero a ragionarci sù.
Ita decollerà ufficialmente alle 6.20 di venerdì 15 con il volo Milano Linate-Bari, avrà una flotta di 52 aerei e una forza lavoro di 2.800 persone, contro i 10.500 lavoratori della vecchia Alitalia. E proprio su questi numeri si è consumato uno scontro tra l’azienda e i sindacati con scioperi, proteste e manifestazioni di piazza.
Un trafiletto online letto alla bene e meglio recita così. Del contorno politico e degli sprechi derivanti me ne frego, ma da italiano vedersi la compagnia nazionale inghiottita nel nulla fa male. Fa male perchè anche se non ci si è mai saliti a bordo nemmeno una volta rappresentava un’icona nel mondo del turismo e del settore terziario. Fa male perchè saremo ancora una volta sulla bocca di tutti quanti a farcela spiegare di come si poteva salvare o di come si poteva investire il denaro pubblico. Ma questa è solo una parte del mio discorso viaggiato ad alta velocità nella mia testa con grande silenzio.
Fa ancora più male perchè questo fatto storico collega me, e credo tanti altri appassionati, ad un’altra inspiegabile sciagura che ha colpito il nostro tricolore: la caduta dell’industria automobilistica nei piani bassi della graduatoria. Perchè se prima a Chivasso e a Torino si lanciavano linee eterne e di una raffinatezza unica deputate a far conoscere in ogni dove il bello e l’eleganza della Penisola, oggi siamo diventato protagonisti di un anonimo qualunquismo. Perchè se prima a queste linee si abbinavano adesivi e scritte che componevano un binomio vincente e portatore di buon gusto in ogni angolo del globo, oggi siamo costretti a ritagliarci piccoli e sporadici scampoli di gloria con i prodotti degli altri. Perchè quel binomio nello sport e nella vita di tutti i giorni ci permetteva di entrare dalla porta principale del palazzo, nello stesso palazzo dove oggi ci dirigiamo mestamente passando dalla porta secondaria piena di ragnatele e vaghi ricordi di quel che fu.
E allora chi se ne frega se il mondo va avanti a ritmi vertiginosi e non c’è spazio per i nostalgici. Ogni tanto è bello soffermarsi su quel che si aveva e respirare ancora una volta a pieni polmoni quella sensazione di retrò e storico, perchè è proprio la storia talvolta ad alimentare i sogni e i ricordi.
E quindi grazie ad Alitalia, alla Fiat 131 e alla Stratos per avermi fatto appassionare ad uno sport di nicchia ma unico nel suo genere per mezzo dei racconti offuscati di mio papà, seduti a tavola davanti ad un bicchiere di vino e tanta gioia nel cuore. E grazie a nome delle leve future che si avvicineranno al nostro sport sentendo parlare di questi mostri sacri che per sempre vanteranno una pagina incredibile del libro.
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